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Il cinema italiano nell’anno di Zalone

Ma nel 2016 il cinema italiano ha partorito un altro fenomeno che ha conquistato il secondo posto della classifica annuale con 17 milioni di euro: “Perfetti Sconosciuti”.

Il cinema italiano nell’anno di Zalone
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28 Gennaio 2017 - 16.48


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di Piero Cinelli

Non è stata l’annata record, come sembrava a febbraio scorso dopo le uscite di Quo vado e Perfetti sconosciuti, ma di certo è stata un annata buona. La quota della nostra produzione ha rappresentato il 28,7% di tutti gli incassi, con un notevole incremento rispetto al 21,3% del 2015. In soldoni ammonta ad una fetta di circa 190 milioni di euro (rispetto ai 661,8 milioni di tutto il boxoffice). Un dato sicuramente positivo, che però si inserisce in un quadro generale complesso e sbilanciato su molti fronti.

E’ del tutto evidente che il fenomeno Quo vado di Checco Zalone sia stato determinante, con un incasso superiore ai 65 milioni di euro (il 9% circa di tutto il mercato) per il raggiungimento di questo traguardo. Un successo esorbitante, che riconferma Checco Zalone come il più grande fenomeno che il cinema italiano abbia mai avuto. Vale la pena ricordare che nella top five degli incassi di sempre del cinema italiano i primi tre titoli gli appartengono: Quo vado (65,3 milioni), Sole a catinelle (2013 – 51,9 milioni), Che bella giornata (2011- 43 milioni) seguiti al quarto posto da Roberto Benigni con La vita è bella (1997 – 31 milioni) ed al quinto da Benvenuti al Sud (2010 – 29,8 milioni).

Ma nel 2016 il cinema italiano ha partorito un altro fenomeno che ha conquistato il secondo posto della classifica annuale con 17 milioni di euro. Stiamo parlando di Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese, una commedia ‘liquida’ come è stata definita da qualcuno, che traspira l’aria dei tempi e che vince, al di sopra di qualsiasi aspettativa, la scommessa della novità. Ma dopo questi due campioni il cinema italiano scompare dalla parte alta del boxoffice, e per trovare il terzo titolo bisogna scendere al 18° posto della classifica con L’abbiamo fatta grossa di Carlo Verdone (6,7 milioni). Insieme questi tre titoli hanno totalizzato quasi 90 milioni, una cifra che sfiora il 50% di tutti gli incassi del cinema italiano.

Una percentuale macroscopica, che conferma a livello esponenziale la tendenza del pubblico a privilegiare solo pochi titoli, i cosiddetti film evento, ignorando tutti gli altri. Vale la pena ricordare che nel 2016 ufficialmente sono usciti circa 200 titoli prodotti in Italia. In realtà quelli indirizzati al pubblico sono meno della metà, ma stiamo parlando comunque di un centinaio di film italiani, di cui solo 19 hanno superato i 2 milioni di euro, una cifra considerata appena sopra la soglia della remuneratività. Per quanto riguarda i generi, la stragrande maggioranza dei film prodotti sono commedie, che raccolgono ovviamente la stragrande maggioranza (più dell’80%) degli incassi, mentre il cinema d’autore, dopo il tris Sorrentino, Moretti, Garrone del 2015, nel 2016 non ha avuto la stessa rilevanza.

Forse anche per la minore visibilità nei festival internazionali, ad eccezione di La pazza gioia di Paolo Virzì, presentato alla Quinzaine del Festival di Cannes e Fuocammare di Gianfranco Rosi, Orso d’Oro a Berlino 2016 e candidato all’Oscar 2017 nella sezione documentari. La pazza gioia è il film d’autore di maggior successo dell’anno, con 6,1 milioni ottenuti grazie alla scelta coraggiosa di uscire a fine maggio, che gli ha permesso di restare in programmazione per quasi tutta l’estate. Mentre Fuocammare è il film italiano del 2016 che ha ottenuto maggiori consensi a livello internazionale. Purtroppo lo sbilanciamnto della produzione verso la commedia crea dei vuoti rispetto al cinema di genere, che sebbene sottodimensionato ha prodotto almeno due dei titoli più significativi dell’anno: Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti e Veloce come il vento di Matteo Rovere.

Due film che rielaborano in modo originale ed entusiasmante il cinema di genere nella realtà italiana. Ma accanto a questi titoli che hanno a vario titolo illuminato l’annata trascorsa, nel 2016 sono riemersi i problemi mai risolti del cinema italiano: stagionalità, affollamento delle uscite nel periodo settembre/ottobre-febbraio/marzo, una sovrabbondanza di commedie fotocopia, con il culmine nel periodo natalizio, che mai come quest’anno ha mostrato il proprio limite. A dire il vero non è stato solamente l’eccesso di film proposti, ben cinque cinepanettoni o presunti tali, in uscita nelle prime tre settimane di dicembre, ma anche la scarsissima originalità degli stessi, che alla fine ha penalizzato il periodo con una flessione piuttosto consistente.

Da circa dieci anni si annuncia in modo abbastanza approssimativo la fine del ‘cinepanettone’, anche se negli ultimi tre anni il genere ha cercato di rinnovarsi, ma mai come quest’anno la commedia italiana natalizia ha mostrato la propria debolezza. I cinque titoli proposti nelle prime due settimane di dicembre (Poveri ma ricchi (5,6 milioni), Natale a Londra (3,7 milioni), Non c’è più religione (3,5 milioni), Un Natale al Sud (2,9 milioni), Fuga da Reuma Park (2,6 milioni) hanno incassato complessivamente poco più di 18 milioni, una cifra che fino a pochi anni fa (vedi Natale in Sud Africa e similari) veniva realizzata da un solo titolo. Ma il problema dell’eccesso di offerta dei titoli italiani non si limita solamente al periodo natalizio, ma caratterizza tutti i mesi invernali (un centinaio di film che escono in un periodo di 5/6 mesi), riproponendo la necessità di programmare i film, italiani compresi, anche nei mesi estivi. A questo proposito vale per lo meno il doppio il successo de La pazza gioia di Paolo Virzì, maggiore incasso del regista (6,1 milioni, contro i 5,7 milioni realizzati da Il capitale umano, uscito a gennaio 2013) ottenuto grazie all’uscita di fine maggio.

In conclusione il 2016 ci lascia un’eredità importante ma che va saputa cogliere. A cominciare dalla scommessa sulle nuove proposte, dal talento dei nuovi autori e dei nuovi interpreti, da quello dei grandi autori (vedi Virzì) che accettano di mettersi in gioco, dalla candidatura all’Oscar di Fuocammare e inoltre dall’ urgenza di stabilire un nuovo calendario. Un anno benedetto dall’ombra lunga di Santo Zalone, come ormai lo chiamano gli esercenti: un genio, un volpone, un mostro… sicuramente un grande, grandissimo personaggio di cui sentiremo ahimé la mancanza nel 2017.

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