Applausi scroscianti, selfie, cori, commozione. E’ accaduto di tutto ieri sera al Teatro dell’Opera di Roma dove si è esibita Patti Smith con un concerto-performance dedicato proprio alla Capitale. Accompagnata dalla figlia Jesse al piano (nata dal matrimonio con Fred “Sonic” Smith, morto nel 1994) e da Luca Lanzi alla chitarra acustica, Patti ha alternato lunghi momenti di parlato, tra aneddoti, ricordi, emozioni del momento condivise con il pubblico, canzoni e poesie.
Un menu non proprio leggero sulla carta: eppure il pubblico si è immerso con entusiasmo nel flusso delle parole. In Patti Smith è difficile stabilire il confine tra la poetessa e la musicista: ha sempre scritto poesia, è stata intima dei Beat, ha tenuto la mano di Allen Ginsberg mentre moriva, oggi in America, la sua principale attività è la poesia e la scrittura. La connessione tra le sue poesie e le sue canzoni è immediata, i versi introducono la musica con naturalezza, basta pensare ai versi che citano Bruce Springsteen prima di “Because The Night” che continua a rimanere un magnete potente per convincere la gente a uscire di casa e andare a cantare in piedi in un teatro dell’Opera. La dimensione cameristica giova alla voce di Patti Smith, molto più a suo agio e precisa di quanto non fosse in contesti elettrici e bravissima nel cogliere le emozioni della platea e a coinvolgerla con inviti alla libertà che continuano a suonare attuali. Tutti in piedi in finale per ‘People have the power’