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Addio Jacques Sernas

Attore icona degli anni Cinquanta era considerato l’uomo più bello del mondo. Da Elena di Troia a La dolce vita, era un antidivo per eccellenza. [Francesco Troncarelli]

Addio Jacques Sernas
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3 Luglio 2015 - 18.48


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di Francesco Troncarelli

La “presse du coeur”, come veniva chiamata la stampa che occupandosi di divi e regine vendeva milioni di copie alla settimana, lo aveva definito “l’uomo più bello del mondo” e in effetti Jacques Sernas che a fine mese avrebbe raggiunto le 90 primavere e che se ne andato in punta di piedi l’altra sera nella sua abitazione romana, era un uomo affascinante, nei modi e soprattutto nell’aspetto.

Alto, slanciato, biondo e con gli occhi azzurri, Sernas aveva rappresentato nel cinema degli anni Cinquanta una vera e propria icona di bellezza maschile, ideale per certi film di genere che andavano di moda in quei tempi e che al botteghino avrebbero incassato cifre incredibili.

Al fascino che esercitava sul pubblico, si aggiungeva poi anche la sua vicenda umana particolare, che incrementava il suo successo. Figlio del resistente lituano Jokūbas ?ernas (uno dei firmatari nel 1918 dell’atto d’indipendenza della Lituania), si trasferì in Francia con la madre alla scomparsa del padre. Poco più che quindicenne, quando la Francia fu invasa dalla Germania nazista, fece parte del movimento partigiano di resistenza. Venne arrestato e condotto nel campo di concentramento di Buchenwald da dove uscì solo grazie alla liberazione degli alleati. Si iscrisse a Medicina all’università e per mantenersi agli studi svolse diversi lavori, tra gli altri anche quello di corrispondente per il giornale “Combat” durante il processo di Norimberga.

Ma la sua passione era lo spettacolo. Aiutato da quel suo aspetto “nordico” che lo differenziava tra tanti aspiranti attori in cerca di gloria Jacques Sernas riuscì particina dopo particina a sfondare e diventare così protagonista assoluto, divenne infatti uno dei nomi più richiesti negli anni Cinquanta e Sessanta nel cinema italiano dove la sua notorietà fu sostenuta anche dall’interpretazione di diversi fotoromanzi pubblicati sul settimanale “Grand Hotel”, vera e propria bibbia del settore.

Il suo debutto è nel film “Miroir” di Claude Lamy (1947), al fianco del grande Jean Gabin e, pochi mesi più tardi, interpreta il suo primo ruolo da protagonista in “Gioventù perduta” di Pietro Germi “un film eccezionale” secondo Ennio Flaiano, in cui ottenne un’importante riconoscimento per un esordiente, il Nastro d’Argento. Da quel momento Sernas diventa richiestissimo e si impone come uno dei maggiori interpreti di film peplum di avventura o in costume. Ecco così che in “Elena di Troia” di Wise con un giovane Sergio Leone alla seconda unità di regia, non può che essere il viziato principe Paride che rapisce Elena, Rossana Podestà, nella prima di una serie di interpretazioni sempre riuscite e intense al di là del ruolo impostogli da sceneggiature spesso deboli.

Seguiranno “Pia de’ Tolomei”, “Vite perdute”, “Salambò”, “American secret service” “Per pochi dollari ancora”, “Gli angeli del quartiere”, “Terra straniera”, “Romolo e Remo”, “Maciste contro il vampiro”, “Il figlio di Spartacus”, “Il cielo è rosso”, “Un amore a Roma” e “La prima notte”, per citare alcuni film in cui la presenza di Sernas dava sempre un qualcosa in più al cast degli interpreti per le sue indubbie capacità drammaturgiche che si abbinavano al suo physique du role. Non a caso nel capolavoro di Fellini “La dolce vita” interpretava il divo. Sé stesso.

Ritiratosi dalle scene da tempo senza rimpianti aveva ultimamente lavorato per la televisione in alcune fiction come quella de “Il maresciallo Rocca” e in miniserie come quella su “Papa Giovanni” dove vestiva abiti cardinalizi e in quella su Papa Luciani, dove era il famigerato Monsignor Marcinkus.
Uomo colto e amante delle buone letture e dell’arte, era stato nella sua carriera un divo anomalo. Viveva a due passi da Via Veneto ma alla mondanità sfrenata e gossippara dei tempi d’oro come di quella più sbracata attuale, era totalmente estraneo. Troppo signore e raffinato per partecipare a un can can che non era nelle sue corde.

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