Modena City Ramblers in difesa del 25 aprile: 'Una vittoria antifascista' | Giornale dello Spettacolo
Top

Modena City Ramblers in difesa del 25 aprile: 'Una vittoria antifascista'

Parla il bassista Massimo "Ice" Ghiacci: “La politica fa propaganda, la data va celebrata”. Perché, dice, i valori della democrazia oggi vanno tutelati più che mai

Modena City Ramblers in difesa del 25 aprile: 'Una vittoria antifascista'
Preroll

Stefano Miliani Modifica articolo

21 Aprile 2018 - 16.09


ATF

Cosa rappresenta oggi il 25 aprile? Ha senso festeggiare la lotta di liberazione dal nazismo e dal fascismo ben oltre mezzo secolo fa, nel 1945? Per un ventenne? Si presta alle domande sulla data-spartiacque della storia italiana del ‘900 Massimo “Ice” Ghiacci, bassista (e polistrumentista) dei Modena City Ramblers, la band che ha intriso il loro trascinante combat-rock / combat-folk di temi civili e la cui versione di “Bella Ciao” a ogni concerto scatena un tripudio tra i ragazzi. Massimo Ghiacci è nei Mcr dai primissimi anni della band, dal 1992. Lo precede per anzianità di militanza solo Franco D’Aniello, flauto, tin whistle e altri strumenti dal 1991. Gli altri, anche loro tutti polistrumentisti, in ordine di ingresso nel gruppo sono Roberto “Robby” Zeno (dal 1994 alla: batteria e percussioni, Francesco “Fry” Moneti (dal 1996) chitarra acustica ed elettrica, Davide “Dudu” Morandi (dal 2006) alla voce, chitarre, armonica a bocca, Leonardo “Leo” Sgavetti (dal 2008) alla fisarmonica, pianoforte, organi, Gianluca Spirito (dal 2018) chitarra acustica, bouzuki, banjo, mandolino, ukulele.

Iniziamo da una constatazione: a un vostro recente concerto alla Flog di Firenze, strabordante peraltro, a ballare, pogare e cantare le vostre canzoni a sfondo civile erano tutti ragazze e ragazzi. Molti sotto i vent’anni. Intonavano “Bella ciao” e “Cento passi” in coro parola per parola. Come mai?

In parte dipende dalla Flog: riesce a coltivare le nuove generazioni in un modo che tanti locali hanno perso. Dal mio osservatorio di musicista non ho la pretesa di avere una chiara lettura dei cambiamenti sociali, sarebbe poco equilibrato pontificare. A ogni modo a me sembra che ogni generazione abbia al suo interno una parte di giovani più sensibile a certe tematiche. E quei ragazzi forse si possono raggiungere attraverso forme diverse dal passato: dove non arrivano i partiti arrivano associazioni e altre realtà che operano nel sociale. I partiti non parlano ai ventenni, mi pare non abbiano la minima coscienza di come vivono e a cosa anelano. La politica mi pare ferma anche anagraficamente oltre che di stimoli. Forse per questo una parte dei giovani trova altri modi per confrontarsi su temi come la condivisione, l’essere cittadini e parte di una comunità. La musica ha ancora per fortuna una grande capacità di andare al di là di tante differenze, anche con gente come noi sganciata da una moda.

 

In Italia ci ricordiamo cos’è stato il 25 aprile?

Una parte se lo ricorda, ma sempre più spesso non è un problema della società, è delle sue rappresentanze. La politica lo ricorda come strumento per fare propaganda. Soprattutto da destra, che per l’ennesima volta vuole una sorta di revisionismo e vuole semplificare il discorso.

Il discorso del tipo “tutti i morti sono uguali”, sia che fossero fascisti sia partigiani?

Esatto. La destra dice: mettiamoci una pietra sopra e parliamo di cosa è importante oggi. È un’opera di confusione.

Il significato oggi di questa data?

Ha un valore simbolico e ideale oggi come ieri. Ma questo significato è sempre più difficile da comprendere soprattutto per chi oggi vive in un mondo dove vengono reiterati messaggi che vanno a indebolire, sconfessare o confondere questo significato. Credo sia dovuto soprattutto alla totale assenza di ideologia nella politica.

A dire la verità il no a ogni ideologia dietro le apparenze è un atteggiamento molto ideologico. Come è ideologico dire che destra e sinistra, intesi come idee, come principi del vivere sociale, non esistono più o sono indistinguibili.

Sì, c’è sempre ideologia nel modo di interpretare la vita, nel prendere decisioni. Mi riferivo al fatto che l’ideologia non viene sbandierata. Penso ai Cinque stelle che su tanti temi che devono riportare a scelte ideologiche hanno una zona grigia evidente. E sono quei temi su cui Salvini esplicita un’ideologia ma non vi si richiama. Lo abbiamo mai sentito dire che è razzista? L’ideologia c’è ma non è più alla base del programma politico perché anche la politica lavora come il marketing: è inutile sbandierare la qualità del prodotto, quanto le sue capacità di renderti riconoscibile. Vince la forma, non la sostanza. Lo stesso funziona con i partiti, ma quando si decidono le sorti di una nazione, gli effetti sono sostanziali. E quando il leader leghista chiama “zecche” i centri sociali, impiega il termine dei fascisti per accattivarsi le simpatie di quel mondo senza esplicitarlo mai. Salvini è un abile uomo di marketing popolare: ha saputo sostituirsi a Berlusconi nella capacità di parlare all’uomo della strada e non va dove sono i movimenti neofascisti.

A proposito: alle elezioni si sono presentate formazioni anti democratiche. Stando alle loro ideologie di riferimento, se mai andassero al potere la democrazia sparirebbe. È giusto ammetterle al voto?

Voglio immaginare che questi partiti siano stati giudicati. Se la democrazia permette a qualsiasi forza politica di concorrere a prescindere dai programmi è un limite della democrazia. La Costituzione vieta che il partito fascista in qualsiasi forma possa concorrere alla vita democratica. E dirlo non significa essere stalinisti. Quindi mi sembra scandaloso, stupefacente e assurdo che ci siano partiti dagli evidenti richiami al fascismo. Oppure si rivede l’articolo 28 del testo costituzionale ma deve dirlo una maggioranza qualificata di italiani, non una semplice maggioranza. Credo che questi partiti rimangano da un punto di vista quantitativo poco significativi ma il fenomeno è grave dal punto di vista qualitativo, deve preoccupare e dovrebbe essere valutato dalle autorità perché la Costituzione è chiara. Peraltro, parlando di confusione sotto il cielo trovo ridicolo paragonare i regimi comunisti a quelli fascisti e da lì, con un salto involutivo tremendo, arrivare a definire uguali destra e sinistra. C’è stata in Italia una lotta che ambiva a un mondo diverso, a una rivoluzione comunista, ma la storia non ha permesso di valutare come sarebbe andata.

Alla fine dei conti, perché celebrare il 25 aprile?

Il patrimonio di valori della lotta di liberazione va ben al di là dell’ideologia comunista. Questo giorno va celebrato come mantenimento di una memoria che è anche sopravvivenza per le funzioni che la democrazia ci regala. Ben venga la ricorrenza: quei valori sono del tutto attuali come anelito di uguaglianza e, soprattutto, di pace, visto che negli ultimi 50 anni i grandi potentati economici hanno deciso le guerre e le sorti dei popoli .

 
Native

Articoli correlati