Christine Vachon: “#Metoo, Black Lives Matter o #OscarsSoWhite” possono cambiare il cinema” | Giornale dello Spettacolo
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Christine Vachon: “#Metoo, Black Lives Matter o #OscarsSoWhite” possono cambiare il cinema”

Parla la produttrice indipendente che ha prodotto lungometraggi come l’Oscar “Boys don’t cry” ed è tra gli artefici del nuovo cinema queer. Sarà giurata nella sezione Orizzonti a Venezia

Christine Vachon: “#Metoo, Black Lives Matter o #OscarsSoWhite” possono cambiare il cinema”
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15 Agosto 2020 - 15.28


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di Chiara Zanini

Christine Vachon è la produttrice indipendente più importante degli ultimi decenni, avendo prodotto con la sua Killer Films, fondata insieme a Pamela Koffler, un centinaio di film tra cui quelli diretti da Larry Clark, Gregg Araki, John Cameron Mitchell, Tom Kalin, Rose Troche, che hanno fatto il New Queer Cinema. Boys Don’t Cry di Kimberly Peirce ha vinto l’Oscar, ma il sodalizio più importante è quello con Todd Haynes (il regista di Lontano dal Paradiso, Io non sono qui, Carol e il recente Cattive Acque, ora nelle sale italiane). Vachon sarà al prossimo festival di Venezia come giurata della sezione Orizzonti. L’abbiamo intervistata.

Come ha imparato a fare un piano di budget di successo, partendo dal basso e non avendo studiato per questa professione?
Alcuni dei miei primi film (Poison di Todd Haynes, Swoon di Tom Kalin, Go Fish di Rose Troche etc.) raccontavano storie sulla comunità LGBTQ mai raccontate prima. Quel pubblico è venuto a vederli e ho scoperto che se si fa un film per la giusta somma di denaro e lo si rivolge SOLO al pubblico LGBTQ – potrebbe essere redditizio. Questo è stato incredibilmente incoraggiante.

In Italia siamo convinti che per diventare produttore bisogna essere benestanti. Com’era la situazione quando è nata la sua casa di produzione Killer Films? E com’è oggi per il cinema indipendente?
Penso che un certo grado di privilegio sia insito nell’ambito del filmmaking e della creazione di contenuti. Questo ha prodotto un’estetica do it yourself nella scena indie degli anni 80 e 90, che ha creato le basi per piattaforme come Youtube, Tik Tok etc…

Nei primi anni della sua carriera i film erano ben accolti nelle sale cinematografiche, mentre incassavano meno dopo, ossia nei passaggi televisivi. Ora la televisione è molto importante fin dal primo momento in cui si decide di produrre un film. Cos’altro è cambiato?
Ovviamente un grande cambiamento è il MODO in cui consumiamo i media – su iPhone, computer, etc. Che sia il modo in cui guardiamo le storie a cambiare il tipo di storie che vogliamo raccontare?

Come si lavora con giganti come Netflix o Amazon se si vuole mantenere la propria identità, originalità e indipendenza?
Lavorare con QUALSIASI finanziere richiede fiducia da entrambe le parti e il desiderio di raccontare la stessa storia. Le nostre esperienze con entrambe sono state finora MOLTO positive.

Lei ha scritto anche dei libri su come si produce un film. Dato che non sono stati pubblicati in Italia, ci può dare un suggerimento che consiglia di seguire?
Non c’è UN solo percorso da seguire per la produzione cinematografica. Attraversare le porte che vi si aprono e siate aperti a tutte le diverse forme di story telling. Siate agnostici rispetto all’uso delle piattaforme. E pubblicate i miei libri in italiano!

Lei è una delle persone cui dobbiamo la stagione del New Queer Cinema. Quali film consiglierebbe a chi, magari per una questione di età, non conosce gli inizi di quella stagione?
Poison di Todd Haynes, Looking for Langston di Isaac Julien, Go Fish di Rose Troche, The Living End di Gregg Araki.

Pensa che movimenti e campagne come MeToo, Black Lives Matter, #OscarsSoWhite o #ChangeHollywood possano davvero cambiare l’industria cinematografica?
Sì.

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