Creuza de Mà, Cabiddu: un Festival necessario perché la musica è l'anima di un film | Giornale dello Spettacolo
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Creuza de Mà, Cabiddu: un Festival necessario perché la musica è l'anima di un film

Proiezioni di film e documentari, concerti, incontri, masterclass all’insegna della musica per il cinema, oggetto di riflessione che caratterizza da sempre Creuza de Mà, il festival ideato e diretto dal regista Gianfranco Cabiddu

Creuza de Mà, Cabiddu: un Festival necessario perché la musica è l'anima di un film
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Claudia Sarritzu Modifica articolo

17 Settembre 2018 - 16.21


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C’è un’isola a ovest della Sardegna, un’isola nell’Isola, si chiama Isola di San Pietro e la sua piccola ma fiera comunità vive quasi tutta nel paese di Carloforte, nota località turistica che da dodici anni ospita l’unico festival di musica per cinema italiano.

Il padre di queste giornate di riflessione e formazione è Gianfranco Cabiddu, regista, sceneggiatore e fonico italiano. Laureatosi al Dams di Bologna in etnomusicologia, la sua attività cinematografica inizia negli anni ’80 in qualità di tecnico del suono nel teatro collaborando con Eduardo de Filippo. Il suo primo lungometraggio da regista è del 1988: Disamistade, al quale partecipano, tra gli altri, Massimo Dapporto e Maria Carta. Il suo secondo lungometraggio è Il figlio di Bakunin, del 1997, riduzione dall’omonimo romanzo di Sergio Atzeni. Nel 2017 riceve il David di Donatello per la migliore sceneggiatura adattata per La stoffa dei sogni. Il film è liberamente tratto dalla pièce L’arte della commedia di Eduardo De Filippo e dalla sua traduzione in napoletano de La tempesta di William Shakespeare.

La creuza de mà in dialetto genovese è la stradina collinare che porta al mare. Ed è in questa creuza che si è svolto il momento più emozionante del festival, ideato e diretto proprio da Gianfranco Cabiddu. Il Quartetto Pessoa in un’originale e coinvolgente lettura delle più importanti colonne sonore del cinema ha accompagnato come fosse un film la discesa del sole al tramonto alle Ciasette, a Capo Sandalo, un anfiteatro di roccia naturale che si affaccia sul mare e che si raggiunge a piedi percorrendo un piccolo scosceso sentiero: una creuza de mà, appunto. 

Creuza de Mà è il primo e unico Festival italiano che approfondisce il rapporto tra musica e cinema. Dodici anni fa nasce questa ‘esigenza’. Raccontaci come hai dato vita a queste giornate nell’Isola di Pietro? Nasce essenzialmente per tre motivi. Il primo è che io vengo dalla musica, ho iniziato facendo il musicista e sono arrivato al Cinema dalla parte del suono, facendo il tecnico del suono per cui il sonoro per me ha sempre avuto un valore molto forte. Secondo motivo, perché negli anni passati avevo collaborato per quasi un decennio al Premio Solinas e quando il Premio è andato via dalla Sardegna ci siamo chiesti, io e gli altri autori isolani, cosa fare per supplire a una mancanza così importante, l’assenza di quel momento di riflessione tra operatori del cinema nella nostra Isola si faceva sentire. La mia idea infatti era portare nelle isole, e l’Isola di San Pietro è un’isola dell’isola, delle occasioni diverse dai soliti festival da tappeto rosso. Terzo motivo è che c’era già il Festival di Tavolara da vari anni, Giovanni Gravina (figlia di Gian Maria Volontè) aveva scelto di vivere a La Maddalena e insieme avevamo collaborato al Solinas, abbiamo così inventato dei festival che nelle isole minori della Sardegna potevano raccontare i mestieri che ci sono dietro al cinema, che non è fatto solo di attori e registi ma per esempio esiste anche la musica. La regia viene approfondita quindi a Tavolare che chiama a se registi da tutto il mondo, La Maddalena per l’arte dell’attore, l’Asinara fa una profonda riflessione sul lavoro dei copioni che nascono dalla letteratura e io non potevo che dedicarmi alla musica e ho scelto così Carloforte, anche se negli ultimi anni la parte formativa si sta svolgendo a Cagliari. 

