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L’attimo è fuggito

Ho incontrato per la prima volta Robin Williams nel 1993 quando ha presentato a Roma, Mrs.Doubtfire. In 20 anni l'ho intervistato più volte: esplosivo, irriverente, esilarante.

L’attimo è fuggito
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12 Agosto 2014 - 10.17


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di Marco Spagnoli

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Ho incontrato per la prima volta Robin Williams nel 1993 quando ha presentato a Roma alla Casina Valadier, Mrs.Doubtfire film di cui si stava lavorando al sequel e che ieri è stato, ovviamente, ‘cancellato’ dalla produzione appena giunta la notizia della scomparsa del suo inimitabile protagonista.

Nelle due decadi successive ho intervistato più volte Robin Williams: esplosivo, irriverente, esilarante; partecipare ad una sua conferenza stampa era come andare ad uno spettacolo di uno standing comedian ironico, geniale, pieno di passione. Intervistarlo singolarmente significava trovarsi di fronte una persona complessa e attentissima.

Sono convinto che la maniera migliore per ricordare qualcuno sia attraverso le sue parole e non solo tramite i commenti degli altri: quello che segue è un editing di diversi incontri con questo grande e indimenticabile artista che la mia generazione ha conosciuto come l’alieno pazzerello della serie televisiva Mork & Mindy per essere segnata, alla fine della decade successiva, più di quanto sia stato riconosciuto, da un film ‘seminale’ come L’attimo fuggente.

Quel professore irriverente e insolente, ma al tempo stesso pieno di cultura e passione, di senso della tradizione e per la storia e la letteratura rappresenta una grande influenza per tutti quanti.

‘Carpe Diem’

“La più grande follia che ho fatto per amore è stata quella di sposarmi.” A Robin Williams piace scherzare quando parla del suo matrimonio, così come faceva il suo idolo, il comico degli anni Trenta, Groucho Marx autore della famosa battuta “Non è la politica a separare le persone, ma la vita coniugale.”
Più seriamente, Williams, quando parla di sua moglie Marsha ha parole molto belle e gentili. “Se non ci fosse stata lei, io non sarei qui in questo momento.” Ed è sincero nei confronti della donna che, dice, ‘mi ha salvato’. Ma da cosa? Anche se non lo spiega esplicitamente, Williams sembra riferirsi agli eccessi tipici delle grandi star hollywoodiane, quegli stessi che – qualche anno fa – gli fecero coniare l’aforisma geniale: “La cocaina è il mezzo che Dio ha trovato per dirti che stai facendo troppi soldi.” Oggi, però, tutto sembra cambiato e la vita che conduce l’attore è tutt’altro che fuori dagli schemi. Anzi. L’interprete di film come Good Morning Vietnam, L’attimo fuggente, Mrs. Doubtfire, Risvegli e premio Oscar per Will Hunting – Genio Ribelle dice di essere molto più ‘tranquillo’ che in passato e di non avvertire la pressione del lavoro. “Non recito più in grandi produzioni, semplicemente perché non me ne offrono. Mi dedico a film più piccoli ed indipendenti proprio per questo motivo. Anche perché trovo ruoli più profondi e interessanti.” Esilarante e incontenibile in pubblico, Williams assume un tono vagamente malinconico quando è nel privato. Prima dell’intervista ci dice di conoscere bene la solitudine e di non averla mai temuta. Anzi. Figlio unico, Robin Williams era un ragazzo introverso che aveva deciso di seguire la carriera politica prima di iniziare a studiare recitazione. Poi, il grande successo della serie televisiva Mork & Mindy lo ha catapultato nell’universo hollywoodiano fatto di luci e di ombre. Quello stesso mondo dove l’aiuto economico concreto dato in maniera molto discreta al grande amico Christopher Reeve è stato spesso oggetto di sorpresa da parte di colleghi incapaci di capire che spesso l’uomo può essere grande quanto l’artista. “Non importa se – qualche volta – le persone con cui hai a che fare non ti capiscono.” Riconosce l’attore “Tutti noi abbiamo una sola fiamma di follia che non dobbiamo permettere a nessuno di spegnere. Per questo mi sento distante da Hollywood e dal suo mondo. Ed è così che ho deciso di vivere a San Francisco…”

Cosa ama di quella città?

E’ una città né troppo piccola, né troppo grande, fatta di piccoli quartieri costituiti da realtà diverse. Puoi andare a piedi e non sei costretto a vivere in macchina come a Los Angeles. Puoi usare la bicicletta e vedere il mare. Io vivo vicino all’Oceano dove fa molto freddo e ci sono tanti squali. Sto a fianco del Golden Gate. Così se mi andasse male come attore so dove posso andare per suicidarmi. In più San Francisco è una città piena di sorprese: vedi una vestita da suora eppoi scopri – quando si gira – che è un tizio muscoloso con i baffi…

Cosa fa quando non lavora?

