di Antonio Cipriani
Aldo Grasso è recidivo. Nel corso di un suo breve e non sempre profondo intervento sul Corriere della Sera – il cui interventismo bellico è un fiore all’occhiello per i padroni del gruppo editoriale che rappresentano anche buona parte del capitalismo italiano – ha scoperto che il problema del Paese per la seconda volta è Fiorella Mannoia. Nel pieno rispetto delle idee e delle tesi del giornalista, non volendo mai essere tacciato di antipanebianchismo militante e quindi messo sotto inchiesta per sostegno morale al terrorismo e al pacifismo, rilevo che alcune affermazioni sono per lo meno discutibili. Per esempio quando afferma sulla cantante sicuramente controcorrente: “Nel corso di un’intervista radiofonica ha accusato l’Occidente di essere la causa della strage di Bruxelles”. Uno pensa che lei abbia detto che siano stati i servizi occidentali, o chissà che cosa. Invece no. Lui stesso cita la frase della Mannoia che lo ha fatto inorridire: “Devo constatare che siamo in guerra, loro ammazzano noi e noi ammazziamo loro, questo è davanti agli occhi di tutti. Questa è una nuova guerra, noi li ammazziamo in modi diversi e loro hanno il loro modo di ucciderci. I nostri morti per i loro”.
Quindi, secondo l’analista del Corsera, dire che nel mondo siamo in guerra e che siamo di fronte a una guerra asimmetrica è un reato di complicità col nemico? Pensare che l’Isis prima delle guerre folli americane – e sempre benvenute per il Corriere – non esisteva è reato? O è semplicemente constatare la realtà? Bisogna sempre essere ottusamente con i falchi americani, senza discutere mai e accettando supinamente il conformismo culturale che ha desertificato cultura e senso critico?
Possiamo essere d’accordo o meno con Fiorella Mannoia. Sicuramente dice più verità di un trombone analista come Edward Luttwak: nel 2001 diceva che era necessario invadere l’Afghanistan per avere la sicurezza. E i media tacevano o applaudivano. Luttwak nel 2003 diceva che era fondamentale invadere l’Iraq per avere la sicurezza. E i media tacevano applaudivano. E a ogni vento di guerra spiega al popolo bue – con i soldi nostri se lo fa in Rai – che ogni guerra pensata dai maniaci del Pentagono è necessaria per la sicurezza. Per la sicurezza? Ai miei tempi ci spiegavano che la storia si fa analizzando le cause degli eventi e soprattutto valutandone gli effetti. Allora io dico: abbiamo visto come è stato utile per la sicurezza questo ultimo ventennio delirante, visto che io e i miei figli adesso non possiamo più sentirci liberi e sicuri da nessuna parte in Europa. Quindi delle due l’una: o erano cavolate o i fini di quelle azioni erano diversi da quelli dichiarati. E le due cose si intrecciano. Gli interessi veri si tacciono e garantiscono un sistema di potere che negli ultimi anni si è rafforzato, le cavolate si propagandano attraverso i media ai poveri cittadini ignari.
Ecco, diciamo che l’unica certezza che ci viene da questi analisti mediatici conformisti e belluini è che ogni analisi sentita negli ultimi decenni è distorta da incompetenza, dal dover analizzare elementi che alla fine dell’analisi devono essere utili ai rulli di tamburi guerrieri, dal dimenticare subito quello che è stato detto. Ossia basare la propria storia sull’ignoranza e sulla dimenticanza. E questa è una malattia del tempo che ha costruito un sistema in mano a tre padroni dell’informazione che la gestiscono a piacimento. E che si muovono perfettamente nelle mani di un potere che oscilla tra dilettantismo e vantaggi privati di pochi, e per farlo approfondisce sempre di più il lato occulto, vulnus della democrazia che in Italia abbiamo ben imparato a nostre spese con la P2. Lasciano al cittadino-spettatore dell’arena mediatica il potere della chat, del telecomando sul divano o dell’indignazione con un clic. Ossia niente su cui costruire senso critico e intelligenza politica. E tutto il resto è deciso fuori dalle sfere della conoscenza dei cittadini, fuori dalla conoscenza dei loro rappresentanti democratici, in luoghi in cui non esiste uguaglianza di diritti e non esiste rispetto per la vita e per la giustizia sociale.
