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Giorgio Faletti, l'antidivo irresistibile

Sono passati due anni dalla morte del grande Giorgio Faletti: attore, cabarettista, cantante, compositore, scrittore... un personaggio unico

Giorgio Faletti, l'antidivo irresistibile
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4 Luglio 2016 - 17.36


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Due anni fa, 4 luglio 2014, ci lasciava il grandissimo Giorgio Faletti: abbiamo deciso di ricordarlo con un commosso articolo pubblicato proprio nel giorno della sua morte.

di Francesco Troncarelli

Con quel suo sguardo un po’ sornione e un po’ malinconico, quei suoi modi garbati e soprattutto riservati, Giorgio Faletti se ne è andato ad appena 63 anni per un male incurabile, tutto poteva sembrare tranne che un grande artista, un personaggio poliedrico capace di riuscire ad affermarsi in qualsiasi ambito dello spettacolo.

Non aveva l’allure del divo del piccolo schermo o della canzone, inseguito da fotografi e cronisti d’assalto per alimentare il gossip del pomeriggio televisivo, né tanto meno quello dello scrittore dal successo internazionale, pronto a sciorinare il verbo sulle terze pagine dei giornali importanti.

Eppure lui era tutto questo. Attore, cabarettista, cantante, compositore, scrittore. Un antidivo dal mestiere sicuro e dalla forte passione, che raccoglieva successi qualunque cosa facesse.

Come molti dei nuovi comici divenuti famosi negli anni Ottanta, aveva iniziato la sua carriera al mitico Derby di Milano, insieme a futuri big come Diego Abatantuono, Teo Teocoli, Massimo Boldi, Paolo Rossi e Francesco Salvi. E come molti di loro ha ottenuto il grande successo di pubblico e di critica, grazie alla scoperta del cabaret da parte della televisione.

Faletti infatti deve la sua notorietà ai personaggi lanciati nel corso del «Drive In», il programma firmato da Antonio Ricci che divenne un appuntamento fisso per milioni di italiani dal 1983 all’88 e che lo vide fra i suoi applauditi protagonisti al fianco di Ezio Greggio e Gianfranco D’Angelo. Macchiette tipo l’improbabile guardia giurata sovrappeso Vito Catozzo dallo slang milanese-pugliese (“porch’ il mond che c’ho sott’ i piedi”), il bambino scemotto Carlino da Passarano Marmorito col suo mitico “giumbotto”, Suor Daliso, e il testimone di Bagnacavallo (“anatrema!”) con le quali l’attore astigiano dava vita a monologhi irresistibili mai volgari e sempre felicemente ironici. Come il suo stile del resto.

Perché Faletti era un tipo così, raffinato e ironico anche nella vita, e cercava, riuscendoci, di portare questa sua cifra anche nelle cose che faceva e amava. Come la musica per esempio, sua passione da sempre, dai tempi della scuola (erano i tempi del beat e dei complessi), nella quale si era dato anima e corpo realizzando vari album e brani per cantanti affermati come Milva, Fiordaliso e Branduardi.

Ottenendo anche qui un successo clamoroso addirittura a Sanremo quando nel 1994 sfiorò la vittoria ma vincendo comunque il premio della critica, con “Signor Tenente”, una canzone ispirata alla strage di Capaci e via d’Amelio, che è rimasta nell’immaginario collettivo per quella sua interpretazione asciutta e ricca di pathos.

E che dire del Faletti attore, protagonista di diverse commedie tra cui le due versioni di “Notte prima degli esami”, dove era il Prof. Antonio Martinelli, spietato docente di lettere, che alla fine stringe un forte legame col protagonista Luca, Nicolas Vaporidis oltre ai ruoli meno caratterizzati ma più recitativi come quello in “Baarìa” di Giuseppe Tornatore.

Negli ultimi anni la sua carriera si era incentrata soprattutto sulla letteratura. Il suo primo romanzo «Io uccido», uscito nel 2002, è tra i best seller italiani più venduti di sempre, con oltre 4 milioni di copie. Nel 2004 raddoppia con il secondo romanzo “Niente di vero tranne gli occhi”, che al momento ne ha vendute tre milioni e mezzo. Il maestro del thriller Jeffery Deaver, ha detto di lui e del suo lavoro: “Uno come Faletti dalle mie parti si definisce “larger than life”, uno che diventerà leggenda”. Tradotto in 25 lingue, Faletti è stato non a caso testimonial del diritto d’autore ed ha ricevuto nel 2005 dal Presidente della Repubblica il Premio De Sica per la Letteratura.

Intelligente, affabile e schivo della mondanità, Faletti che con quei capelli incanutiti prematuramente e il pizzetto somigliava sempre di più a Paulo Coelho, amava il mare e i tramonti dell’isola d’Elba dove si rifugiava per lunghi periodi dell’anno e la Juventus la squadra per cui tifava e che lo ha salutato con affetto con un tweet nel suo profilo ufficiale.

Con il talento innato che aveva e quella umanità che lo contraddistingueva dagli altri, ha regalato per trent’anni al pubblico, sorrisi e pensieri, risate e riflessioni, riflessioni come quella che molti hanno fatto leggendo il suo ultimo post su facebook, pubblicato ieri e che oggi che è arrivata la notizia della sua morte, assume un significato particolare: “A volte immaginare la verità è molto peggio che sapere una brutta verità. La certezza può essere dolore. L’incertezza è pura agonia”.

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