Sono un grande appassionato di ciclismo. La maggior parte del mio tempo libero la trascorro in bicicletta. Faccio di media ottanta chilometri al giorno e quando non ho molto tempo cerco di farne almeno venticinque. Per questo motivo quando sono in giro per il mondo e non ho la mia bici con me cerco di camminare il più possibile.

Adoro passeggiare in città che non conosco o che mi piacciono molto come Roma.
Cosa le piace dell’Italia?

Tutto. E’ un paese che amo molto. Adoro le persone, la moda e il cibo. Mi divertono molto anche le vostre automobili così piccole. Un’auto americana facendo un incidente con una vostra Smart direbbe: “Devo avere un moscerino sul parabrezza.” Se le mangerebbero a colazione…

C’è qualche piatto che ama in particolare?

Sono ghiotto dei tartufi bianchi in tutte le maniere possibili, della pasta con il pesce e della crostata di ciliegie.

Arrivato a questo punto della sua carriera cos’è per lei la recitazione?

La mia più grande gioia come attore è esplorare il comportamento umano. Cerco di trovare qualcosa di sempre nuovo. Tento di comprendere tutti gli aspetti della mente e della psicologia umana. Alle volte bisogna andare un po’ sopra le righe e altre rientrare nei ranghi. E’ qualcosa di molto terapeutico, una sorta di schizofrenia legalizzata. Puoi diventare qualcuno e poi tornare indietro. E’ come saltare un po’ di qua e un po’ di là. E’ una sorta di droga estatica senza pasticche…

Il rapporto con i registi come va?

Alle volte è magnifico. Altre no. Purtroppo non c’è nulla di peggiore per un comico che lavorare con un autore che non capisce quello che fa ridere e quello che non fa ridere. E’ come essere inquadrati da un direttore della fotografia cieco…
Lei, spesso, è andato in Iraq e in Afghanistan per sostenere le truppe americane. Perché lo fa? Lei non è mai statoù un sostenitore di George W. Bush…
Sostenere Bush non c’entra nulla. Quei ragazzi sono lì e io desidero fare in modo che – almeno per qualche sera – non si sentano dimenticati. Qualcuno mi chiede se è pericoloso. Certo, non è una passeggiata, ma sinceramente io non tengo i miei spettacoli nelle zone dei combattimenti.

Ha mai avuto paura?

Una volta stavamo atterrando in Afghanistan e – ad un certo punto – abbiamo sentito la radio dire: “Attenzione. Missile lanciato.” Scesi dall’elicottero i soldati si sono messi il giubbetto antiproiettile, l’elmetto e hanno caricato il colpo in canna nel fucile mitragliatore. Poi mi hanno guardato e mi hanno detto: “Non ti preoccupare, non c’è nulla da temere.” Esibirmi davanti alle truppe non significa essere un fan di George W. E’ una sensazione interessante per un comico sapere di dovere fare ridere davanti a centinaia di persone armate fino ai denti e pronte ad usarle.

E come spiega la rielezione di George W. Bush?

Farmaci disciolti nell’acqua. La stessa che, forse, bevete in Italia e vi ha fatto eleggere Berlusconi…Sinceramente credo che sia stata una combinazione di paura e ignoranza. Pensavamo che dopo quattro anni la gente si sarebbe accorta di quello che fa. E’ così bizzarro che la verità sia stata ignorata a proposito di temi importanti come l’economia, la disoccupazione, la sicurezza delle città…c’è molto da chiedersi sulla sua presidenza. A partire dalle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein che – quando è stato catturato – sembrava Nick Nolte che dice: “Dove cavolo mi ritrovo?” Cosa ha fatto Bush? L’inflazione è su, l’educazione è giù, il paese è in bancarotta! Non c’è da preoccuparsi, però, a parte i nostri ragazzi in guerra stiamo tutti bene! Ah no, un attimo: dimenticavo gli uragani. Arriva Kathrina e lui se ne sta ancora una volta in vacanza. La sua spiegazione è che gli uragani non possono essere previsti. Non è vero: in cento anni ce ne sono almeno quattro all’anno. Il problema è che non avendo sottoscritto le regole del protocollo di Kyoto, oggi sono più forti e distruttivi che in passato a causa dell’effetto serra. Non avere un piano per gli uragani in America oggi è come dire di non avere idea di come comportarsi quando fai l’amore…Del resto il capo della protezione civile era precedentemente il presidente di un’associazione collegata alla cura dei cavalli arabi: anche i cavalli si sono lamentati di lui!

Si candiderebbe mai a Governatore come ha fatto Arnold Schwarzenegger?

