Era un canto, una ballata di racconto e di riflessione, una voce che raccontava una storia comune, sua e del pubblico che come lei vedeva, capiva e lottava. L’Italia in lungo e in largo è l’attacco di una famosa composizione di Giovanna Marini, vivida e pungente nonostante l’apparente nonchalance con cui l’autrice pas-sava in rassegna un paese pieno di contraddizioni, sofferenze e anche involontario umorismo. Era come il film delle sue «tournée», che erano veri viaggi di tenace militanza fatti su pulmini sgangherati e treni ansimanti e affollati. Quell’attraversamento di una condizione, sentimentale sociale e politica (una sorta di inno nazionale alternativo allora, quando l’ascoltammo le prime volte) torna ora, dopo più di quarant’anni, a raccontare un paese che nel profondo non è cambiato nelle sue sofferenze, a dispetto delle molte trasformazioni, spesso solo superficiali.
E torna anche, quell’attacco, a dar titolo a un cd (appena pubblicato da Finisterre e distribuito da Egeamusic) in cui Giovanna Marini, assieme, in accordo o in controcanto, con la più brava e solida delle sue allieve, Francesca Breschi, raccoglie molti brani di quegli anni e degli anni successivi, alcuni divenuti famosissimi come I treni per Reggio Calabria, unica documentazione di una vera epopea liberatoria, e altri rimasti in una dimensione più intima come Lamento per la morte di Pasolini o Ragazzo gentile. Canzoni bellisime tuttora, Commoventi fino alle lacrime, eppure rasserenanti per il fatto di essere storica testimonianza di fatti molto importanti.
Giovanna Marini ha il dono della poesia, che non viene minima-mente scalfito dal passare del tempo, e dei gusti e delle mode. È uno straordinario monumento musicale del nostro tempo e della vita quotidiana, senza alcuna retorica, e senza per altro alcun riconoscimento dalla cultura «ufficiale», o tanto meno di governo. Eppure il titolo di quella ballata, l’altra sera in una sala dell’Auditorium al Parco della musica romano, era ancora l’occasione di un viaggio, possibile e lucidissimo, nell’umanità che questo paese è stato capace di elaborare e modulare. Una Italia in lungo e in largo che aveva come cabina di comando le due cantanti, consapevoli e emozionanti, ma ha anche voluto assumere il corpo storico e musicale di una comunità femminile davvero fuori dell’ordinario, le donne di Giulianello.
Che è un paesino rurale in provincia di Latina, dove però da sempre viene coltivato il canto corale, e di origine religiosa, che si allarga ad abbracciare, e immorta-lare, ogni aspetto, bisogno, speranza della vita. Racconta la Marini che la prima volta che le incontrò, tanti anni fa durante le sue indagini musicali sulla scia di Ernesto De Martino e Diego Carpitella (cui la serata è stata affettuosamente dedicata), se le vide arrivare su un carrello trainato da un trattore, e cantavano senza sosta. Il canto, per le donne di Giulianello, è una attività a tutto campo, che quasi armonizza e rende possibili tutte le altre fatiche. La loro «leader» Lalla ha appena compiuto 93 anni, ma non si nega virtuosismi vocali di alto respiro. Con quel contraltare vivente che dava spessore e radici alle loro voci, Giovana Marini e Francesca Breschi hanno fatto balenare per una sera una Italia che possa ancora oggi essere attraversata, nella profondità del cuore, vincendo gli ammennicoli e i soprammobili e gli orrori che che tante volte la rendono irriconoscibile e orrendamente sporca.