L'ignorata guerra all'Aids sul grande schermo: è "120 battiti al minuto" di Robin Campillo | Giornale dello Spettacolo
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L'ignorata guerra all'Aids sul grande schermo: è "120 battiti al minuto" di Robin Campillo

Un film, designato dalla Francia per la corsa agli Oscar, che racconta in 114 minuti l'azione dei militanti di Act Up-Paris negli anni '90.

L'ignorata guerra all'Aids sul grande schermo: è "120 battiti al minuto" di Robin Campillo
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29 Settembre 2017 - 12.16


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L’aids ha mietuto dagli anni 90 ad oggi ben 42 milioni di persone, ed è ben lungi dall’estinguersi, visti i 36 milioni di sieropositivi al mondo. Più che una battaglia, quella contro l’Hiv è stata una vera e propria guerra, che non si è ancora risolta con una vittoria definitiva della medicina.

A questa guerra, ancora in corso, Robin Campillo ha dedicato ‘120 battiti al minuto’, film già passato al Festival di Cannes dove ha vinto il Gran Prix della Giuria e che ora arriva in sala con Teodora dal 5 ottobre.

Un film, designato dalla Francia per la corsa agli Oscar, che racconta in 114 minuti l’azione dei militanti di Act Up-Paris negli anni ’90 contro l’indifferenza generale verso i malati di Aids. E questo attraversi dibattiti, azioni creative non violente, per informare, prevenire, risvegliare le coscienze e richiamare la società alle proprie responsabilità. “Dopo la candidatura agli Academy anche la destra ha mostrato di sostenerci e, con non molta forza, lo stesso Eliseo. Ma – spiega il regista a Roma -, io non mi sento di andare a rappresentare la Francia agli Oscar, ma la cosa a cui tengo davvero è che anche negli Stati Uniti vedano il film. Il regista, nato in Marocco nel 1962 e attivista negli anni ’90 con Act Up, ribadisce più volte di non credere troppo nella politica.

“Oggi in Francia, dopo 25 anni, il presidente Macron pensa ancora che l’Aids sia una cosa del passato. Negli anni ’90 i malati morivano come mosche, ma oggi al contrario ci sono terapie e trattamenti efficaci e non più nocivi che rendono, tra l’altro, le persone affette da questa patologia non più contagiose. Ma ci vuole comunque la volontà politica per rendere note queste cose – aggiunge Campillo -. E questa volontà non c’era allora e non c’è neppure oggi. Bisogna che le persone facciano i test e e che si facciano poi pressioni sulle case farmaceutiche per ridurre i prezzi dei farmaci. Concentrarsi infine su prostitute, omosessuali e migranti. Il 50 per cento di questi ultimi non sono malati al loro arrivo in Europa, ma contraggono il virus solo successivamente”.

Nel film anche la storia d’amore piena di passione tra Nathan (Arnaud Valois), nelle fila degli attivisti di Act Up-Paris, e Sean (Nahuel Pérez Biscayart), uno dei militanti più radicali del movimento. Una storia d’amore accompagnata nel film sullo sfondo dei molti ‘caduti’ per la malattia. “Ma in tutto questo – spiega Campillo – non ci ho mai visto Eros e Thanatos. Certo è facile confondere il sesso con l’amore e nel caso dell’Aids c’è come un linguaggio consequenziale. Fai sesso e puoi morire, ma è un simbolismo che io ho come voluto eliminare”. L’uso della musica house nel film “è legato al fatto che era un po’ la colonna sonora dell’epoca, una musica festosa, ma anche inquieta”.

Mentre sulla naturalezza, davvero grande, dei numerosi e lunghi dibattiti del film, spiega il regista, “è una cosa nata non a caso. Ho fatto un casting molto lungo durato ben nove mesi. Poi abbiamo provato per tre giorni e riscritto i dialoghi anche legandoli alle caratteristiche degli attori. Insomma una naturalezza affatto naturale”.

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