di Francesco Troncarelli
Fisico possente, portamento elegante, sguardo magnetico che affascina e incanta tutti. E’ tornato Sandokan, la tigre della Malesia. E subito la folla si è scaldata. Flash a raffica, selfie per i più fortunati, ressa di fan e addetti ai lavori sul red carpet.
Kabir Bedi al Roma Fiction Fest insieme al cast del celebre sceneggiato televisivo per l’omaggio a Sergio Sollima, il grande regista romano scomparso la scorsa estate che insieme al produttore Elio Scardamaglia realizzò la fortunata serie e a cui è stata dedicata una retrospettiva dagli organizzatori della manifestazione.
Un evento nell’evento, sia per la popolarità dell’attore indiano, che a quasi quarant’anni dalla trasmissione del primo episodio (6 gennaio 1976, primo canale della Rai), è rimasta inalterata, sia per l’importanza di quella serie che ha segnato un’epoca nella storia della nostra televisione.
“Sandokan give me the world”, Sandokan mi ha dato il mondo ha spiegato Bedi per far capire come l’interpretazione di quel personaggio abbia dato un colpo d’ala e una svolta internazionale alla sua carriera (anche un 007, Operazione Piovra dell’83), facendolo conoscere ovunque. E per meglio ribadire il concetto ha realizzato un corto molto coinvolgente in cui racconta il suo Sandokan e quel successo lungo quarant’anni, che è stato proiettato in anteprima.
Scorrono le immagini, mentre la sua voce calda profonda narra la storia di questo boom mediatico (sembra che sia il suo doppiatore storico Pino Locchi a parlare in inglese) e capisci il carisma di un attore speciale che grazie all’intuito di Sollima, dall’oggi al domani in tutto il mondo divenne Kabir Bedi.
Insieme a lui, c’erano anche gli altri protagonisti del cast, la bella e brava Carole Andrè “la Perla di Labuan”, il riflessivo e tenebroso Andrea Giordana noto come colonnello William Fitzgerald nei vari episodi, i fratelli Guido e Maurizio De Angelis autori della colonna sonora e del celebre brano che scalò le classifiche di mezzo mondo (oltre sei milioni di copie) e l’eclettico costumista Caracciolo.
Personaggi di un mondo dello spettacolo fatto da grandi professionisti che con coi loro ricordi e testimonianze hanno fatto rivivere le atmosfere del set e di sei mesi di lavorazione tra prenotazioni e relative attese di giorni per una telefonata a casa (altro che cellulari ed internet attuali), bagni a tutte le ore con la troupe sempre in costume e artigianale realizzazione sul posto di abiti e arredamenti vari.
Di questa straordinaria avventura lavorativa, hanno parlato anche i figli d’arte, a cominciare da Stefano Sollima che ha seguito le orme paterne diventando un regista di talento (Acab, Suburra. Romanzo crimimale, la serie e Gomorra la serie,) e la sorella fotografa Samanta, che hanno ricordato la fanciullesca gioia di seguire le riprese “vedendo i grandi che facevano quello che ogni bambino sognava di fare, impugnare una spada, andare a cavallo …” per proseguire con i figli di Adolfo Celi alias il raja di Savarak James Brooke, che hanno parlato con le immagini dei super 8 girati durante le riprese, una sorta di affettuoso e storico back stage ante litteram.
Tutti in ogni caso sono stati concordi nel sottolineare oltre alla evidente bravura e professionalità di Sollima, la sua signorilità ed eleganza e una caratteristica ironia nel vivere la vita. “Regista amabile ma deciso” come l’ha definito il veterano del cinema Sal Borgese, sicuramente un maestro versatile e dal sicuro mestiere (western, noir, spy stories, tv) e con la passione per la scrittura, apprezzato dalla critica e dal pubblico.
A convincerlo a fare del romanzo di Salgari uno sceneggiato televisivo, come si diceva allora, fu Tullio Kezich. Sollima fu entusiasta di poterlo realizzare per il piccolo schermo ed inizialmente pensò al giapponese Toshiro Mifune per il ruolo di Sandokan, un mostro sacro del cinema mondiale. Pose comunque una condizione, girarlo “alla Umberto D”, cioé sui luoghi veri, con attori asiatici e assoluto realismo.
E così fu. Per il protagonista della storia tratta da due romanzi della saga salgariana, La Tigre di Mompracem e I pirati della Malesia, puntò alla fine su un attore semisconosciuto, Kabir Bedi che si era presentato ai provini in India per la parte del temibile Tremal-Naik (poi affidata a Kumar Ganesh, cameriere di un albergo di Madras).
«Era un attore emergente, un bisteccone un po’ grassoccio che si muoveva come una diva del muto» raccontò Sollima in una intervista ad Alberto Crespi. E quella scelta si rilevò quanto mai azzeccata. Il loro infatti, si rivelò un connubio artistico fecondo che col tempo si trasformò in un’amicizia vera. Il regista naturalmente ottenne di girare nelle location reali, tra India, Sri Lanka e Malesia, valore aggiunto indiscutibile della narrazione filmica.
E fu un successo strepitoso a livello mondiale. Non a caso ancora oggi “Sandokan” è considerato un’eccellenza nella produzione televisiva italiana, un titolo che rappresenta e affronta il legame tra tv e letteratura nel modo migliore e un antesignano di tutte le grandi coproduzioni internazionali successive.