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Intervista alla regista di Era d'estate: "Volevo fare un film libero"

In concomitanza con la settimana della legalità e con il 24° anniversario dalla strage di Capaci, è uscito “Era d’estate” per la regia di Fiorella Infascelli.

Intervista alla regista di Era d'estate: "Volevo fare un film libero"
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25 Maggio 2016 - 11.32


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di Margherita Sanna In concomitanza con la settimana della legalità e con il 24° anniversario dalla strage di Capaci, è uscito nelle sale italiane il 23 e 24 Maggio, “Era d’estate” per la regia di Fiorella Infascelli. Siamo all’Asinara nell’estate del 1985, il giudice Giovanni Falcone (Massimo Popolizio), la sua compagna Francesca (Valeria Solarino), e il giudice Paolo Borsellino (Giuseppe Fiorello) e la moglie Agnese (Claudia Potenza), insieme alle loro famiglie, sono stati prelevati dalle loro abitazioni e costretti a vivere lì, nel supercarcere sardo, senza sapere null’altro che di essere in pericolo grave a Palermo. E così, in questa “parentesi sarda” delle loro vite, Falcone e Borsellino prepareranno il maxi processo, ma non solo. Il film – prodotto da Fandango e Rai Cinema con il sostegno di Sardegna Film Commission e della Regione Lazio – si sofferma sull’intimità fra i due giudici e fra questi e le reciproche famiglie, mostrandoci un volto inedito, intimistico, dei due pilastri della legalità italiana. Due uomini umili, semplici, che con il loro sacrificio hanno cambiato la storia. Privo di alcuna retorica, il film di Fiorella Infascelli trascina lo spettatore fra le pieghe della personalità di Falcone e Borsellino, tracciandone un ritratto ricco di sfumature e umanità. Intervista Fiorella Infascelli e Massimo Popolizio

Partiamo dal titolo, Era d’estate è anche il titolo di una raccolta di racconti in cui è presente anche quello del figlio di Borsellino, Manfredi (Editore Pietro Vittorietti, a cura di Roberto Puglisi e Alessandra Turrisi, 2010). È per questo che il film si chiama così?
Fiorella Infascelli: Sì. È stato tutt’e due. Quando io sono andata a conoscere Manfredi – che è stata la prima persona che ho conosciuto – lui mi ha fatto leggere il suo racconto, che io pensavo si chiamasse “Era d’estate”, in realtà si chiamava così un libro. Poi ho dimenticato tutta questa cosa e ho scritto un soggetto che si chiamava “Era d’estate”. Pazzesco! E se n’è dimenticato anche Manfredi. Quando adesso il film è uscito, dopo un po’ Manfredi mi ha detto “Era d’estate ti ricordi che era il titolo del libro, puoi metterlo nei titoli di coda?”. Gli ho risposto “e come faccio a metterlo nei titoli di coda? Adesso troviamo un sistema” però insomma è stata una grandissima rimozione mia, e anche di Manfredi. Ad un certo punto il film non si è chiamato più “Era d’estate”. Quando noi abbiamo girato il film all’Asinara, avevo scritto la sceneggiatura (tante versioni!) con Antonio Leotti, e lo volevamo chiamare “Mille volte addio” che riprendeva la scena in cui Paolo recita Giulietta e Romeo. Questo titolo non piaceva assolutamente al produttore, però noi avevamo battuto tutti i ciak. Noi della troupe volevamo chiamarlo la pilotina (ridono entrambi), spiegale (dice a Massimo Popolizio).
Massimo Popolizio: questa pilotina stava sempre in mezzo e faceva prr prr, è una barca che c’era là.
Fiorella Infascelli: e costava più di tutti noi!!!

E quindi questa pilotina ritornava sempre in ogni inquadratura…
Fiorella Infascelli: Sì, era molto presente e allora per scherzo ad un certo punto tutta la troupe diceva “la pilotina.. la pilotina”. In realtà il film si chiamava in tutti i ciak “Mille volte addio”, il produttore ha odiato questo titolo. Quando ha visto i ciak ha detto “io tolgo il nome se si chiama Mille volte addio”. Come lo chiamiamo? Era d’estate. Io ho detto: “era d’estate? Ma che era d’estate? Questo titolo orribile!” E lui ha risposto: “è quello con cui hai convinto me a fare il film”. E così si chiama “Era d’estate”.