Se pensa che Bill Clinton ha avuto dei problemi per il suo passato, il mio mi perseguiterebbe. Eppoi queste situazioni rubano il lavoro a noi comici: cosa c’è stato di più assurdo ed esilarante di un governatore austriaco come Arnold Schwarzenegger con l’accento tedesco in uno stato abitato principalmente da cittadini di origine messicana e ispanica?
Ogni volta che gli sento pronunciare la parola “immigrazione” con il suo forte accento tedesco mi viene da dire ai miei figli: “Bambini, presto, scappiamo in macchina…”

Quale attore vorrebbe venisse eletto come governatore della California dopo Schwarzenegger?

Nessun dubbio: Jack Nicholson. Già me lo vedo nel suo spot che seduto sorridente fumando un sigaro ammicca alla telecamera dicendo. “Ehi amico, rilassati e non ti preoccupare di nulla. C’è qui Jack che si prenderà cura di te, baby…”

Perché negli ultimi anni ha concentrato la sua carriera sul cinema indipendente e su film più piccoli?

Semplicemente perché non mi hanno chiesto di fare più i film hollywoodiani. Il problema di questo tipo di cinema è che nel momento in cui li finisci li devi anche vendere se li vuoi mostrare a qualcuno. Quando un tuo film non ha distribuzione ti senti sempre come uno di quei distributori di volantini sulla Quarantaduesima strada a New York City. Alle volte la pornografia è decisamente più facile da distribuire di un film indipendente dove, però, in genere trovi storie e personaggi più interessanti che nel cinema mainstream. Gli Studios stanno iniziando a produrre alcune pellicole più piccole perché si sono resi conto di quanto materiale molto buono si può trovare tra questi giovani registi e sceneggiatori. Per me non lavorare con uno Studio non è qualcosa che mi manca, in quanto non sento assolutamente il bisogno di leggere quei bigliettini che loro ti danno con i loro appunti che – in genere – sono sempre molto strani.

C’è una distanza tra la sua concezione del cinema e quella hollywoodiana?
Diciamo che c’è una distanza tra me e Hollywood visto che abito a San Francisco.

I suoi personaggi di questi ultimi anni sono, spesso, molto malinconici…
All’inizio della mia carriera ho iniziato ad interpretare commedie perché ero un comico puro. Con questi ultimi film la malinconia arriva, perché è il mood dell’intera America. In più alla mia età trovo un certo appeal in personaggi che non siano puramente comici, ma che abbiano anche elementi di tristezza.
Parlando di comicità: spesso i personaggi che lei interpreta hanno qualche problema di natura psicologica. C’è un legame tra comicità e follia?
Durante le riprese di Risvegli sono diventato amico di Oliver Sacks. Siamo rimasti in contatto e – a dire il vero – mi ha presentato a sua volta molti strani suoi amici: schizofrenici, parkinsoniani, depressi cronici, super eccitati. E non era solo gente di Hollywood, no, no. Non erano solo dirigenti delle Major…Scherzi a parte io mi sono sempre sentito attratto dal disordine mentale. I portatori di queste malattie mi hanno sempre attratto e il segreto per portare sullo schermo queste persone è fare tantissima ricerca tentando di essere il più accurato e dettagliato possibile. Oliver mi ha sempre aiutato dandomi molti consigli…

Ha mai pensato di dirigere un film?

No, mai. Non ne sento affatto il bisogno. Ho lavorato con dei grandi registi e conosco bene la pressione cui sono sottoposti. Ho lavorato con dei registi non tanto grandi e conosco bene la pressione…E’ un talento di cui dispongono alcuni attori come – ad esempio – George Clooney, altri – come me – no.
I bambini di oggi la conoscono per la serie Una notte al Museo….
Diventare Teddy Roosevelt sullo schermo è stato molto singolare: era stato messo al potere dagli industriali, ma al tempo stesso si era molto impegnato per la politica ambientale stabilendo un sistema di parchi nazionali e di protezione civile. Era un repubblicano coraggioso e una brava persona. Definizioni che – da tanto tempo – non sono pronunciate insieme, risultando quasi ‘contraddittorie’. E’ stato un onore interpretare un uomo come lui.
Poi ha interpretato un altro film di enorme successo come Happy Feet..
Due film dall’enorme risultato al box office sono molto rari oggigiorno. I capi degli Studios si inginocchiano e rendono grazie a Dio cercando vergini da immolare. E sacrificare una vergine a Hollywood è un’impresa molto, molto dura…Subito dopo, però,” confida a Nick l’attore “Ho fatto tappa a Las Vegas ad una serata di beneficenza. Il che suona un po’ strano. Per uno che è appena uscito dalla clinica per liberarsi del vizio dell’alcol andare a Vegas è come cercarsi un ospedale per disintossicarsi in Colombia.

