Buon compleanno maestro Morricone: novanta anni da leggenda | Giornale dello Spettacolo
Top

Buon compleanno maestro Morricone: novanta anni da leggenda

Le sue musiche sono parte integrante della storia del cinema. Un compositore geniale e raffinato

Buon compleanno maestro Morricone: novanta anni da leggenda
Preroll

GdS Modifica articolo

10 Novembre 2018 - 10.23


ATF

Sacco e Vanzetti? Mission? Se telefonando? I western con Sergio Leone? Marco Polo? E quanti altri ancora?
Capolavori, musiche diventate popolari un po’ come lo erano le opere liriche ai tempi di Giuseppe Verdi.

«Mi piacerebbe che il pubblico ascoltasse a occhi chiusi. Guardare non serve a niente. Lo dico ma nessuno mi dà retta».Novant’anni di quelli che la storia non dimenticherà, quelli vissuti finora da Ennio Morricone, il più grande musicista italiano contemporaneo.

Militante del Partito comunista, prima, e del Partito democratico, poi, il maestro nasce a Trastevere, nel cuore di Roma, nel 1928. Figlio di un trombettista originario di Arpino (Frosinone), Ennio Morricone si avvicina alla musica fin da giovane: a dieci anni inizia a frequentare il Conservatorio di Santa Cecilia. «Da piccolo volevo fare il medico. Tutto è cambiato quando ho iniziato a frequentare il Conservatorio: allora ho trovato la mia strada nella musica».

Si diploma in strumentazione per banda, tromba e composizione con il maestro Goffredo Petrassi. «I compositori classici che preferisco sono: Giovanni Pierluigi da Palestrina, Claudio Monteverdi, Igor Stravinsky e Goffredo Petrassi, il mio maestro».

Nel 1956 sposa Maria Travia, da cui avrà quattro figli. Le sue passioni? «Sono un grande estimatore del gioco degli scacchi. L’ho scoperto all’età di diciotto anni, quando acquistai in edicola un manuale. Ora faccio parte della seconda categoria nazionale della Federazione scacchistica italiana. Ho giocato spesso con un altro musicista, Aldo Clementi, mio compagno al conservatorio e bravissimo alla scacchiera». Poi c’è la Roma: «Anche se non pratico sport, mi piace il calcio e sono tifoso della Roma».

Ben presto Morricone si cimenta nella composizione di musica per radio, televisione, cinema e teatro. Suoi sono brani come “Se telefonando”, cantato da Mina, e moltissimi arrangiamenti per Gianni Morandi. «Le prime composizioni per cui ho ricevuto un compenso sono stati gli arrangiamenti delle canzoni per la radio».

Dal 1961, quando esordisce con la sua prima colonna sonora nel film di Luciano Salce “Il federale”, il compositore inizia un percorso professionale che lo porterà a collaborare con registi come Pier Paolo Pasolini, Sergio Leone e Bernardo Bertolucci, fino a varcare i confini nazionali per impreziosire le pellicole di Martin Scorsese, Brian De Palma, Oliver Stone, Pedro Almodovar e Warren Beatty.

«Io e Sergio Leone siamo stati compagni di scuola. I film western all’epoca erano considerati un genere minore, tanto che a quelli prodotti in Italia venne poi data l’etichetta di spaghetti western, modo di dire che ne sminuiva il valore. Spesso si trattava, invece, di pellicole straordinarie. Anche se le colonne sonore scritte per tali film rappresentano soltanto l’otto per cento della mia produzione, il pubblico ricorda soprattutto queste. La colonna sonora che mi ha dato più soddisfazione, ma anche più filo da torcere, è stata quella composta per il film “Mission” di Roland Joffé, perché mi fu commissionata a montaggio concluso. Vinse il Golden Globe e il Premio Bafta nel 1987. Altro motivo di orgoglio: le musiche di “La migliore offerta”, diretto da Giuseppe Tornatore».

«Non facevo concerti quando i miei figli erano piccoli. Ma ora ognuno ha la propria casa e, quindi, quando viaggio, porto con me mia moglie Maria». Però, poi alla fine Morricone ne ha diretti oltre duecento: «Non saprei qual è stato il più emozionante. Potri dire quello a piazza Tienanmen a Pechino o alla Scala, quello in Australia o all’Assemblea generale dell’Onu a New York. Forse l’emozione più grande è quando vado in Giappone, dove il pubblico si alza in piedi e dove trovi cori straordinari che ti aspetti a Londra ma non lì».

«Quando scrivo nessuno mi può aiutare, perché chi scrive ha qualcosa di personale da dire. La musica esige che prima si guardi dentro se stessi, poi che si esprima quanto elaborato nella partitura e nell’esecuzione. Il risultato di questo lavoro raggiunge chi lo ascolta. La musica poi è intangibile, non ha sembianze, è come un sogno: esiste solo se viene eseguita, prende corpo nella mente di chi ascolta. Non è come la poesia, che non necessita di interpretazione perché le parole hanno un loro significato. La musica può essere interpretata in vario modo. Una composizione per una scena di guerra può essere intesa anche come brano che accompagna una danza frenetica».

 «Dagli anni del mio esordio a oggi si è passati attraverso l’alta fedeltà, la riproduzione sempre più perfetta del suono, l’arricchimento tramite messaggi video. Tutto è diventato più accurato. E il mio modo di scrivere testimonia sempre l’esigenza di andare avanti lungo un percorso creativo».

 

Native

Articoli correlati