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I film italiani a Venezia: il bilancio su chi ha fatto bene e chi poteva dare di più

Da Andrea Segre a Daniele Luchetti, da Emma Dante a Gianfranco Rosi, da Susanna Nicchiarelli a Pietro Castellitto: il giudizio su vincitori e vinti

I film italiani a Venezia: il bilancio su chi ha fatto bene e chi poteva dare di più
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13 Settembre 2020 - 17.08


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di Chiara Zanini

Come si sono comportati i film italiani a Venezia77? Eccovi un bilancio titolo per titolo con recensioni-lampo sulla Mostra del cinema.

Chi ha vinto a Venezia77. A Favino la Coppa Volpi, Leone d’oro a “Nomadland”

La Mostra ha scelto come film di pre-apertura Molecole di Andrea Segre. Una decisione che è servita a spiegare al pubblico internazionale in quale contesto è stata costruita l’edizione 2020, tra mille difficoltà che al pubblico italiano risultano più comprensibili. Il regista padovano stava lavorando a due progetti a Venezia quando è iniziata la quarantena. «Per fare un film bisogna pensarlo, scriverlo, organizzarlo, girarlo. Per Molecole non c’è stato nulla di tutto ciò. L’ho vissuto ed è uscito da solo, in un tempo e una dimensione che non potevo prevedere. Molecole è sgorgato. Come l’acqua. Come le molecole, la materia di cui tutti siamo fatti, ma che non possiamo vedere», aveva spiegato Segre nelle note di regia. Venezia è la città di suo padre e questo offre lo spunto narrativo per il racconto intimo e personale di un rapporto mai vissuto appieno. Ma è anche il suo film meno politico, se confrontato con i precedenti. Da un autore così impegnato ci saremmo forse aspettati un’indagine più penetrante sui fenomeni che interessano la laguna, come ad esempio la turistificazione di massa e la presenza delle grandi navi, o i giganteschi manifesti di grandi marchi che coprono senza pietà palazzi storici riscrivendone l’identità, tutte scelte dettate da un’ottica capitalistica. Belle le musiche di Teho Teardo.
Il film è già nelle sale in una ventina di città del Nord e Centro Italia, distribuito da Zalab e Lucky Red.

La cerimonia di apertura della Mostra si è tenuta il giorno successivo, mercoledì 2 settembre, ed è stata per la prima volta trasmessa in diretta in molte sale italiane grazie alla collaborazione con Anec (Associazione Nazionale Esercenti Cinema) e Rai. Dopo la cerimonia è stato proiettato Lacci, distribuito da 01Distribution (ossia dalla stessa Rai), un film drammatico di Daniele Luchetti con un cast pazzesco. I protagonisti sono infatti Alba Rohrwacher e Luigi Lo Cascio, interpretati anni dopo da Laura Morante e Silvio Orlando, mentre da adulti diventano Giovanna Mezzogiorno e Adriano Giannini. Linda Caridi, l’amante di Lo Cascio nel film, si è aggiudicata il PremioRB Casting (alla sua prima edizione) per la migliore interpretazione, assegnato da una giuria di casting directors.
Lacci inizia a Napoli nei primi anni Ottanta, quando il matrimonio di Aldo e Vanda è rotto dalla relazione di lui con la collega Lidia, con la quale lavora alla Rai a Roma. Trent’anni dopo però, Aldo e Vanda sono ancora sposati senza alcuna ragione plausibile, cosa che i figli non hanno perdonato loro. Si tratta dell’adattamento di un romanzo di Domenico Starnone, uno dei 100 migliori libri del 2017 secondo il New York Times, ma il film non è tra i migliori di Luchetti. Uscirà al cinema il 1° ottobre.

Il 4 settembre, quando già venivano proiettati alcuni tra i film più apprezzati dell’edizione 2020, è stata la volta di Padrenostro di Claudio Noce, regista di Good Morning Aman e La foresta di ghiaccio, che si avvale di professionisti del calibro di Michele D’Attanasio alla fotografia e Giogiò Franchini al montaggio. Anche nel caso di Noce il film ruota tutto attorno al rapporto con il padre: Alfonso Noce oggi è un ex vicequestore che i Nuclei Armati Proletari cercarono di uccidere nel 1976. Nell’attentato persero la vita un poliziotto e un terrorista, segnando per sempre le vite dei loro cari e naturalmente anche della famiglia del regista, che ha dichiarato: «Avevo un anno e mezzo: abbastanza per comprendere la paura, troppo pochi per capire che quell’affanno avrebbe abitato dentro di me per molto tempo. Non sono mai riuscito a dirglielo. Scrivere questa lettera a mio Padre tracciando i contorni di una generazione di bambini “invisibili” avvolti dal fumo delle sigarette degli adulti non è stato facile; provare a farlo mutando le parole da private in universali è stata una grande sfida come cineasta e come uomo».
Per questo film, da molti sottovalutato, Pierfrancesco Favino (che l’ha co-prodotto) ha vinto la Coppa Volpi, mentre Raffaele Alletto il premio (assegnato dall’Associazione Culturale S.A.S. e dall’Associazione poliprofessionale di categoria ART. 9 ) per il miglior capo macchinista. Ma se Favino è ormai l’attore più amato della sua generazione, una segnalazione la merita anche il piccolo Mattia Garaci, che interpreta il protagonista.
Il film sarà nelle sale dal 24 settembre, distribuito da Vision Distribution.

