La Vedova Allegra, ossia la cronaca di una delusione | Giornale dello Spettacolo
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La Vedova Allegra, ossia la cronaca di una delusione

L’ultimo titolo in cartellone al teatro Lirico di Cagliari, da venerdì 18 dicembre a mercoledì 30 dicembre. Un esperimento che ha deluso.

La Vedova Allegra, ossia la cronaca di una delusione
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21 Dicembre 2015 - 19.45


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di Francesca Mulas

L’ultimo titolo in cartellone al teatro Lirico di Cagliari, da venerdì 18 dicembre a mercoledì 30 dicembre, prometteva una serata all’insegna della spensieratezza: “La Vedova allegra”, operetta celeberrima di Franz Lehár, era l’ideale per chiudere l’anno fra melodie conosciute e melodie canticchiate sottovoce. Non si chiedeva altro, in fondo, da una composizione appositamente live, appositamente superficiale, appositamente e coscienziosamente costruita per il puro piacere dell’ascolto e della vista. Risulta quindi incomprensibile la scelta del regista Mario Corradi di abolire le parti recitate e sostituirle con la figura di un narratore (l’attrice Veronica Franzosi) che, con un testo ex novo, si è dovuto districare nella spiegazione della trama. A parte le soluzioni proposte per strizzare l’occhio al pubblico, con delle battute dall’umorismo discutibile, se l’intento di Corradi era, come dichiarato, quello di rendere “La Vedova Allegra” più snella e agile, allora si può ben dire che l’obbiettivo non solo non è stato centrato, ma si è capovolto. La povera Franzosi ha dovuto far da raccordo ai vari pezzi musicali più in stile da presentatrice che da narratrice, costretta a infilarsi nelle pieghe di una storia in realtà banale e semplice e togliendo piacevolezza anche ai brani cantati. Il pubblico ha reagito male; dapprima in una specie di shock silenzioso (normalmente “La vedova allegra” è una di quelle opere nelle quali gli applausi fuori scena fioccano, invece erano totalmente assenti), poi perplesso nell’assistere a una rappresentazione completamente stravolta. Anche la parte coreografica e scenica, normalmente assai sfarzosa (proprio per sopperire alla mancante introspezione psicologica dei personaggi), risultava un po’ polverosa, senza particolari barlumi.

Risulta difficile giudicare il cast vocale, anche perché in un’operetta normalmente dovrebbero equivalersi sia la parte attoriale che quella lirica, mentre in questo allestimento abbiamo visto una discreta Anna (Micaela Marcu), buona specialmente nei registri acuti, e un medio Danilo (Giuseppe Altomare), probabilmente dal timbro poco adatto per la parte. La migliore prova è stata quella di Valencienne (Marina Bucciarelli) che ha saputo coniugare una discreta qualità vocale con un’ottima presenza scenica. Il coro risultava poco omogeneo e a tratti scompariva; l’orchestra, guidata da Sebastiano Rolli, ha fatto il possibile ma troppo spesso si è trovata a dover inseguire i cantanti o a dover recuperare in tutta fretta, col risultato che il fatidico “ritmo di valzer” del quale è permeata l’operetta nella sua versione originale spesso veniva dissolto nel nulla.

Un esperimento, certamente, ma un esperimento che a Cagliari non ha funzionato.

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