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Satisfaction, 50 anni di rock

È il ‘marchio di fabbrica’ dei Rolling Stones. Un riff inconfondibile: la storia del brano scritto nel sonno da Keith Richards e divenuto una pietra miliare del rock.

Satisfaction, 50 anni di rock
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5 Giugno 2015 - 10.32


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di Francesco Troncarelli
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Un’emozione lunga 50 anni. Una carica di ritmo che non finisce mai. Un capolavoro che ha portato al successo chi l’ho cantato e ha scosso la musica per sempre. Un concentrato di musica, rabbia ed energia. Stiamo parlando di “Satisfaction” il brano lanciato giusto 50 anni fa dai Rolling Stones, diventato subito il manifesto di una generazione che si affacciava alla vita tra difficoltà e malesseri e soprattutto una pietra miliare del rock..
La leggenda vuole che questo pezzo che ha impresso alla cultura musicale degli anni 60 un’improvvisa sterzata, fu ideato da Keith Richards in uno stato di dormiveglia, ai limiti dell’incoscienza, in una notte di primavera del 1965 nel suo appartamento londinese a Carlton Hill.


Prima di andare a dormire, Richards, 21 anni e una carriera davanti, armeggia alla chitarra, lasciando andare la mano sulla tastiera, improvvisazione pura. Ha in mente qualcosa, nulla di definito. Mentre strimpella aziona un piccolo registratore Philips a cassetta, uno dei primi in commercio, poi crolla in un sonno profondo.


La mattina successiva riavvolge il nastro e ascolta quello che aveva registrato. Nel caos di accordi e melodie appena accennate, emerge la sequenza di note che sarebbe diventata “Satisfaction”. Seguono quaranta minuti in cui il nastro ha fedelmente registrato Richards che russa come un ghiro. La scena poi si sposta negli Stati Uniti. Siamo ai primi di maggio del 1965 e i Rolling Stones sono in tournée negli States.


Keith fa sentire a Mick Jagger lo “scheletro” della canzone. C’è il riff della chitarra che apre il brano appena abbozzato e che ricorda in qualche modo il fraseggio musicale di “Dancing In The Street” del gruppo Marta and the Vandellas. Tre note che si ripetono in frequenza a cui ha aggiunto un verso: “I can’t get no – satisfaction, and a tried and a tried and a tried..” (Non riesco ad avere nessuna soddisfazione, ma ci provo, ci provo, ci provo). Jaggers ne aggiunge altri cercando di dare un senso a quelle poche parole, mentre si trova ai bordi della piscina del Gulf Motel di Clearwater in Florida.
Con questo materiale ancora grezzo che va plasmato, si trasferiscono in sala di registrazione. A Chicago, nei prestigiosi studi Chees Records dove Etta James ha inciso tutti i suoi hit, realizzano una prima versione di “Satisfaction” sostanzialmente acustica, dai sapori follk, che il loro manager Andrew Oldham vorrebbe completare con i fiati (sassofoni e trombe) per dare al tutto un’impronta più black, alla Otis Redding. Ma resta tutto indefinito.


La svolta a questi tentativi di creare qualcosa di nuovo per il loro repertorio fatto essenzialmente di cover di blues, si ha negli studi della RCA di Los Angeles, dove il gruppo si è spostato. Qui è appena arrivato un marchingegno prodotto dalla Gibson, il Fuzz Box, che nessuno ha usato fino a quel momento. Si tratta di un pedale che distorce il suono della chitarra in maniera sorprendente. Richards se ne innamora subito e lo monta sulla sua chitarra, tirando fuori suoni incredibilmente aggressivi che danno al suo riff una “cattiveria” mai sentita e un senso diverso al brano.











Con questa nuovo sound così forte nella testa, Jagger allora si mette all’opera e completa il testo della canzone iniziano le prove, poi il 12 maggio si registra col contributo di Jack Nitzsche (futuro compositore di “Qualcuno volò sul nido del cuculo” e “Ufficiale e gentiluomo”) che suonerà il tamburello e le tastiere. I cattivi ragazzi di Londra non lo sanno ancora, ma con quelle tre note in sequenza hanno riscritto l’alfabeto del rock. Il 6 giugno “(I Can’t Get No) Satisfaction” viene pubblicato negli Usa prima che in Europa: in un mese è in testa alla classifica, in due mesi è disco d’oro con un milione di copie vendute.


La forza d’urto di quel riff è devastante. I cinque ragazzi inglesi spaccano la scena e diventano all’improvviso delle star. Da uno dei tanti gruppi della British Invasion sbarcati negli Stati Uniti, diventano i “Rolling Stones” rivali ufficiali dei Beatles e “Satisfaction”, la prima canzone che hanno scritto dopo tre anni di attività, il loro marchio di fabbrica e un successo internazionale che li accompagnerà fino ai giorni nostri. La voce di Jagger che esprime con irritazione e rabbia il malessere giovanile e il riff di Richards essenziale, unico e diretto, che diventa “il” riff per eccellenza, sconvolgono e affascinano il pubblico in tutto il mondo.


E non poteva essere diversamente, perché “Satisfaction” è un pezzo che ha catturato lo spirito del tempo, funzionando come catalizzatore dello scontento generazionale verso la società consumistica ma anche come un grido contro la frustrazione sessuale. Una insoddisfazione speciale che ha marchiato da lì in poi, la storia del rock.


La rivista specializzata ‘Rolling Stone’ l’ha collocata al secondo posto tra le 500 migliori canzoni di sempre, dietro a “Like a Rolling Stone” di Bob Dylan e prima di “Imagine” di John Lennon. Ecco, basterebbe questa classifica che indica tre capolavori assoluti della musica, per capire il perché dopo 50 anni il brano nato nella dormiveglia di un chitarrista rampante e in cerca di gloria sia ancora attuale e soprattutto capace di stregare chi l’ascolta. Perché è “Satisfaction”.






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