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Nel Servizio Pubblico si insultano Falcone e Borsellino: in un paese civile ci sarebbero le dimissioni

Invece, pare che la Rai si stia limitando ad aprire un'inchiesta e che abbia richiamato alla vigilanza. Ma non basta.

Nel Servizio Pubblico si insultano Falcone e Borsellino: in un paese civile ci sarebbero le dimissioni
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

10 Giugno 2019 - 18.11


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In quale altro Paese saldamente democratico e civile poteva accadere che si insultasse la memoria di uomini come Falcone e Borsellino in un canale televisivo pubblico senza che direttori e filiera tutta dei responsabili vivessero un altro giorno ancora al loro posto? E invece accade, e accade in Italia.
E questo mi fa pensare che il nostro non è più, da qualche tempo, un Paese saldamente democratico e civile. Insultare, come si è permesso che accadesse, Falcone e Borsellino tra un 23 maggio e un 19 luglio, date che ci ricordano sacrifici umani commensurabili solo al sacrificio di Giacomo Matteotti ( lo cito perchè proprio oggi ricorre l’anniversario della sua uccisione per mano fascista ), vuol dire avere disprezzo delle basi del nostro Stato democratico e dei suoi valori fondanti. Vuol dire, pensare di poter fare ogni cosa impunemente, forse anche con un ritorno personale.
Nel caso della scandalosa puntata di Realiti di Rai2, vuol dire anche poter inseguire un difficile punto di share calpestando tutto e tutti, pure la memoria quando questa è sacra. Pare che la Rai apra una inchiesta, che abbia richiamato questo e quell’altro a vigilare, che il format verrà rivisto e controllato perchè non prenda altre derive vomitevoli. Non basta. Interventi che non siano decisi rischiano di apparire ammissione di correità, condivisione di un disprezzo per la parte migliore della nostra Storia. Impunità dopo impunità.
Tutto era assolutamente prevedibile se solo i vertici della Rai e della Rete avessero avuto coscienza democratica da una parte, e lucidità dall’altra. Invitare un cantante neomelodico che non ha mai nascosto la propria adesione alle peggiori espressioni “culturali” di mafia e camorra non era, non poteva essere “colore” da aggiungere al “colore” di Enrico Lucci. L’unico colore prevedibile era quello dorato della canna della pistola ostentato in un video dal neomelodico siciliano.
Eppure, visto che la Rai sarebbe anche informazione, bastava informarsi anche solo con un vero cronista (anche interno) per sapere cosa nasconde il mondo apparentemente colorato dal neomelodico in Sicilia come a Napoli. Senza criminalizzarlo nella sua interezza, a chi rispondono spesso, a cosa servono tanti dei loro concerti nei quartieri di Palermo, della Catania di Nico Pandetta, o di Napoli: rastrellare consenso mafioso a buon mercato regalando una serata di festa, diffondere una cultura dell’illegalità che esalti il crimine, soprattutto il crimine organizzato basato sulla affiliazione, e seminando il disprezzo per la legalità e per chi la legalità difende a costo della vita. Se non si sanno queste cose, o se si fa finta di non saperle, vuoi per mantenere il potere, puoi per farsi bello con il governo editore, non si possono assumere, non si può continuare ad occupare, ruoli di responsabilità nella più grande realtà culturale del Paese.

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