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‘Il ponte delle Spie’, il film di Spielberg sulla Guerra fredda

Un film raro che ci narra la costruzione, mattone per mattone, di quello che segnerà il confine tra Occidente ed Est Europa per quasi 30 anni.

‘Il ponte delle Spie’, il film di Spielberg sulla Guerra fredda
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Claudia Sarritzu Modifica articolo

17 Dicembre 2015 - 22.07


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Ieri è uscito al cinema ‘Il ponte delle Spie’, il nuovo film di Steven Spielberg, un thriller drammatico che narra la storia di James Donovan (Tom Hanks), un famoso avvocato dell’assicurazione di Brooklyn che si ritrova al centro della Guerra Fredda quando la Cia lo ingaggia per un compito quasi impossibile: la negoziazione del rilascio di un pilota americano dell’U-2.

In questa pellicola si assiste alla costruzione, mattone per mattone, di quello che segnerà il confine tra Occidente ed Est Europa per quasi 30 anni.“Mio padre era andato in Russia durante la Guerra Fredda, dopo la cattura di Francis Gary Powers”, racconta Spielberg. “Mio padre e altri tre colleghi della General Electric stavano facendo la fila per vedere i resti dell’aereo spia U2 che i russi avevano messo in mostra per chi volesse vederli, e che comprendevano anche l’uniforme da volo e il casco di Powers. La fila era molto lunga, ma a un certo punto due militari russi si avvicinarono a lui e ai suoi amici, chedendo loro i documenti; quando si resero conto che erano americani, li portarono all’inizio della fila, non per agevolarli, ma per indicargli i resti dell’aereo e ripetergli, più volte, con astio: ‘Guardate cosa sta facendo il vostro Paese’!’ Poi restituì i passaporti a tutti e quattro. “Non ho mai dimenticato quella storia e ho deciso di raccontarla a modo mio”.

In un momento storico in cui la Guerra Fredda sembra essere tornata , il film riesce a emozionare il pubblico che rivive un periodo della storia post bellico poco raccontato e ricco di tensione . L’atmosfera è grigia, cupa, si percepisce la solitudine del protagonista interpretato egregiamente da un Tom Hanks che non delude mai.  Questo film dunque appare necessario perché fa comprendere ai giovani che tutto il male del mondo non si fermò con la Seconda Guerra mondiale ma continuò ancora per altri 70 anni.  

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