Di film su Falcone e Borsellino ce ne sono tanti, e tra l’altro con attori la cui fisicità è più vicina ai due giudici di quella di Massimo Popolizio e Beppe Fiorello, ha sentito un senso di responsabilità maggiore questa volta rispetto agli altri film che ha fatto?
Fiorella Infascelli: Moltissimo.

Secondo lei che cosa aggiunge rispetto alla cinematografia già esistente il suo film?
Fiorella Infascelli: (ride)
Massimo Popolizio: una visione più intima credo. Però guarda è vero che non gli assomigliamo fisicamente, però poi gli assomigliamo molto.

Sì, per la sinergia fra gli attori!
Massimo Popolizio: Sai, molto spesso le interpretazioni nascono da dentro, non nascono solo da fuori, la costruzione esterna per arrivare a un’interpretazione. Ma c’è anche un modo più interno.
Fiorella Infascelli: Io non trovo che non gli somiglino, anzi penso che gli somiglino molto. Io non ho assolutamente voluto fare la somiglianza, non ho cercato gli attori per la loro somiglianza, né abbiamo fatto nessun trucco per somigliare, l’unica cosa che avevo detto era di fumare ogni tanto, non sempre proprio per non fare sempre loro che fumavano. Ma il destino ha voluto che ho montato tutti ciak dove loro fumavano sempre. Però secondo me invece c’è una somiglianza molto forte, e rispetto a tutti gli altri film è uno solo: tutti gli altri sono sceneggiati – senza togliere nulla agli sceneggiati-.
Massimo Popolizio: anche con attori bravissimi, amici.
Fiorella Infascelli: sì, attori molto bravi. Ma non sono mai stati approfonditi degli argomenti che questo film approfondisce. La diversità sta nel fatto che tutti gli sceneggiati e tutti i film che sono stati fatti, hanno in 2 ore messo dentro tutta la storia di Falcone e Borsellino, quello di Zingaretti riguarda quei 53 giorni, ma nessuno ha preso un momento per cercare di capire com’erano loro umanamente, com’era il loro rapporto, cercare di far capire – e io avrei fatto ancora di più – come lavoravano. Negli sceneggiati, nei film, lavorano, zoom, si vede un minuto e mezzo mentre lavorano, ma non si capisce come lavoravano.

E come lavoravano?
Fiorella Infascelli: Falcone e Borsellino quando lavoravano, quando facevano i processi, facevano una cosa fondamentale che erano “le calate”, cioè loro chiedevano e volevano avere il riscontro di tutto, e Falcone non andava a processo se non aveva tutte “le calate” possibili e immaginabili per sapere che sennò quel processo falliva, cosa che è successa negli ultimi tempi nella nostra nazione mi pare, che non ci sono abbastanza calate per incastrare le persone, e senza dire i nomi… Berlusconi. Questo era il metodo, poi li aiutava la passione, la memoria, però c’era questa cosa mostruosa che loro volevano avere il riscontro di quello, di quell’altro, e poi di quell’altro ancora.

E questo viene mostrato benissimo nel film
Fiorella Infascelli: l’avrei voluto mostrare molto di più, avrei voluto farlo capire molto di più. Ecco secondo me la diversità è in questo: far capire – anche se il pubblico non capisce niente di quello che dicono su Kobakine – secondo me è importante vedere come lavoravano.
Massimo Popolizio: l’impeto con cui lavoravano.

Nel film c’è una lettura di Dalla Chiesa alla moglie morta. Come l’ha trovata e come mai ha deciso di inserirla?
Fiorella Infascelli: Perché nell’ordinanza loro hanno incluso 7 lettere di Dalla Chiesa. Io ero abbastanza sconvolta che Dalla Chiesa scrivesse queste lettere meravigliose, così affettuose, tutte le sere, alla moglie morta. Era già sposato.
Massimo Popolizio: Lui scriveva alla prima moglie che non c’era più, tutte le sere, la chiamava “cocca mia”.

