Recitato in latino arcaico con sottotitoli in italiano, è ambientato nel 753 a.C. “Il primo re” di Matteo Rovere nelle sale dal 31 gennaio: è stato girato quasi tutto in oasi e nei luoghi più selvaggi del Lazio, in un set difficile di fango e freddo come ha raccontato uno dei due protagonisti, Alessandro Borghi nei – pochi – panni di Remo (è l’attore che ha interpretato Stefano Cucchi “Sulla mia pelle). Nella parte di Romolo c’è Alessio Lapice.
Il film racconta del mito della fondazione di Roma, anzi dei miti, di Romole e Remo, pertanto anche di un fratricidio. Il regista sorprese per aver saputo mescolare azione e introspezione psicologica in un film riuscito come “Veloce come il vento”. Stavolta sulla Lettura Silvia Capponi, docente di storia antica promuove il film, promuove l’uso di una lingua “proto-latina usata con misura e naturalezza” e ricorda come nasce Roma: “Sorge da un agglomerato di clan in cui confluiscono stranieri, esuli, fuggiaschi e guerrieri” guidati e aiutati da divinità come le forze della natura.
“Stranieri, esuli, fuggiaschi e guerrieri” dice la studiosa. Ci rammenta niente dell’oggi? E dalle prime reazioni il film pare denso di immagini potenti, anche brutali nella violenza degli scontri. Produzione impegnativa da otto milioni di euro, per dare un giudizio ovviamente occorre vedere “Il primo re” al cinema. Perché anche stavolta Rovere combina generi che altri tengono separati: l’avventura, l’azione, il film storico. Di sicuro ha mostrato coraggio per battere una via poco frequentata dal cinema italiano, molto più da altre cinematografie soprattutto quella nordamericana. Distribuisce il film 01.
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