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Il ritorno di Ricky Shayne

L’idolo del Beat di nuovo in Italia. Dal Cantagiro al successo internazionale. Il boom con Uno dei Mods. [Francesco Troncarelli]

Il ritorno di Ricky Shayne
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17 Febbraio 2016 - 15.48


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di Francesco Troncarelli

Non conta l’età quando si è giovani dentro. Se lo spirito è sempre quello e la voglia di andare contro corrente non si è addomesticata con gli anni. Molti vorrebbero essere così una vita dopo, pochi ci riescono, tra questi sicuramente Ricky Shayne, il Leone del beat, un’icona della gioventù ribelle degli anni Sessanta che infiammava gli animi dei ragazzi e colpiva i cuori delle ragazze. Ma per lui è stato facile restare come allora, perché lui era “Uno dei Mods”.

“Dopo dieci anni ho rivisto l’amico Bob”, diceva la sua canzone che ha fatto epoca, in realtà di anni ne sono passati di più dall’ultima volta che è stato in Italia, era il 1990 quando quel genio della comunicazione musicale di Red Ronnie lo volle nella sua fortunata trasmissione “Una rotonda sul mare”, strepitoso successo televisivo di quell’anno.

Adesso è tornato, guest star di #TorinoBeat manifestazione per cultori e fan di quella stagione del costume italiano, dove si sono esibiti anche il chitarrista Alberto Radius ex Formula 3, i Camaleonti e i Dik Dik. Una rimpatriata sold out in cui, ovviamente, tutti gli occhi sono stati per lui, misterioso e desaparecido idolo dell’Italia che andava a 45 giri coi capelli che iniziavano a crescere, le gonne ad accorciarsi e i primi fermenti di contestazione a una società tradizionalista e in bianco e nero cominciavano a viversi.

E non poteva essere diversamente perché Ricky Shayne, sguardo assassino, criniera col ciuffo, giubbotto di pelle, jeans e voce intonata e potente, colpì subito l’immaginario collettivo quando debuttò nel panorama musicale di quei tempi. Era il ribelle della porta accanto che tutti avrebbero voluto avere come amico, il James Dean de’ noantri capelloni che stazionavano sulla scalinata di piazza di Spagna, un archetipo fra i più unici e singolari di quella gioventù che sognava ad occhi aperti l’Inghilterra e il nuovo che stava avanzando.

E poi c’era il fascino del mistero che lo avvolgeva e alimentava la curiosità dei fan. Chi sosteneva fosse un italiano, pugliese per la precisione, che giocava a fare lo straniero, chi che arrivasse dalla Francia, chi più informato dal Libano, in realtà George Albert Tabett, questo il vero nome, era nato al Cairo nel ‘ 44 da padre libanese (manager in una società petrolifera) e madre egiziana (pittrice), cresciuto nella “Svizzera del medio Oriente” fino ai 15 anni, se ne era andato Parigi per studiare, per approdare alla fine in Italia nel ’65.

L’incontro con Franco Migliacci, ne decretò la fortuna. Fu lui il talent scout più in gamba del Belpaese musicale ha cucirgli addosso non solo il look, ma anche una canzone coi fiocchi (insieme a Gianni Meccia e su musica di Mantovani), che avrebbe fatto il botto, non solo nelle classifiche, ma anche per la storia che raccontava e a cui rimandava, un’epopea di miti e tipi lontanissimi dalla realtà italiana che chi ascoltava si illudeva così di vivere.

“Uno dei Mods”, il brano che fece esplodere il ribelle Ricky, si riferiva a un episodio molto enfatizzato dai media, una vera e propria “battaglia” tra Mods e Rockers nei dintorni di Londra (sulla spiaggia di Clacton nell’Essex, il 29 marzo 1964), con numerosi contusi e feriti al termine dei tafferugli a colpi di catene e bastoni.

La cosa strana che all’epoca dell’uscita del disco in pochi rilevarono, è che Migliacci e Meccia o perché avevano informazioni scarse (le notizie non viaggiavano in tempo reale come oggi) o per scelta, falsarono la realtà dei fatti, ambientando la vicenda a Liverpool patria dei Beatles, e soprattutto invertendo nella canzone i ruoli delle due bande giovanili inglesi. Erano infatti i Rockers ad adottare un look di ispirazione USA, evoluzione di quello dei Teddy Boys degli anni ’50.

E quindi giubbotti di pelle nera (il “bomber”), blue jeans stretti e accessori vari da duro, mentre i Mods (da Modernism, termine usato per definire il jazz più attuale, “modern jazz” contrapposto al jazz tradizionale d’anteguerra) invece, adottavano uno stile dandy e raffinato fatto da soprabiti eleganti, impermeabili parka, giacche attillate e cravatte;: i Mods poi giravano in Lambretta o Vespa e ascoltavano musica ska e soul. Lo stile per intenderci del protagonista di Quadrophenia, l’opera rock (di quasi 10 anni dopo, 1973) degli Who.

Dino e Ricky Shayne[/size=1]

Ma tant’è al pubblico di bocca buona quel pezzo cantato da Shayne piacque tantissimo, la sua presenza scenica sottolineata dal ritmo vivace del brano col rullare dei tamburi e i rumori in sottofondo di piatti della batteria che evocavano il rumore degli scontri, fu una trovata geniale che decretò il boom del disco e di lui stesso.

Quell’estate di fuoco del 65 insomma lanciò il Leone del beat fra i nomi più in voga, portandolo al successo ovunque si esibisse. E così il Cantagiro, la grande amicizia con Bobby Solo e Dino, la story con Grazia Maria Spina e i flirt a ripetizione con le groupies che lo aspettavano al varco, i musicarelli girati per il cinema, lo schianto su un albero della fiammante Maserati, i nuovi successi con “Vi saluto amici Mods”, “Number One”, “Come Moby Dick”, fino al trasferimento all’estero in cerca di nuovo stimoli. Ai primi posti in Germania con la versione tedesca di “A chi” e in Francia con “Mamy Blue”. Con l’Italia sempre più lontana.

Ora Ricky is back, eccolo di nuovo, con la solita criniera di capelli che lo ha reso celebre e che adesso è imbiancata come la neve, c’è anche qualche chilo in più ma è portato con la baldanza di sempre. La voce è rimasta immutata e ti entra dentro, la grinta è quella dell’artista di razza che ne ha vissute tante e che conosce il mondo. Con lui la fidata chitarra compagna di storie e di viaggi, e con lei si esalta ancora nel rock e nel pop d’autore scuotendo le anime. Il beat è tramontato da un pezzo, lui no. Ti saluto amico Mod.

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