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Michele Fornasero: ecco smoKings, doc a tinte gangster

Il documentario, che racconta la storia al vetriolo dei fratelli Messina e della loro fabbrica di sigarette, è in uscita domani 5 marzo 2015 a Roma e Torino.

Michele Fornasero: ecco smoKings, doc a tinte gangster
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4 Aprile 2015 - 09.01


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di Davide Monastra

Dopo la premiere italiana al Festival dei Popoli di Firenze, a novembre 2014, dove ha vinto il primo premio come miglior documentario italiano, e dopo aver ricevuto un premio della Giuria al Visions du Réel International Film Festival in Svizzera, è in uscita a Roma (Nuovo Cinema Aquila) e Torino (Cinema Fratelli Marx) domani 5 Marzo (e dal 19 marzo 2015 in altre città capozona) “smoKings” di Michele Fornasero. Il documentario sarà distribuito dalla casa di produzione torinese Indyca, alla sua prima esperienza distributiva, in collaborazione con I Wonder Pictures. Il progetto è il risultato di quattro anni di lavoro tra le mura della fabbrica di sigarette Yesmoke di Settimo Torinese, in provincia di Torino, e approfondisce la storia dei due proprietari, i fratelli Carlo e Giampaolo Messina, tra cause giudiziarie, in primis quella che li ha coinvolti con la Philip Morris, contestazioni contro le lobby del tabacco e la vita di tutti i giorni.

“Il mio film lo definisco un gangster movie, mi piace raccontarlo così – ha spiegato il regista -. Poi vedo che anche chi lo ha già visto ha pensato la stessa cosa. So che c’è chi lo ha definito come un western all’italiana, girato nel mondo del business, ma soprattutto non lo hanno reputato troppo noioso. Io lo vedo come un gangster che non si prende troppo sul serio e che ha anche dei momenti di complessità che fanno riflettere: questa è una cosa che mi piace molto”.

Lo sguardo di “smoKings” è concentrato sulle vicende giudiziarie, la quotidianità familiare e il desiderio dei fratelli Messina di “sconfiggere”, attraverso la loro piccola fabbrica, le lobby del tabacco: “Nel mio documentario – ha spiegato Fornasero – ci sono delle persone e io ho cercato di raccontarle. Certo i protagoniti di questa storia non sono Olivetti. Sono personaggi che stanno cercando di mettere i bastoni tra le ruote ai grandi, alle multinazionali. Sono più come Carlito’s Way o i protagonisti di Quei Bravi Ragazzi: per questo ho deciso di immaginarli e ho riproposto una scena del film Le Iene di Tarantino, un regista che amo moltissimo. Questo riferimento è scaturito dal fatto che uno degli elementi chiave di tutta questa vicenda è la vendetta: mi sembrava impossibile non citare proprio quel film”.

Come è nata l’idea di questo documentario?

Ci sono capitato un po’ per caso. Nel 2008 stavo realizzando con Gabriele Vacis un documentario che si intitola “Lo scampolo di paradiso”, in cui ci chiedevamo perché la periferia Torino e in particolare Settimo Torinese non fosse diventato come Scampia. Mi sono così imbattuto in questa fabbrica di sigarette, la Yesmoke, di cui non sapevo l’esistenza. Allora sono andato a vederla e subito mi sono accorto che era un po’ sui generis. Appena entri ad esempio sembra un’associazione anti-fumo e non una fabbrica che vende sigarette.
Ho parlato quindi con Giampaolo Messina, che mi ha raccontato con molta leggerezza la sua storia, come se fosse normale il fatto che la Philipp Morris facesse causa a qualcuno per 550 milioni di dollari. Io e Gabriele Vacis siamo caduti un po’ dalle nuvole e quindi abbiamo cercato di inserire la storia dei fratelli Messina già in “Lo scampolo di paradiso”, però sbilanciava davvero troppo la struttura narrativa del documentario. Quindi nel 2010, dopo aver finito tutti gli altri progetti, sono ritornato a parlare con loro, spiegando che volevo fare un film raccontando la loro vicenda. Così mi sono messo alle loro calcagna per quattro anni: li ho filmati, ho aspettato di vedere che cosa succedeva e poi ho realizzato “smokings”.

Che difficoltà hai incontrato nella realizzazione di “smoKing”?

Difficoltà ce ne sono state tantissime, soprattutto perché non c’è stata nessun tipo di collaborazione né da parte dello stato, né delle multinazionali. Da quest’ultime me lo aspettavo, perché alla fine racconto la storia di questi due italiani che cercano di fare le scarpe a queste grandi aziende: era normale che le multinazionali fossero poco propense a rilasciare interviste. A me però interessava sentire tutte e due le campane della storia, non solo quella della Yesmoke. Ma è stato impossibile.
Devo ammettere che mi ha stupito di più l’atteggiamento dello Stato Italiano. I monopoli non ci hanno voluto rilasciare nessuna dichiarazione: né per spiegarci la situazione dell’azienda dei fratelli Messina, né spiegarci come funziona il sistema italiano, né il loro punto di vista. Avrebbero potuto dire quello che volevano, io avrei riportato le loro dichiarazioni così com’erano. Invece si sono proprio rifiutati. Questo mi ha colpito molto di più rispetto al no che ho avuto dalle aziende straniere. Il mio obiettivo non era di fare dei personaggi della Yesmoke degli eroi tout court.

In ”smoKings” è subito chiaro che è una storia dove non ci sono buoni o cattivi, un racconto dove il tuo punto di vista è il più obiettivo possibile.