Grasso aggiunge: “Purtroppo sono in molti a pensarla come la cantante. Siamo in guerra, ma dobbiamo fare finta di non esserlo, sopraffatti da un moralismo autodenigratorio. Al terrorismo, all’islamismo armato dovremmo rispondere mettendo fiori nei nostri cannoni, lumini, buone intenzioni, frasi fatte e ancestrali sensi di colpa, visto che il Califfato è la conseguenza inevitabile dei nostri peccati storici”. Ma questo la cantante non l’ha detto. Io penso che se avessimo messo fiori nei cannoni e caramelle nelle bombe dei B52, oggi sarebbero morti meno bambini iracheni, ci sarebbero state meno stragi, magari avrebbe prevalso la politica della pace e della convivenza e non quella della ferocia, di Guantanamo e delle stragi come danni collaterali. Ma questo non era nelle intenzioni dell’America del dopo-muro. Non era la pace o la sicurezza lo scopo, ma l’imperialismo, il dominio attraverso lo strapotere militare di un esercito tecnologicamente avanzatissimo per ammazzare la gente e inarrestabile. Uno strapotere ottuso, che si è trasformato presto in una incapacità strategica generale, nella fine dell’intelligence per prevenire, a vantaggio della forza bruta per reprimere. Ogni esperto con un po’ di conoscenze e capacità di metterle insieme – senza dover portare l’acqua a una tesi precostituita – sa che il tema della guerra asimmerica era presente sin dalla prima Guerra del Golfo… Parliamo di oltre venti anni fa, prima delle Torri gemelle, prima della nascita di al Qaeda e dell’Isis.
Potrei dire altro sugli analisti belluini italiani, ma contano come il due di coppe quando regna bastoni. Ma occorre rispetto per il buon senso: perché continuare a sprecare tempo con gli epigoni di idee pensate da altri? Potranno continuare a insegnare nelle università, a scrivere sui giornali, a indicare nel dissidente il cattivo di turno. Non contano niente, e anche queste mie parole sono un esercizio spirituale per non tacere di fronte a chi accusa la Mannoia, la cui pericolosità è rappresentata dall’avere “una sola idea” come dice Grasso, che non combacia con quelle del suo circolo del bridge. E poi ci parla della “libertà di pensiero, dell’uguaglianza dei cittadini, della lotta alla sottomissione o cosucce del genere”. ..
Nell’attesa di sentire il tintinnare di sciabole di fronte alle nuove frontiere, alla miseria di un’Europa che lascia marcire rifugiati in fuga dalle guerre, all’ingiustizia che regola l’andamento del mondo e al potere ormai strabordante di un potere occulto, mediaticamente declinato in propaganda occulta e funzionale, penso che su una cosa potrei essere d’accordo. Sul fatto che non è mettendo “I like” sulle foto commuoventi o tingendo con la bandiera francese e belga il profilo o mettendo lumini che si risolvono i problemi. Ma solamente prendendo in mano il futuro e la conoscenza, strappando dalle mani di tre padroni il sapere che costruisce questo immaginario collettivo bieco, razzista, fascista. Solamente riprendendo coscienza del fatto che la libertà, la dignità, vadano costruite e riscattate ogni giorno. Senza deleghe in bianco né alla politica né ai media. Soprattutto ai media.
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Ps.
Citazioni da questo bel pezzo: [LinkNewsB_81474]
– 1 – “L’ultima posizione mediatica dominante dei profeti militaristi che pensano al tacchettare degli speroni del passo dell’oca è che chi osa mettere in dubbio le sciocche soluzioni antiterroristiche bombarole è un nemico dell’Occidente. Non solo, per poter esprimere un dissenso (legittimo, non accompagnato da coltellate al cuore o spari in fronte all’interlocutore e ai suoi figli) bisogna tacere. Perché i passisti dell’oca hanno stabilito a prescindere che la soluzione del dialogo o del pacifismo o della cooperazione senza rapinare il prossimo a casa loro, non ha funzionato”.
– 2 – “Consiglio la lettura di Marc Bloch, La guerra e le false notizie. Non fa male”.
– 3 – Cecilia Strada: “Fateci caso, i fondamentalisti non hanno tanta paura delle bombe che voi invocate: hanno più paura del lavoro delle donne, o di una bambina con un libro, hanno paura dei diritti perché i diritti tolgono ossigeno al fondamentalismo”.