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Valsecchi: il film sul papa? L'operazione più complicata della mia vita

Il film su papa Francesco di Luchetti, il nuovo film di Checco Zalone, l'esordio al cinema dei The Pills: intervista di Marco Spagnoli al produttore Pietro Valsecchi.

Valsecchi: il film sul papa? L'operazione più complicata della mia vita
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7 Dicembre 2015 - 11.11


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di Marco Spagnoli*

Tre film molto attesi targati Taodue e distribuiti da Medusa segnano in maniera importante la stagione cinematografica a cavallo tra la fine dell’anno e le prime settimane del 2016. Titoli diversissimi tra loro come quello di Daniele Luchetti dedicato a Papa Bergoglio ed intitolato Chiamatemi Francesco – Il Papa della Gente; il ritorno di Checco Zalone davanti alla macchina da presa con Quo Vado diretto ancora una volta da Gennaro Nunziante; l’esordio degli YouTuber The Pills con Sempre meglio che lavorare. Produzioni che hanno come minino comune denominatore la passione e l’impegno del loro produttore Pietro Valsecchi che spiega: “Una produzione come la nostra deve diversificare: sono abituato a lavorare molto e a fare cose molto diverse durante l’anno quindi sono preparato a portare sullo schermo film anche molto eterogenei, accompagnandoli con la cura e l’attenzione che hanno tutte le nostre produzioni. Devo ammettere, però, che il film su Papa Francesco è stata l’operazione più complicata che ho realizzato nella mia carriera, perché ci stavamo occupando di una delle personalità e delle ‘voci’ più importanti del mondo.” Il film sarà anche il primo mai presentato in Vaticano e questo risultato è il frutto di un lungo lavoro che Valsecchi e il regista Daniele Luchetti hanno portato avanti insieme.

“Siamo stati in Argentina e abbiamo incontrato tante persone che ci hanno offerto i loro ricordi e le loro impressioni sulla vita e sulla personalità di Mario Bergoglio. È stato un film molto difficile che rappresenta una grande esperienza umana. Il nostro sforzo è stato premiato dal fatto che siamo riusciti a raggiungere una verità narrativa in qualche maniera ‘ispirata’ dalla figura dello stesso Papa Francesco.” Continua il Presidente di Taodue “Quando mi chiedevo chi fossi io per raccontare una storia tanto importante, ho trovato la risposta nella semplicità in cui nella sera della sua elezione si è rivolto a tutti quanti, credenti o meno che fossero. Per me era importante raccontare la storia esemplare di un uomo come lui.”

C’è poi il film di Checco Zalone, Quo Vado, forse il film più atteso, per ovvie ragioni da parte del mercato…
Trovo che Checco e Gennaro Nunziante si siano superati perché hanno dato vita ad una grande sfida produttiva tra Italia, Africa e Polo Nord. Una storia diversa che, al tempo stesso, però, è molto divertente e pieno dell’umorismo e dei sentimenti che caratterizzano il lavoro di un personaggio graffiante, contemporaneo ed intelligente come Luca Medici. C’è poi la sfida di The Pills cui molti guardano come la cartina di tornasole del rapporto tra Web e Cinema… Sono rimasto immediatamente colpito dal linguaggio di The Pills e dal loro stile. Al tempo stesso, però, era importante realizzare qualcosa che mirasse ad andare oltre la loro nicchia di pubblico, pur restando fedeli al linguaggio molto diretto che si sono inventati e che esercita una grande empatia sui giovani.

Definirebbe questa un’operazione coraggiosa?

No, credo che il vero coraggio del produttore stia nel trovare nuovi talenti e di affrontare temi differenti rispetto al passato, seguendo lo sviluppo della narrazione in ogni dettaglio. Questo per fare dei film riusciti e per rafforzare il nostro cinema italiano. Nella nostra cultura c’è il Neorealismo dove tutti erano alla ricerca di qualcosa di nuovo. Il nostro Dna è quello di metterci sempre costantemente in gioco. Non possiamo puntare sul sicuro, bensì dobbiamo provare a trasmettere la nostra esperienza ai giovani per cercare di sostenerli. È ovvio che a noi non interessava prendere The Pills e mandarli allo sbaraglio sul grande schermo. Volevamo dialogare, confrontarci per costruire un film che fosse basato su una storia, su un racconto, su dei tempi.

