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Enrica Calabresi, entomologa che si avvelenò per evitare Auschwitz

Un documentario di Ornella Grassi ricostruisce la vita di una scienziata vittima dell’antisemitismo e ricorda il pericolo dell’estrema destra di oggi. L’università di Pisa le dedica un’aula

Enrica Calabresi, entomologa che si avvelenò per evitare Auschwitz
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29 Gennaio 2019 - 19.56


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Era una scienziata, una zoologa laureata a 21 anni, una delle prime entomologhe (coloro che studiano gli insetti), era ebrea: Enrica Calabresi con l’introduzione delle leggi razziali del 1938 fu cacciata dall’università di Pisa dove insegnava. Il 10 gennaio 1944, in una Firenze occupata dai nazisti spalleggiati dai fascisti, quando comprese di non avere scampo e intuì la sua sorte ingurgitò del veleno che portava con sé in una fialetta.
Nata a Ferrara nel 1891, era una donna dedita all’insegnamento che al liceo classico fiorentino Galileo ebbe Margherita Hack tra gli allievi. Era stata dimenticata. Un documentario di Ornella Grassi coadiuvata da Duccio Ricciardelli alla fotografia e al montaggio da Marco Bartolini, Una donna, poco più di un nome, in novanta minuti restituisce il ritratto tragico di questa figura e del precipitare graduale della civiltà ebraica nel girone più infernale perché, come prometteva Hitler, il nazismo cercò di cancellare gli ebrei dalla faccia della Terra e, insieme al fascismo, li ha cancellati da gran parte dell’Europa.

L’aula pisana intitolata all’entomologa
Davanti a una platea dapprima curiosa e poi commossa, il film è stato proiettato nel Giorno della memoria in un Teatro della Compagnia di Firenze strapieno. Il documentario fa subito un bis: la regista lo presenta mercoledì 30 gennaio alle 11 al Cineclub Arsenale di Pisa in una giornata pisana sulla Shoah organizzata da Prefettura, Comune e Ufficio scolastico della città. C’è da augurare più proiezioni nelle scuole. L’università di Pisa nel frattempo compie una sorta di atto di risarcimento postumo: con una cerimonia nell’Aula magna alle 9.30 intitola a Enrica Calabresi l’aula storica di entomologia.

Si avvelenò prima di partire per Auschwitz
Enrica Calabresi – ricordano gli autori del documentario – è stata una «una grande scienziata». Conosce l’inglese (pubblica anche nella lingua di Shakespeare), il tedesco, il francese. Perde sul fronte della prima guerra mondiale il fidanzato, lo speleologo, botanico, esploratore Giovanni De Gasperi. Non si fidanzerà più. Con le leggi razziali viene «sbattuta fuori dall’università, insegna alla scuola ebraica di via Farini dal 1939 al 1943 ma rifiuterà sempre di nascondersi anche perché non vuole che altri rischino la vita per lei», riportano gli autori nella sinossi del documentario. «Avrebbe potuto salvarsi. Avrebbe potuto rifugiarsi in Svizzera come fece il fratello con l’altra sorella ma lei resta a Firenze. Una donna coraggiosa. Una donna dignitosa Viene catturata, portata a Santa verdiana si toglie la vita avvelenandosi prima di partire per Auschwitz».

Neonazisti e neofascisti oggi
La regista ha attinto e preso spunto da un libro su Enrica Calabresi dello scrittore Paolo Ciampi (Un nome), ha attinto alle ricerche preziose dell’entomologa Elisabetta Rossi che, all’università di Pisa, ha saputo scovare tracce di Enrica Calabresi tra annuari e tesine. Ornella Grassi recupera le poche testimonianze possibili, come quella del nipote Francesco a Bologna. L’autrice intreccia fotografie, pezzi del passato. Senza clamore né piagnistei, accanto al dolore raconta la gioia della conoscenza, il gusto dello studio, ma tra immagini storiche la regista infila manifestazioni neo naziste e neo fasciste: così, se qualcuno si illude che il documentario sia solo sul passato, ha da ricredersi.

Hitler contro gli ebrei e i “protocolli di Sion”
Prodotto da Regione Toscana, Unicoop Firenze, dall’associazione culturale “Il Colibrì”, con produzione esecutiva di Videoartevirale, Una donna, poco più di un nome intreccia alla vicenda privata spezzoni di film, dal Giardino dei Finzi Contini dal romanzo di Bassani a Cronache di poveri amanti da Pasolini, e spezzoni di storia. Vediamo Hitler e Mussolini osannati in parata a Firenze nel 1938, vediamo il dittatore nazista che accarezza e sorride amorevolmente a bambini ariani, lo ascoltiamo attaccare la congiura ebraica contro il mondo e il loro presunto dominio sulla finanza. Mistificazioni di cui sono infarciti falsi come quei Protocolli dei savi di Sion che un senatore Cinque stelle ha evocato in un tweet. Quelle parole trafiggono ma hanno un pregio: le ha scritte un parlamentare (al dilagare dell’indignazione si è scusato proclamando di non essere un antisemita), non degli esagitati, perciò quelle parole costituiscono un chiarissimo segnale seppur involontario su cosa ribolle in una parte del Paese.

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