Ci sono voluti tre giorni di camera di consiglio, e quasi ottanta ore per decidere l’appello sull’omicidio della piccola Sarah Scazzi. Come sappiamo, la Corte d’Assise di Taranto ha confermato l’ergastolo del primo grado per Cosima Serrano e sua figlia Sabrina Misseri, zia e cugina di Sarah, e otto anni a Michele Misseri per soppressione di cadavere, avendo lo “zio di Avetrana” fatto ritrovare dopo 42 giorni in un pozzo il corpo della sedicenne, dentro il quale lui stesso l’aveva occultata.
Sarah Scazzi, strangolata dai suoi “affettuosi parenti stretti”e poi gettata in un pozzo come uno straccio per lavare in terra, un orrendo delitto assurto agli onori della cronaca nera non senza che la stessa indulgesse sui fatti e li spettacolarizzasse in maniera esasperante e talvolta odiosa.
Siamo certi che la stagione televisiva riaprirà con programmi che tratteranno i casi di Sarah Scazzi, quello di Padre Graziano, di Roberta Ragusa, di Yara Gambirasi, di Melania Rea, e di tutti i tristissimi fatti di cronaca nera risolti e irrisolti, in una macabra sfilata di personaggi spettrali ormai entrati come incubi nelle nostre vite.
Storie come queste evocano dentro gli animi di chi assiste da spettatore, i fantasmi più neri e i peggiori sentimenti di cuorisità perversa, ma anche di rappresaglia e odio, per gli autori di fatti così agghiaccianti.
Spesso sentiamo invocare da molti la pena di morte, che per altro nel nostro paese sappiamo non praticata più da molto tempo. Invocare la pena di morte per questi atroci delitti non serve, se non a canalizzare malamente la rabbia e l’impotenza che ognuno di noi sente crescere dentro, momenti difficili nei quali il nostro stesso senso di umanità viene messo a dura prova.
Ma fare una riflessione sull’anestesia dei sentimenti davanti all’atrocità di fatti come questi che la televisione ci ammannisce quotidianamente, perchè le storie efferate fanno ascolto, è obbligo morale di tutti noi, che siamo figli e genitori, padri e mariti.
Interrogarci su questo sonno della ragione è esercizio che tutti noi dovremmo compiere più spesso, al di là della curiosità un po’ patologica che ci pervade e quasi ci obbliga ad assistere impotenti al racconto di queste storie, preferibilmente senza attendere drammatiche vicende di cronaca che non possiamo, come spesso facciamo, ricondurre banalmente a meri atti dettati della follia umana.