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Sanremo, Bastianich canta: vuoi che io moro?

Promossi e bocciati: bene Antonacci, Conchita e la Theron, male Tatangelo, Atzei e il comico Pintus. Nina Zilli e la Grandi le migliori in gara

Sanremo, Bastianich canta: vuoi che io moro?
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12 Febbraio 2015 - 10.59


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di Francesco Troncarelli

[url”@effetronky”]http://twitter.com/effetronky[/url] 7+ a NINA ZILLI

Dopo Mina, questa volta l’ex veejay s’ispira a Nina Simone, ma sempre con le sue radici jazz e bluses che ne esaltano la vocalità. La mise dorata poi le dà quel tocco in più che non guasta e la distingue. Non è “Sola” come canta, sono in molti a tifare per lei. Brava.

6 MARCO MASINI

“Che giorno è” si chiede il barbuto e cresciuto cantante toscano. La domanda se l’era già posta a suo tempo Battisti e fu un trionfo, Qui, dove la sua lei è talmente depressa da essere incapace di godersi persino il sole d’agosto, sarebbe meglio farsene un’altra. O meglio, farsene una ragione: lasciam perdere (cit. Cristian De Sica).

5- – a ANNA TATANGELO

Quando la valletta Emma ricorda al pubblico che la signora D’Alessio è stata già sei volte sul palco dell’Ariston, molti hanno avuto uno sturbo. Perché ricordare agli italiani che tra le croci che li affliggono (Imu, Marzullo, la Panda di Marino), c’è anche lei? Crudeltà allo stato puro. Canta “Libera”. Sì, libera nos a malo.

4 a JOE BASTIANIC

Dopo l’aglio nella amatriciana di Cracco, era da temere una sua rivisitazione dei carciofi alla giudia con la cioccolata. Ma l’aristochef non si è avventurato e ha preferito esibirsi. E qui è cascato il sugo sui pantaloni a chi cenava in casa mentre vedeva il festival. Joe ha starnazzato “Quando quando quando”. E il suo “Vuoi che io moro?” gli si è ritorto contro.

6- a RAF

A volte ritornano, “Come una favola”. E così il cantautore pugliese si è ripresentato dopo una vita a Sanremo. Ma è molto cambiato. Cosa resterà di quella dance pop degli anni Ottanta che lo rese famoso? Nulla. Anche se il brano è gradevole, ma forse troppo scontato.

8 e mezzo a BIAGIO ANTONACCI

Superospite coi fiocchi ma senza calzini. Con quella faccia un po’ così e quella barba di qualche giorno un po’ così che lo fanno tanto selvaggio per la gioia delle sue fan, l’ex genero di Gianni Morandi eleva il tono medio della kermesse, con un medley dei suoi brani più noti e coinvolgenti e col sentito omaggio a Pino Daniele. Applausi. Meritati.

7 e mezzo a IL VOLO

Ne hanno fatta di strada i tre tenorini. Ripuliti e corretti dalle tagliatelle di Nonna Pina-Antonella Clerici, grazie a Tony Renis, ora sono dei divi negli Usa. E sbarcano al festival con il loro bel canto all’italiana, un po’ romanza, un po’ musical, molto Claudio Villa e Bocelli. Cantano “Grande amore”, per il pubblico generalista che ha sbancato lo share, grande successo.

9 a CHARLIZE THERON

Elegante, affascinante, e a sorpresa, ironica. La diva hollywoodiana sta alle battute di Conti e le lancia a sua volta, dimostrando una carica di simpatia notevole come il suo charme. E’ il bel vedere del festival, senza se e senza ma.

7 a IRENE GRANDI

Col capello in pittoresco disordine per via di quel “Vento senza nome” che canta e che glielo ha scompigliato, la toscana è una spanna sopra gli altri. Ha personalità ma il televoto premia la merce all’ingrosso no quella rara. Staremo a vedere.

6+ a BIGGIO E MANDELLI

Vabbè, so’ i Soliti idioti e anche se scimmiottano un po’ troppo Cochi e Renato, un pregio ce l’hanno sicuro, la loro canzone è l’unica che ha un aggancio alla realtà quotidiana: “Vita d’inferno”. E c’hanno proprio preso.

5- a FRAGOLA

Nel giro di pochi giorni è passato da concorrente (e vincitore) di X Factor a Big, una rapidità che manco Renzi. Voce acerba anzichenò dice d’ispirarsi a Modugno. Certo, come Martufello a Marlon Brando.

5- – ad ANGELO PINTUS

Invece di phonarli da una parte, può mettersi pure i capelli come Moira Orfei, tanto non fa ridere a prescindere. Ma è giusto così. I suoi venti minuti di “comicità” sono serviti ai telespettatori per lo stop and go del pisolino, un toccasana per arrivare fino in fondo.

9 a PINO DONAGGIO

“Io che non vivo più di un’ora senza te, come posso stare una vita senza te, sei mia…”. Sanremo di fuoco 1965, edizione stratosferica. Come quella canzone che è diventata un successo mondiale. 50 anni dopo quel boom che dura ancora, il giusto tributo al suo autore e interprete. Standing ovation.

5 a BIANCA ATZEI

Atzei chi? Quando viene annunciata, molti pensano si sia tornati ai Giovani (a proposito: bravi Kutso e Nigiotti, peccato per Chanty, tenerezza per Kaligola che si è fatto accompagnare dal nonno Nerone, pardon Giorgio Rosciglione, direttore d’orchestra). Canta “Il solo al mondo”. Brano forse dedicato al fratello, l’unico appunto che la conosceva.

7 e mezzo a CONCHITA WURST

Donna baffuta sempre piaciuta. Se poi ci metti la barba ancora di più. Così per farsi notare la drag queen austriaca si è adeguata al noto detto. Senza il pelo superfluo sarebbe stata una delle tante e la sua grande voce, magari sarebbe passata inosservata. C’ha visto lungo insomma, Barbanera di nome e di fatto, come il veggente.

6 a MORENO

L’unico rapper a Sanremo, ma purgato da eccessi verbali e parolacce. E l’esibizione ne risente. Un po’ Tiberio Murgia dei Soliti ignoti con quel baffetto da sparviero, un po’ l’omonimo ventriloquo Luis Moreno, ha comunque retto il palco meglio del corvo Rockefeller.

5- – a CLAUDIO AMENDOLA e LUCA ARGENTERO

Come i frigoriferi per gli eschimesi. Inutili

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