È vero, sono cambiati i tempi. Non si può più dire “…rapidi ed invisibili, partono i sommergibili…” e bisogna adeguarsi al mondo globale. Ma quanto si sentiranno “cool” i Marò Latorre e Girone? E il resto dei Marinai d’Italia si sentiranno rappresentati dalla nuova campagna di arruolamento della Marina Militare?
“Be cool. Join the Navy” recita lo slogan. E benché Marina ed Aeronautica siano le Forze Armate meno provinciali, nel senso di più internazionali perché sempre a contatto con forze armate straniere, sempre in giro per il mondo a navigar… a vedere questi annunci si rimane male.
Per un paio di motivi: l’uso sfrenato dell’idioma inglese e la motivazione più leggera del mondo per fare uno dei lavori più belli ma impegnativi e pieni di responsabilità che ci siano.
È comprensibile che, rivolgendosi a un pubblico giovane e sensibile ai valori d’oltreoceano, si sia pensato di usare codici freschi e internazionali però… che tristezza.
La Marina Militare rimane uno dei simboli dell’italianità sana. Gode da sempre di grande rispetto da parte delle marinerie straniere ed è in se uno strumento di esportazione del “Made in Italy”. Insomma mentre fa piacere vedere gli Americani indossare magliette con sopra scritto “Italians Do It Better”, mette malinconia vedere la Marina Militare firmarsi “Navy” per rendersi più affascinante nei confronti delle giovani reclute (a proposito, ma siamo certi che queste potenziali giovani reclute sappiano che la “Navy” è la Marina Militare Italiana?).
Penserete: questo che scrive è antico. Effettivamente un po’ si. Ma è antica anche la Marina. Di quell’antichità bella che non si trasforma in vecchiaia ma in fascino. Un fascino dato dalle tradizioni, dalla Vespucci, Premuda, i mezzi d’assalto… Un fascino dato dall’esperienza di navigare (…nel vasto mar…), vedere e fare cose esotiche e meravigliose che altri uomini e donne non fanno e non vedono. Questo rende la Marina affascinante. Non “cool”.
“Cool” in inglese vuol dire fresco, ma anche fico, fantastico, bello. Termine più legato all’individualità superficiale, alla moda, all’essere vestiti “giusti”.
In Marina fanno molto più che sentirsi “alla moda”: salvano vite di immigrati ogni giorno, rischiano la vita nelle missioni operative, conducono navi, sommergibili, aeroplani ed elicotteri. Sono sommozzatori, palombari, velisti e marò per l’appunto.
In più la dichiarazione di questa pubblicità è presuntuosa. Non è molto signorile farsi i complimenti da soli. Sicuramente non è nella tradizione degli “Ufficiali e Gentiluomini”. Dovremmo essere noi cittadini a dire: “Quello è un marinaio! Quanto è cool!”. Invece la Marina si promuove ‘Queen of Coolness’ da sola.
Quando si studiavano le regole della comunicazione veniva spiegato che un annuncio deve contenere una forte promessa ma a seguire anche una solida “Reason Why” (questa è in inglese perché l’hanno inventata gli anglos…), cioè quella caratteristica del prodotto che rende credibile la promessa. Ad esempio un dentifricio che promette di sbiancare i denti deve poi spiegare come lo farà e la pubblicità racconterà che ciò è possibile grazie all’effetto delle proprietà di speciali ingredienti del prodotto.
In questo caso la promessa è di diventare “cool”. In quanto?
È il meccanismo tipico delle pubblicità di moda, che non intendono convincere ma semplicemente mostrarsi e, possibilmente, generare interesse (come faccio a spiegarti perché ti deve piacere un maglione? O ti piace o no). Con questa stessa leggerezza la Marina prova a venderti una scelta decisamente importante: impostare la tua vita, la tua carriera, il tuo futuro. C’è qualcosa che non va. Immaginate un operatore delle Forze Speciali che alla domanda “Perché sei a rischiare la vita in Afghanistan?”, risponde: “Sai è così cool…”. Rimanda subito ad un mondo di fantasia con i Village People che marciano sul palco e cantano “In the Navy!”.
Un tempo si diceva “Vieni in Marina e girerai il mondo”. Oggi invece basta essere fighi. Anzi “cool”.
*direttore editoriale e marketing Globalist e Giornale dello Spettacolo