Essere obiettivi è uno dei pochi punti saldi di chi realizza documentari. Quando inizi a lavorare a un documentario devi ancorarti a quello che succede. Ho iniziato proprio pensando: “In questa storia non ci sono i buoni o i cattivi”. Ci sono però i piccoli contro i grandi e soprattutto ci sono delle persone, complesse che non hanno per forza cattivi o buoni”. Insomma ho cercato di mettere in scena delle persone reali, che hanno pregi e difetti, che non sono o bianche o nere, ma anche di altri colori come poi avviene nella vita reale.

Che tipo di lavoro hai fatto con i fratelli Messina?

All’inizio Giampaolo e Carlo non volevano partecipare a “smoKings”. Si aspettavano che le riprese sarebbero durate solo qualche mese, tipo un servizio giornalistico. Io ovviamente gli ho spiegato che tutto sarebbe durato molto di più. Diciamo che ci siamo addomesticati a vicenda. Abbiamo imparato a fidarci. Ad esempio quando gli ho chiesto di intervistare la loro mamma, ho rischiato che saltasse il film. Loro non volevano mostrare il loro lato personale, non volevano che qualcuno invadesse la loro privacy e i loro affetti. Poi, quando erano un po’ più tranquilli, hanno deciso che anche quella scena poteva essere ripresa. Tutto quello che succede è reale. Ho avuto tempo e pazienza. Ero lì con le telecamere e ho aspettato. La cosa evidente fin da subito è stata che loro due, durante le riprese, si innescavano tra di loro. Io davo il “La” e finivano a parlare tra di loro: non parlavano più con me. Io ero presente, ma era come se non esistessi per Giampaolo e Carlo.

Quali sono stati i tuoi modelli cinematografici di riferimento?

Non ho avuto modelli a cui mi sono ispirato per questo film. La citazione evidente è quella di Tarantino, ma è stato un volerci giocare apertamente, senza far finta che sia un’idea mia. Giocare anche con loro a fare i gangster. Sono stati molto ironici a prestarsi a quella ripresa.

Il 27 novembre 2014, alla vigilia della presentazione di “smoKings” al Festival dei Popoli, i fratelli Messina sono stati arrestati con l’accusa di contrabbando di tabacchi lavorati ed evasione per 90 milioni di euro. Adesso sono in attesa del processo. Che idea ti sei fatto di tutta questa vicenda?

Io mi trovo molto in sintonia che una frase detta dalla signora Messina: nella vita devi fare qualche cosa che ti piace e che ti interessare. Lavorare solo per i soldi è una cosa triste che ti creerà solo problemi e niente altro. Loro lo hanno capito da subito e hanno cerco di farlo, senza potersi poi troppi problemi su che tipo di lavoro fare. Nel business delle sigarette anzi ci sono capitati per caso. Non avevano la vocazione di vendere tabacco.
Io mi sono fatto un’idea sul mondo del tabacco, dove c’è una corruzione e un sistema “storto” che è evidentissimo. Evidentissimo anche adesso che loro sono stati arrestati. Il governo Renzi ad esempio a gennaio 2015 ha imposto nuovamente la tassa minima sulle sigarette e lo ha fatto adesso che non c’è più nessuno in mezzo ai piedi che può fare ricorso, dato che loro due sono in carcere. Hanno alzato di nuovo i prezzi delle sigarette. Al di là che loro siano colpevoli o meno per quello che vengono accusati, gli altri intorno, forse, sono peggio. Loro non sono degli eroi, questo si capisce anche dal documentario, ma quelli che ci sono intorno a loro sono veramente… dei lestofanti, ecco.

I protagonisti di questa vicenda sembrano infatti due bambini che sanno di dare fastidio ai grandi, ma continuano per dispetto.

Sì, è proprio così. E in questa storia i grandi non si fanno scrupoli a tagliarti le gambe. Io non ho alcun elemento per affermarlo ma non mi stupirei se domani mi dicessero che dietro al loro arresto ci fossero i grandi, perché sono in grado di fare questo tipo di cose.

Del resto sono stati i fratelli Messina a riuscire per un anno a far togliere la tassa minima, che era stata dichiarata illegittima e c’è stata libertà di prezzo. Adesso l’hanno inserita. Ma non hanno alzato le accise: non è stato il governo italiano a imporre un aumento. No, è di nuovo un accordo tra le multinazionali che hanno alzato i prezzi di 20 centesimi. Capisci? Anche la Yesmoke, attualmente guidata da un amministratore nominato dal giudice, è stata costretta ad alzare i prezzi dei suoi pacchetti di sigarette. Lo Stato, secondo me, dovrebbe intervenire, perché non è corretto che se qualcuno decide arbitrariamente di aumentare i prezzi allora tutti devono farlo.

Come sarà distribuito il documentario in Italia?

La distribuzione in Italia è un’impresa titanica. Noi abbiamo pensato di fare due uscite a Roma e Torino e poi dal 19 marzo allargarci ad altre città come Milano e Bologna. Abbiamo già un accordo per aumentare il numero di sale e portare “Smoking” in giro per l’Italia. È già previsto questo aumento di copie e stiamo collaborando con I Wonder Pictures, proprio per distribuirlo in altre sale e trovare esercenti disposti a proiettarlo.

Dopo “smoKings”, hai intenzione di realizzare un film di finzione?

Sì, l’ho sempre voluto fare. Il documentario per me è un’ottima storia per capire cosa è vero e cosa è falso. È un’ottima palestra che ti porti dietro, anche perché pure nei documentari ci sono dei momenti di finzione. Sei sempre con una telecamera e la persone risente del fatto che la stai osservando. Bisogna sempre capire se stai riprendendo qualcuno che indossa una maschera o no. L’idea è di continuare a fare documentari, ma di dedicare anche del tempo ad un prodotto di fiction.

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