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La mia favola con Renato Zero

Piero Montanari racconta la sua bella storia di amicizia con il grande cantautore

La mia favola con Renato Zero
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19 Settembre 2016 - 12.13


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di Piero Montanari “Caro Renato, cosa c’era ieri (sabato 17 settembre 2016 ndr) una partita della Nazionale di calcio, che quasi 21 italiani davanti alla tv erano incollati su Rai1? No, c’eri tu, con Renato Zero si racconta… Bellissimo! Ti abbraccio, amico mio” – e lui: “E pure questa pagina è scritta, caro Piero. Baci Re.”

Questo che svelo è il contenuto del messaggio wathsapp tra me e Renato Zero il giorno dopo di Arenà, il suo concertone all’arena di Verona che raccoglieva il meglio di tre serate tenute a giugno dall’artista nella città scaligera.

Non voglio comunque parlare del bel concerto, che ho visto volentieri e anche con molta curiosità, considerato che non avevo mai assistito ad una sua lunga esibizione dal vivo, se non anni fa, quando fui invitato proprio da lui ad uno degli otto appuntamenti a Villa Borghese a Roma, in occasione dei suoi 60 anni. C’erano molti giovani, come a Verona, ma fui anche sorpreso di essere circondato da vecchi sorcini dai capelli bianchi che cantavano a squarciagola le sue canzoni, ricordandone perfettamente tutti i versi, in una sorta di “Villa Arzilla pop-rock”. Capii così che il suo popolo era cresciuto ed invecchiato insieme a lui e non l’aveva mai abbandonato.

Sono passati una quarantina d’anni, dopo che la nostra amicizia e collaborazione si erano stranamente interrotte. Avevo suonato nel suo LP d’esordio con la Rca, “No Mamma, No” e avevamo anche iniziato a scrivere canzoni insieme. Una di queste, “La favola mia”, è diventato un brano tra i suoi più popolari e quello, secondo me, che lo rappresenta di più, almeno per gli esordi. Eravamo davvero grandi amici molto tempo fa, uscivamo in comitiva insieme con le sorelle Bertè, Loredana e Mia Martini (solo Mimì per noi) in giro per locali di Roma, sigarette e passaggi in auto per Renato, sempre a scrocco, direzione Montagnola, il quartiere dove viveva.

Bella storia, che ha anche ricordato a Verona, facendo cantare ad Elisa “Almeno tu nell’universo” la canzone di Mia in omaggio alla nostra vecchia e sfortunata amica, grandissimo talento musicale. Poi Renato ebbe un successo travolgente, meritatamente, ostinatamente, come rivela egli stesso al suo alter ego nel programma, Sergio Castellitto, con la sua grande capacità di non mollare mai, di beccarsi i no, e qualche volta gli insulti, che per anni il mondo discografico gli ha comminato, sempre però sostenuto dalla voglia di rivalsa dalle sue origini poverissime, unita a quel talento straordinario che ha avuto nel comunicare se stesso e la sua anima popolare alla gente. E suo padre, il poliziotto della Montagnola, che gli apriva la porta alle 5 del mattino senza chiedergli dove fosse andato, sapendo che un giorno o l’altro Renato ce l’avrebbe fatta.

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