Quella sua voce sottile e leggermente nasale, modulata sullo swing del jazz, arrivava a note imprendibili per gli altri cantanti e poi fin da pic¬colo era stato folgo¬rato dal ballo, dal tango argentino prima, quando furoreggiò in Italia nei primi anni Trenta, e dal tip tap di cui fu straordinario interprete poi. In tutte le discipline Rascel portava una buona dose di ironia, che spesso sfociava in comicità irresistibile, e una certa levità, coerente con il suo fisico leggero di bambino mai cresciuto.
Io Renato l’ho conosciuto bene e l’ho anche molto frequentato insieme alla moglie Giuditta e al figlio Cesare che sono rimasti miei amici. Per ricordarlo voglio pubblicare su Globalist una intervista impossibile sulla nascita della sua canzone più celebre, “E’ arrivata la bufera”, che praticamente annunciava la guerra agli italiani.
L’appuntamento è al Teatro Sistina, dopo la recita di Alleluja brava gente. Arrivo per l’inizio dello spettacolo ma per me non c’è un biglietto anche perché il musical di Garinei e Giovannini sta trionfando da tre mesi con il teatro sempre esaurito in ogni ordine di posti. Mi concedono di entrare ma non mi danno neppure uno strapuntino, e rimango per tre ore appoggiato al parapetto sistemato in fondo alla platea, dove anticamente stavano gli spettatori che pagavano soltanto l’ingresso, senza diritto a una poltrona. Per fortuna lo spettacolo à molto bello, le musiche sono straordinarie, Rascel è in gran forma, e accanto a lui c’è un giovane attore che si chiama Luigi (o Gigi, non ricordo…) Proietti che ha preso il posto che doveva essere di Domenico Modugno. Per lui si prevede una grande carriera. Ci sono anche due giovani donne, belle e molto brave, Giuditta Saltarini, di cui pare che Rascel sia innamorato, e Mariangela Melato, una milanese di grande talento.
Alla fine dello spettacolo mi avvicino timidamente ai camerini. Mi dicono di aspettare perché Renato Rascel si sta struccando e si sta rivestendo. Mi chiedono di aspettare in una quinta del palcoscenico, perché potrò parlare con il “maestro” dopo che avrà passato in rassegna la compagnia, come fa tutte le sere. Vedo gli attori che si radunano stanchi e mogi dopo uno spettacolo faticosissimo sul palcoscenico ad aspettare le critiche del direttore artistico, che ha una sessantina di anni e sembra il più arzillo di tutti. Finalmente Rascel arriva sul palcoscenico e quando vede i suoi colleghi praticamente distrutti, esclama “cosa è questa mosceria!!!” quindi indietreggia come per prendere una rincorsa e ricompare sul palcoscenico con un salto mortale.
“Lei vuole sapere come è nata E’ arrivata la bufera, vero?” mi dice Renato quando si accorge di me.
Io so tante cose di Renato Rascel, so anche che proprio quegli anni del fascismo trionfante, dell’im¬pero e del consenso che preludono alla catastrofe della guerra, fu¬ro¬no fondamentali per la crescita del personaggio. In un’epoca senza libertà in cui i copioni cadono sotto le inesorabili forbici della censura, i film vengono ambientati in un’improbabile Unghe¬ria dai telefoni bianchi ed il comico di avanspettacolo deve ricorrere ai doppi sensi.
Rascel proprio in quel clima ha la possibilità di esercitare quella sua comicità assurda, surreale e piena di ‘nonsense’ che diviene un modo per sfuggire alla retorica del tempo e alla volgarità in cui do¬vevano rifugiarsi la maggior parte dei suoi colleghi. Ma con le sue espres¬sioni strampalate, con i suoi nonsense riuscì anche a centrare altri obiettivi, più alti, alludendo a fatti di cui non si poteva parlare apertamente. Come successe con la macchietta di E’ arrivata la bufera dove «Con l’acqua che scende/ che scroscia e che va/ Pierino è in angosce/ galosce non ha…», ma è chiaro che l’angoscia di Pierino è quella che sta attanagliando tutti gli Italiani per la guerra che sta sconvolgendo l’Europa e sta per sconvolgere anche l’Italia.
“La bufera – mi dice Renato Rascel – nacque in Afri¬ca Orientale quando conobbi Italo Balbo che allora era il Governatore della Libia, un capo del regime fascista in odore di eresia, che si era posto più volte in contrasto con Mussolini, soprattutto sull’opportunità di allearsi con la Germania di Hitler. Per questo, si mormorava in Italia, il vecchio quadrunviro della marcia su Roma, era stato man¬dato in esilio. Io ebbi l’ardire di porgli la domanda che tutti gli Ita¬liani avevano sulla bocca : «L’Italia entrerà in guerra al fianco dell’alleato tedesco?». Balbo rispose con il suo perfetto accento emiliano: «Mo senta mo bene, signor Rascel, se l’Italia fa la guerra con Hitler io mi taglio i cosiddetti…» Non se li tagliò, i cosiddetti, anche perché il suo aereo fu poco dopo abbattuto – fortuitamente, si disse – da una contraerea italiana proprio al primo giorno di guerra”.
“Tornai in Italia – continua Rascel – e dissi a tutti di stare tranquilli, perché la guerra non ci sarebbe stata: me lo aveva assicurato sua eccellenza Balbo. Ma quando la guerra arrivò davvero non mi rimase che cantare “è arrivata la bufera/ è arrivato il temporale/ chi sta bene e chi sta male/ e chi sta come gli par!”