E’ stato un momento molto intimo, sottolineato anche dalla presenza di Francesca (Valeria Solarino) dietro Falcone, sulla porta, inizialmente non vista da lui, che ascoltava e osservava la dolcezza del compagno, che per tutto il periodo della vacanza all’Asinara è stato il più “rompipalle” diciamocelo.
Massimo Popolizio: (ride) sì, ci credo! Dal suo punto di vista era stato fregato
Fiorella Infascelli: (ride) Non era il più rompipalle, era il più angosciato, era quello che aveva il maxi in testa. Era quello che aveva convinto Buscetta a parlare e avendolo convinto a parlare, aveva capito per la prima volta come funzionava la Mafia.
Massimo Popolizio: era il più sospettoso. Dice: “qua se i faldoni non arrivano possiamo stare qua altre quattro settimane e non si fa più il maxi processo”.

Che poi quest’angoscia dell’attesa dei faldoni è rimarcata in un modo in cui non è mai stato visto negli altri film. Perché negli altri è rappresentata solo la scena in cui si vedono loro che lavorano nella celletta all’Asinara.
Fiorella Infascelli: Solo in un film, e si vede per un secondo l’Asinara.
Massimo Popolizio: c’è una battuta in cui Falcone dice: “dopo il domicilio coatto hanno inventato la vacanza coatta”. Tu immagina che Falcone non era uno che amava molto i bambini, era un po’ misantropo, non stava molto per la famiglia, quindi lo metti là, con i bambini, i problemi familiari, è bello vedere questa specie di metamorfosi, era un po’ un orso da un certo punto di vista. Alla fine del film è anche un po’ addolcito. Credo che si capisca che c’è un percorso che fa Falcone: alla fine è diverso da com’è arrivato. Ma sono tutti e due un po’ diversi. Secondo me questo interludio gli rimane addosso. Ma il bello è che si dice che è una vacanza ma non lo è, nel film aleggia sempre l’idea di morte. Ripeto: non è un’isola felice l’Asinara, è un’isola di sofferenza. Si va pure a nuotare e si pesca, ma non stanno in Grecia.

Immagino che sia tutto documentato quello che ha scelto di rappresentare…
Fiorella Infascelli: ci sono dei punti fermi e poi ho inventato.

Quali sono le fonti che ha utilizzato?
Fiorella Infascelli: ho parlato con tutti loro che erano stati all’Asinara, con Agnese Borsellino, con il direttore del carcere Massidda, con Guarnotta che faceva parte del pool, ho parlato con Gianmaria Deriu che era la guardia che stava dentro con loro. Ho parlato con tutte le persone possibili per capire com’erano andati i fatti. Ognuno se li ricorda in un modo diverso, quindi del tutto inattendibile, perché ognuno ti dice una cosa diversa, ogni ricordo è diverso per le persone. Le persone modificano i ricordi, poi dipende dall’età anche, per cui un bambino si ricorda una cosa, la mamma in un’altra, il rappresentante delle istituzioni in un altro perché è colpito da un’altra cosa. Punti fermi erano: Caponnetto li ha presi, come li ha presi era vero, li hanno portati, erano in 50. C’era Cutolo. Lucia ha avuto quest’anoressia da shock e che Paolo portando Lucia a Palermo, ha riportato dei faldoni. Dopodiché è tutto inventato.
Massimo Popolizio: che hanno pescato anche è vero, ci sono delle fotografie del pesce che mangiavano.
Fiorella Infascelli: come non ero dietro la somiglianza fisica, così non volevo ricostruire tutto, volevo fare un film molto libero. Dopo in sceneggiatura mi sono inventata quello che andando a studiare, intervistare, parlare, avrebbero potuto dire.

Perché solo due giorni nelle sale italiane (23 e 24 maggio)?
Fiorella Infascelli: (ride) Perché 01 Distribution ha deciso così ed io pensavo che era buono perché l’ha fatto con tantissime copie che andavano dappertutto, anche in profondità. Tutti avremmo probabilmente voluto che uscisse come un film normale, però quando è stato proposto questo ho pensato che era molto buono e che doveva diventare due giornate molto simboliche e molto da combattenti, molto di movimento, diventava qualcosa oltre il film.

C’è la possibilità che venga trasmesso in Rai?
Fiorella Infascelli: sì, passa in prima rete e in prima serata. Prima su sky e poi sulla rai. Le date ancora non le sappiamo.

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