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Venezia, Gassman: "nel film di Andò sono un cialtrone, figura drammaticamente presente in Italia"

"Una storia senza nome" è il film che racconta la vicenda del furto della tela della Natività del Caravaggio a Palermo nel 1969 per mano della mafia

Venezia, Gassman: "nel film di Andò sono un cialtrone, figura drammaticamente presente in Italia"
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7 Settembre 2018 - 22.59


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Dal Festival di Venezia dove è stato protagonista insieme a Micaela Ramazzotti e Renato Carpentieri del film di Roberto Andò “Una storia senza nome”, Alessandro Gassman approfitta per un commento sulla situazione italiana, partendo proprio dal ruolo che interpreta nel film: “rappresento il cialtrone, una figura drammaticamente presente nella nostra società, che è permeata di cialtronaggine. Il cialtrone ci fa ridere e questo è causa dei nostri problemi. Se andremo a sbattere, cosa che non mi auguro, è perché continuiamo a ridere e la risata è sempre più amara e preoccupante. Sono contento che un personaggio così nel film sia rappresentato adeguatamente”.

Nel film Andò parte dal reale furto della Natività di Caravaggio a Palermo nel 1969, finita in mano a Cosa Nostra: “I pentiti hanno inventato varie versioni sulla sorte del quadro, per accreditarsi come credibili – spiega il regista -. Facevano come gli sceneggiatori, mettevano un elemento vero e 20 falsi”. Nelle varie versioni si va dalla prima di Francesco Marino Mannoia, secondo cui il quadro fu rubato dalla mafia su commissione per un collezionista ma la tela una volta srotolata si sbriciolò, a chi dice che il quadro fu dato in pasto ai maiali o che Riina usasse la tela come scendiletto. Fino all’ultima versione raccontata da Gaetano Grado alla commissione antimafia di Rosy Bindi, secondo cui il quadro fu rubato da due ladri comuni. Poi la mafia se ne sarebbe impossessata per pochi spicci e l’avrebbe venduta a un collezionista che l’avrebbe tagliata e spedita in quattro pezzi in Giappone. “Sono partito dal voler fare un film sul cinema. Seguendo la vicenda del quadro diventa un dispositivo investigativo alla ricerca della verità – dice il regista – E’ una commedia ma anche un giallo aperto, nella tradizione italiana”. Nel film, un investigatore in pensione (Carpentieri) decide di svelare la storia dietro il furto del quadro a Valeria (Ramazzotti) timida segretaria di un produttore, che in realtà è una sceneggiatrice di grandissimo talento che lavora in segreto per l’ultrapremiato sceneggiatore Alessandro Pes (Gassmann), che da anni non riesce più a scrivere. La storia mette subito in moto la produzione di un lungometraggio per il quale viene chiamato alla regia il grande cineasta Jerzy Kunze (Jerzy Skolimowski in un riuscito cameo). La mafia, però, non è contenta che i propri affari vengano svelati e passa all’azione. Oltre allo sceneggiatore, anche i rappresentanti del governo nella storia fanno la figura dei cialtroni: “L’Italia è sicuramente nel pieno di un momento di commedia, viviamo un’unione del tragico e del ridicolo. Gli uomini politici più che suscitatori di speranze sono portatori di ridicolo”. Almeno, “c’è il talento, che ci salva, nella vita come nel film, sennò verrebbe veramente da disperarsi” aggiunge Micaela Ramazzotti. Il suo personaggio “vive inizialmente nel suo mondo, nel quale è felice. Poi arriva la svolta della donna, entra in contatto con se stessa, scopre che le piace anche rischiare. E’ il primo film di Roberto che ha per protagonista una donna e sono onorata che abbia avuto fiducia in me”. Per Carpentieri, “questo è un film pieno di ombre e ambiguità, e il mio personaggio le rispecchia. E’ una commedia noir, o meglio come dice Andò una commedia beffarda”.

 

 

 

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