Il 5 settembre è stata la volta di Miss Marx, che come abbiamo già avuto modo di scrivere non è tanto un film femminista, quanto un ritratto di una figura centrale per ciò che riguarda le conquiste del lavoro, e il racconto di una relazione tossica, raccontata dal punto di vista di Eleanor Marx stessa. Il film di Susanna Nicchiarelli ha vinto il Premio Fedic (Federazione Italiana dei Cineclub), il Premio Soundtrack Stars assegnato dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani e Free Event per la migliore colonna sonora, e il premio conferito dall’Associazione Culturale S.A.S. e l’ Associazione poliprofessionale di categoria ART. 9 alla miglior sarta di scena, Paola Seghetti. Nessun premio ufficiale, ma la certezza che verrà ricordata come un’opera significativa tra quelli diretti dalle donne (qui ne avevamo indicate una decina).

Lo stesso si può dire de Le sorelle Macaluso di Emma Dante, la storia di cinque sorelle che vivono senza genitori, unite anche nei momenti drammatici dalla convivenza in un appartamento alla periferia di Palermo. Qui l’unica attrice nota al grande pubblico è Donatella Finocchiaro, ma tutte funzionano alla perfezione insieme. Il film è tratto dall’omonimo spettacolo teatrale che nel 2014 ha vinto il Premio UBU per la regia e per il miglior spettacolo, ed è proprio la continuità tra teatro e cinema a farne un’opera peculiare. La regista, che l’ha scritta con Elena Stancanelli e Giorgio Vasta, sembra volerci spingere ad accettare che i conflitti fanno necessariamente parte della nostra capacità di amare, e che lo saranno per tutta la vita, non c’è motivo di tentare di dimenticarli. Quattro i premi collaterali vinti: Premio Lizzani assegnato da ANAC (Associazione Nazionale Autori Cinematografici) e Premio Francesco Pasinetti, dato dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani; inoltre l’intero cast femminile ha vinto il Premio Francesco Pasinetti assegnato dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani e Cristian Peritore è stato votato come miglior direttore di produzione (Premio La Pellicola d’Oro consegnato dall’Associazione Culturale S.A.S. e l’Associazione poliprofessionale di categoria ART. 9). Già in oltre cinquanta sale italiane, Le sorelle Macaluso è distribuito da Teodora Film.

É finito invece a bocca asciutta uno dei maggiori documentaristi italiani, Gianfranco Rosi. Si era avvicinato all’Oscar con Fuocammare e ai critici è piaciuto molto Notturno, ma i giurati hanno deciso diversamente. Per essere precisi, la presidente Cate Blanchett ha dichiarato: «Tutti noi della giuria abbiamo rispetto profondo per Gianfranco Rosi e ne ammiriamo il modo di fare cinema. La decisione di escluderlo è stata difficile, tanto che volevamo creare un premio speciale per lui». Non è quindi chiaro se si sia deciso di non premiare un documentario con pochissime parole, cosa che di norma richiama meno pubblico rispetto ai film di finzione, o se le ragioni siano altre. Di sicuro ha fatto sì che Paolo Del Brocco, AD di Rai Cinema, lamentasse l’assenza di grandi premi per i tre film italiani da lui co-prodotti, e che lo straordinario e impeccabile direttore della Mostra Alberto Barbera gli rispondesse durante la conferenza stampa di chiusura «Quando Paolo Del Brocco comporrà lui la giuria staremo a vedere». E ancora: «È una polemica inutile, ingiusta, inefficace – ha detto all’Ansa -, ogni volta è un copione che si ripete, c’è sempre scontento. La giuria è composta da sette persone che esprimono giudizi soggettivi, non c’è nulla di oggettivo in un verdetto». L’ingerenza non è andata proprio giù a Barbera, che oggi ha twittato il video di Bisogna saper perdere dei Rokes.
Polemiche a parte, il film di Rosi che andrà ai grandi festival (Toronto, New York, Telluride, Londra, Tokyo e Busan) è un bellissimo documentario che racconta gli orrori della guerra e le tragedie di cui sono mandanti i potenti della terra, in particolare in Medioriente, dove Rosi ha trascorso tre anni e accumulato 90 ore di girato. Il suo stile è unico e riconoscibile e ci consegna immagini che non dimenticheremo, come i disegni dei bambini la cui vita è segnata per sempre dalla violenza di Daesh (qui tradotto come Isis). Qualcuno rimprovera a Rosi fotogrammi eccessivamente carichi di poesia, quasi a voler sancire una nuova estetica della guerra, ma il suo rimane un lavoro importante. Già ottanta sale in Italia lo stanno proiettando.
Notturno ha vinto alcuni premi collaterali: il premio Arca CinemaGiovani per il miglior film italiano a Venezia, il Premio di critica sociale “Sorriso diverso Venezia 2020” – Dream On SRL (ex aequo con Non Odiare di Mauro Mancini), il Green Drop Award e infine ha avuto la segnalazione Cinema for Unicef. Consigliamo di vederlo a breve distanza da Guerra e Pace di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, documentario sulla relazione tra cinema e guerra presentato nella sezione Orizzonti.

In questa stessa sezione, Orizzonti, va segnalato il premio per la migliore sceneggiatura, andato a Pietro Castellitto per I predatori: un film che vuole spiazzare a tutti i costi e sbeffeggiare la borghesia: per questo può colpire, divertire o infastidire, ma come opera prima si fa assolutamente notare nel panorama italiano.

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