La musica come ha ben detto Giuliano Taviani è l’anima di un film ma è anche la più trascurata, quella pagata meno nel cinema, diciamo “snobbata”. Perché secondo te? Esatto, è molto strano, un film senza la musica è un film zoppo. C’è forse una ignoranza di fondo che questo festilval cerca di colmare. Questo festival per me e per chi da anni collabora con me è una vera esigenza, e il motivo sta ne fatto che il sonoro non viene mai approfondito come si deve. C’era la necessità di un momento di riflessione, perché il musicista oggi arriva quando il film è già finito e spesso deve comporre in 15 giorni un sonoro senza una vera collaborazione con le altre arti, soprattutto con la regia. Un lavoro quindi molto difficile. Prima non era così, Sergio Leone e Ennio Morricone lavoravano insieme, c’era una stretta collaborazione, si conoscevano personalmete. Tutto questo oggi si è perso perché si lavora per compartimenti stagni. 

Con questo festival state cercando di ricostruire una filiera che si è persa, se ho capito bene? Esatto, cerchiamo di portare gli operatori del cinema, dare loro la possibilità di un confronto che possa aiutarli nel lavoro e per quanto riguarda gli studenti insegnare loro che un buon film sarà tale se le varie arti collaborano il più possibile tra loro. Se un musicista conosce il regista e comprende realmente la sua volontà, il lavoro sarà più facile e il film più bello. I ragazzi che partecipano a questo festival sono gli operatori di domani. Creare una rete già ora li aiuterà un domani.  

Ma Creuza de Mà come dice Cabiddu porta avanti anche la sua missione formativa, avviata in occasione della sua decima edizione con il Corso intensivo di scrittura di musica per cinema dedicato a Sergio Miceli, guidato da Franco Piersanti e che vede come presidente onorario Ennio Morricone. Ora, in collaborazione con il CSC – Centro Sperimentale di Cinematografia – Scuola Nazionale di Cinema, il festival vara la prima edizione del Cine campus di Musica per cinema: un”incontro” in residenza tra i musicisti del CSC Lab Musica per cinema e le cattedre di Regia, Montaggio e Suono del Centro Sperimentale. I ventiquattro allievi del secondo anno, accompagnati dai docenti di riferimento, lavoreranno alla musica e al suono di sei cortometraggi che costituiscono l’esercitazione filmica sul genere “Giallo”. Parallelamente parteciperanno, insieme agli studenti del corso intitolato a Sergio Miceli, agli incontri in masterclass con i registi e i musicisti ospiti del festival. “Un’esperienza didattica intensiva”, sottolinea Gianfranco Cabiddu, “che mette in relazione il lavoro di regia, montaggio e sonorizzazione, con una particolare attenzione ai suoni d’ambiente, missaggio, ecc. nella splendida isola sarda in un settembre sempre generoso di bello, un prolungamento d’estate, prima di ritornare al CSC a Roma dove prenderà vita l’ultima fase del corso con il Mixaggio del suono e la color”.

Gianfranco parlaci un po’ della scuola. Io sono tre anni che insegno al Centro sperimentale, hanno partecipato a questo festival altri docenti della scuola. Sentivamo l’esigenza di dare ai ragazzi un “tempo oltre”, come succede già agli artisti maturi nei festival, un tempo e un luogo dove potessero stare insieme e scambiarsi le esperienze, conoscersi per riflettere sui loro lavori e per scardinare così questa settorializzazione del cinema che come ho detto prima non aiuta nessuno. C’è una selezione molto severa. Ci sono sei posti per ogni settore. E le domande ogni anno tantissime. 

Come sta il cinema italiano? E’ pieno di talenti, l’unico vero problema è che siamo poco coraggiosi produttivamente. Vorrei anche far notare quanto sia esploso il cinema delle donne. Nel giro di pochi anni tantissime registe hanno portato nelle sale pellicole di ottima qualità. La regia non è più solo degli uomini, oggi possiamo dirlo finalmente. Hanno portato la potenza del loro sguardo che mancava. E’ un bel momento per tutti. 

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