di Carla Benedetti
La cosa commovente è che quando lei ha fatto da aiuto regista a Pasolini, per Accattone, tutti e due eravate al primo film.
Lo incontro sulla porta un giorno – abitavamo nella stessa casa, in via Carini – e mi dice: “Ah, tu vuoi fare il cinema? Sarai il mio aiuto regista”. “Perché? Vuoi fare un film?” “Sì, faccio un film”. E allora io gli ho detto: “ Ma Pier Paolo, io non ho mai fatto un film, non sono capace”. “Neanch’io ho mai fatto un film”, disse.
E fu una grande esperienza?
Ma sì, perché ebbi modo di assistere al momento in cui Pier Paolo imparava a fare i film, o inventava una sua scrittura cinematografica, che era l’opposto di quella che avrei usata io se avessi fatto il film. Infatti, anche nella Comare secca si vede, non ho questi primi piani tragici… di quei papponi – come diceva lui, “primi piani di papponi veri” – che io come aiuto dovevo tenere, soprattutto la notte. E poi, alle tre del mattino [mi dicevano]: “famme annà! Devo andare a casa prima io, se no quella mi fa nero se non le preparo la pasta”. E’ quello che chiamo il periodo eroico dell’amicizia. Era bellissimo, vedevo che Pier Paolo inventava una scrittura che non c’era mai stata, ed era la sua scrittura. E di quello non gli sarò mai abbastanza grato.
Perché scelse lei? Se ne è fatto un’idea?
Lui mi aveva fatto pubblicare le poesie. Io gliele facevo vedere. Scrivevo e andavo da lui – stavo al quinto piano e lui al primo – a fargliele leggere. “Ah, le faccio pubblicare”- disse. E fu la fine del mio essere poeta, perché io volevo fare il cinema. Fu una decisione infantile ma decisiva. Non ho mai scritto più una poesia.
Pasolini non ha fatto in tempo a vedere il suo film Novecento. Probabilmente gli sarebbe piaciuto…
Ultimo tango non gli piacque. “E poi – mi disse – quell’attore! Super-virile!”. Si riferiva a Marlon a Brando. Poi prima di fare Salò, mi telefonò. Mi chiese se ero ancor in contatto con Marlon Brando. Io gli ho detto di no. “Peccato!”. Voleva fare San Paolo…
Con Marlon Brando?
Sì. Dopo avermi detto quello. Cambiava. E questo è bello. Ma Ultimo tango non gli piacque per niente. Io c’ero rimasto male. E infatti questa storia ci aveva un po’ allontanati.
Fu anche una crisi di crescita, come tra padri e figli?
Sì. Lo capisco più desso che allora… Mentre lui girava Salò e io Novecento – eravamo io a Parma e lui a Mantova – il giorno del mio compleanno, nel ’75, venne a Parma, perché ci fu la partita di calcio. Pier Paolo uscì dal campo mezzora prima della fine, dicendo alla sua squadra “Siete tutti dei narcisetti, non mi passate mai la palla”. E stavamo lì, seduti, a vedere la fine della partita. Ed era anche venuto a trovarmi, a un certo punto, perché giravo anche nel mantovano. “So che stai preparando Novecento, lì ci sono i tuoi contadini, sono sicuro che mi piacerà”.
L’intervista integrale di Carla Benedetti a questo link
Argomenti: Cinema