La regista Anne Fontaine ha incontrato la stampa per presentare il suo ultimo film “Gemma Bovary”, che ha [url”aperto l’edizione numero 32 del Torino Film Festival”]http://giornaledellospettacolo.globalist.it/Detail_News_Display?ID=76852&typeb=0&Lo-squattrinato-Tff-e-gia-sold-out-[/url].
Il film è tratto dall’omonima graphic novel di Posy Simmonds, a sua volta chiaramente ispirata al celeberrimo romanzo “Madame Bovary” di Flaubert. “Dopo aver letto ‘Gemma Bovery’ ho capito che avrei voluto farci un film, perché ne ho subito apprezzato l’originalità. L’opera è molto precisa ma non è una pellicola cinematografica, quindi mi sono rifatta al testo – ha dichiarato la regista – ma ho dovuta farla diventare un’opera adatta alle sale cinematografiche”.
Gemma Bovery racconta la storia di Martin Joubert, un benestante ex-parigino, che più o meno volontariamente si è trasformato in un villaggio della Normandia per perpetuare il lavoro di suo padre nella panetteria di famiglia. Tutto ciò che rimane delle sue ambizioni giovanili è una fantasia vivace e un’altrettanto viva passione la per la grande letteratura, Gustave Flaubert in particolare. La sua vita cambia infatti quando una coppia di inglesi dai nomi particolarmente familiari al romanzo si trasferisce in paese. Ma non sono solo i nomi dei nuovi arrivati, Gemma e Charles Bovery, a destare la sua curiosità, anche le loro azioni, infatti, che sembrano ispirarsi ai personaggi di Flaubert.
“Ho letto Madame Bovary come tutti i francesi già da bambina e trovo questo romanzo straordinario perché la protagonista cambia sempre a seconda dell’età in cui si legge il romanzo: Flaubert ha creato un archetipo universale di donna che durerà per sempre” ha dichiarato la regista che però ha voluto precisare che “la mia Gemma però non Emma. La storia che vive sullo schermo cinematografico è tutta nella testa di Martin: è lui a vedere in questa donna le fattezze della protagonista del romanzo. In questo specifico caso, è l’immaginazione ad essere più forte della vita reale”.
Del resto “il film è completamente diverso dal romanzo – ha precisato la regista -. Con Flaubert il mio lavoro è come un gioco di specchi. La mia intenzione principale era quella di non far sentire sperduto uno spettatore che non ha mai letto l’opera”.
Anche sulla scelta degli attori, nonostante siano completamenti diversi da come sono stati rappresentati nella graphic novel, Anne Fontaine non ha avuto mai dubbi: “Una volta visto il potenziale, mi è subito venuto in mente Fabrice come protagonista della trasposizione, perché lui è l’unico attore francese che può incarnere l’amore spudorato per la letteratura. Per quando riguarda invece Gemma Arterton l’ho incontrata a Londra, dopo aver fatto centinaia di provini. Mi è bastato che mi dicesse: ‘Bonjour, Anne”, mentre si sfilava sciarpa e cappello che ho subito capito che era lei la mi protagonista. E poi è difficile resiste al suo fascino”.
Per quanto riguarda invece le riprese, la regista ha precisato che per lei era importanto mostrare tutta la storia attraverso, come detto, gli occhi di Martin (Luchini): “Nel modo di filmare questa donna e i suoi movimenti ho volutamente fatto in modo che il punto di vista sia principale fosse quello del fornaio: dai suoi occhi arrivano i profumi ed una forza sensoriale: un erotismo non agito ma immaginato, che secondo me è più forte e difficile da rappresentare”.
Infine la regista ha parlato del suo prossimo film, per rispondere a chi le chiedeva se nel suo futuro si vede ancora a dirigere commedie: “Non credo. La prossima storia sarà ambientata in Polonia nel 1946 in un convento dove ci sono 7 suore tutte in attesa di un bambino, dopo essere state violentate ripetutamente dai soldati russi. Si tratta di una storia vera. Dubito che sarà un film comico”.