Qualche anno fa anche un film con Checco Zalone sembrava un ‘rischio’. Oggi le cose sono molto cambiate…

Io mi fido molto del mio istinto: se qualcuno mi diverte davvero o mi emoziona, credo che possa raggiungere un pubblico davvero molto vasto. Credo che sia necessario andare di pancia e non solo di testa quando ti confronti con nuove storie da raccontare. Ovviamente tutto questo non basta: bisogna poi lavorare a tutti i livelli per tradurre le idee in linguaggio.

In questo senso quanto l’ha influenzata la sua esperienza come produttore televisivo?

La televisione è una grande palestra: quando fai sessanta serate all’anno dovendole scrivere, condividerle con gli sceneggiatori, lavorare sul dettaglio di ogni puntata dalla musica al ritmo è evidente che, poi, quando ti approcci ad un film puoi farlo con dei presupposti molto forti. Al cinema la sfida è un’altra: è creare una grande storia autoconclusiva e di alta qualità; è fare uscire la gente di casa; mettere i presupposti per continuare sempre ad innovare. Ed è questo impegno costante ad attirarmi. A questo punto della mia carriera potrei ritirarmi a guardare il mare, ma – in realtà – non fa parte della mia visione del mondo e del mio modo di pensare. La mia passione sta nel raccontare storie: al cinema ed in televisione.

Qual è la sua valutazione del mercato theatrical?

Abbiamo un problema con le sale che dovrebbero diventare più accoglienti trasformandosi in veri e propri salotti. Ma al di là del dovere rendere l’andare al cinema un’esperienza decisamente più ‘cool’ per i giovani e non solo, dobbiamo impegnarci sui contenuti, diversificandoli il più possibile. Abbiamo bisogno di più autori, di più registi e dobbiamo, sull’esempio dei Francesi, diversificare i generi. La dicotomia tra commedia e cinema d’autore non può più funzionare. Abbiamo bisogno di nuovi film e di fare della ricerca. Dobbiamo sviluppare una filosofia che si declini sul prodotto, sul marketing, sulla fattura della produzione Il nostro compito è emozionare il pubblico. È a quest’ultimo che dobbiamo sempre pensare. Io credo, invece, che in questo momento manchino contenuti di questo tipo.

Il suo approccio è, però, quello da produttore televisivo americano ovvero il cosiddetto showrunner che si occupa sia della creazione dei contenuti e della loro veicolazione verso il pubblico, nonché dei numeri…

Penso che i giovani produttori siano molto bravi anche più di me e di molti della mia generazione. Guardi, ad esempio, la Kimera film e il lavoro fatto sull’ultimo film di Claudio Caligari oppure a quello che Wildside ha realizzato anche con l’esordio di PIF. Ma non dimentico i produttori più consolidati come ad esempio Cattleya. Da parte mia sono contento del fatto che molti giovani talenti, scrittori, attori, registi cresciuti con me alla Taodue si siano poi affermati ai più alti livelli credo che sia necessario un ricambio generazionale per dare voce alle nuove possibilità del nostro cinema. A sessant’anni il mio desiderio è comunicare la mia esperienza agli altri e di fare sistema come fanno i Francesi. Personalmente non capisco le invidie e gli odi. Io sono convinto che quando qualcuno riesce ad avere successo tutti noi dobbiamo essere contenti, perché il successo porta risorse economiche e entusiasmo all’intero sistema. Invece purtroppo spesso in Italia si cerca sempre di screditarlo. Io credo che sarà solo un impegno comune a dare una vera e propria svolta. Altrimenti si tenterà di continuare a replicare l’ultimo successo di turno senza, piuttosto, comprendere il senso del lavoro che lo ha realizzato.

Come guarda al mercato estero?

Sono meno interessato alle coproduzioni e molto di più all’idea di sviluppare prodotti che funzionino in tutto il mondo. Come nel caso del film sul Papa che ha le carte in regola per raggiungere tutti i mercati e altri titoli che possono essere esportati diversamente come format e remake. Io credo che l’era di Netflix e di Amazon apra delle vere e proprie autostrade per i contenuti. La domanda sarà sempre più alta e avremo tutti quanti la possibilità di produrre a patto di scommettere su storie innovative e interessanti al di fuori dei nostri confini.

Dal punto di vista cinematografico a cosa sta lavorando adesso?

All’esordio alla regia di Frank Matano che con me racconterà una sua storia molto divertente. Un altro grande talento su cui scommetto è Edoardo Ferrario e sono sicuro che sarà una grande sorpresa.


*Questo articolo è stato pubblicato sul numero 7 dell’edizione cartacea del Giornale dello Spettacolo. Per leggerlo [url”CLICCA QUI”]http://goo.gl/xsgC7E[/url]

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