Si parla di Mrs. Doubtfire 2…

Sì, ma è un film che si farà quando avremo in mano una sceneggiatura al livello di quella dell’originale. Altrimenti non avrebbe senso…
E’ stato duro sottoporsi al trucco per quattro ore al giorno?
Per me sì, ma molte mie amiche mi hanno detto che con lo stesso tempo loro riescono soltanto a mettersi la matita sotto gli occhi.

Era difficile recitare vestito da donna?

Abito a San Francisco e lì uscire vestiti da donna è una cosa abbastanza normale.

A chi si era ispirato per la voce di Mrs.Doubtfire?

Un po’a Margareth Tatcher in versione al cortisone ed un po’ad
un regista scozzese di nome Bill Forsythe che ha lo stesso accento di Mrs.Doubtfire con l’unica differenza che Bill non porta la gonna.
Non temeva che il doppiaggio, in alcuni paesi come l’Italia potesse rovinare il film?

No, perché so che in tutti i paesi dove i miei film sono doppiati, ci sono sempre ottimi attori a prestarmi la loro voce.

In questo senso che tipo di esperienza è stata quella di dare la voce al genio
della lampada nel film di Walt Disney, “Aladino”?

Io ho realizzato più di sessanta voci per il personaggio del genio. Le dirò che mi sono molto divertito a farlo, traendone un compenso molto basso e questo non mi è importato molto, perché a me piace fare film che mi divertano e che divertano il pubblico, che in questo caso era principalmente composto da bambini, tra cui c’erano i miei tre figli.

Quali sono i comici che l’hanno più influenzata?

Stanlio&Ollio, i Fratelli Marx e Ronald Reagan.

All’inizio della sua carriera, ovvero nei primi anni ottanta, lei fece un film molto divertente, ma anche molto duro che si chiamava Mosca a New York, che prendendo spunto dalla storia di un russo che chiedeva asilo politico negli Stati Uniti, rifletteva sulla condizione degli immigrati in America…
Quando ho girato quel film ho incontrato molti russi, perché, per esigenze di copione, fui costretto ad imparare il russo. Così li ho conosciuti molto bene e so che per loro, questo è un problema molto serio e molto grave. Quando loro scapparono negli Stati Uniti la cosidetta “Cortina di ferro” non era ancora diventata uno straccio da cucina. Si erano lasciati dietro gli amici, i parenti, la casa e talvolta anche una donna. Erano arrivati in America con un grande senso di libertà, ma sentivano nel profondo della loro anima anche la perdita di qualche cosa di immenso.
Adesso è più facile. Il mio maestro di russo, infatti, è tornato a Mosca e lì lavora per una compagnia televisiva americana, ma all’epoca viveva momenti di dolore e di incertezza terribili. Cosa accadrebbe se lei dovesse lasciare l’Italia e ci fosse qualcuno che le dicesse che non potrà mai tornare indietro? Sarebbe tremendo per lei, credo, così come los arebbe altrettanto per me. Noi americani siamo un popolo di immigrati.Il nostro paese è stato fondato dai Padri Pellegrini, che erano persone
talmente puritane, che addirittura gli Inglesi gli diedero un calcio nel sedere…soltanto “Toro seduto” ed i suoi potevano e possono dirsi “veri Americani.”

Tra i suoi colleghi comici italiani c’è qualcuno che stima in particolare?

Roberto Benigni: un comico, ma anche un uomo che sa cosa sia la politica. Mi piacerebbe lavorare con lui perché è oltraggioso e perché ha spinto la sua ironia facendo cose oltraggiose. Non ha, forse, preso in giro anche il Papa? Però non era questo Papa qua vero? Non il Papa tedesco o ‘Papa panzer’? Forse sarebbe meglio un Papa brasiliano che ballava la samba con le suore dette ‘sorelle del ritmo’…ragazzi…così il Vaticano si riempirebbe di nuovo…oppure ci potrebbe essere un Papa afroamericano chessò “Pope Diddy I”…la sua Papa Mobile avrebbe delle casse con hip hop a tutto spiano…

Lei è un ottimista?

Diciamo che sono un realista che quando sta con la sua famiglia o con le altre persone tende all’ottimismo, quando guarda le notizie alla Cnn è molto pessimista. Nutro, però, delle speranze per il futuro. Soprattutto se le donne avranno più spazio anche in politica. Guardo per esempio alla mia vita: le donne hanno un approccio differente con l’esistenza e con la complessità delle cose. Il potere di dare la vita le obbliga a guardare diversamente all’esistenza rispetto agli uomini che sono sempre un po’ rozzi e sbrigativi. Le donne rappresentano l’equilibrio: se non avessi mia moglie avrei cento biciclette e nessuna casa. Il matrimonio è davvero – come dicono – il dono di continuare a dare, mentre il divorzio è il dono di continuare a prendere…

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