Il drammaturgo Mirò: “La minaccia del totalitarismo non finisce mai” | Giornale dello Spettacolo
Top

Il drammaturgo Mirò: “La minaccia del totalitarismo non finisce mai”

Parla Josep Maria Mirò, autore teatrale e regista catalano che ha adattato per il teatro un romanzo di Fred Uhlman dove si parla di nazismo: “Mi preoccupa molto l’estrema destra e che il caso italiano non sia un’eccezione”

Il drammaturgo Mirò: “La minaccia del totalitarismo non finisce mai”
Josep Maria Mirò. Foto Federico Metral
Preroll

Stefano Miliani Modifica articolo

31 Ottobre 2022 - 18.31


ATF

“La minaccia del totalitarismo persiste e continua, non è finita, non finisce mai. Ci sono contesti e situazioni che la favoriscono. Il fenomeno è spalleggiato dai media”. Lo rileva un autore molto “preoccupato” dalla ascesa delle destre estreme: Josep Maria Mirò è un drammaturgo e regista catalano del 1977 che nei suoi testi affronta temi come la convivenza civile, l’omosessualità, i diritti, con un linguaggio lontano dall’essere didascalico, tutt’altro: anzi scava nelle pieghe, va in profondità e non fa sconti alle contraddizioni presenti anche nelle persone più limpide.

A metà ottobre il Teatro di Rifredi di Firenze, affiliato da un anno al Teatro della Toscana, ha portato in scena con regia e traduzione di Angelo Savelli l’adattamento teatrale di Mirò de “L’amico ritrovato”, dall’omonimo romanzo di Fred Uhlman da cui fu tratto un film omonimo (produzione Teatro della Toscana d’intesa con The Random House Group Ltd, società della Penguin Random House). In quelle pagine Uhlman narra dell’amicizia tra un sedicenne ebreo e un coetaneo non ebreo nella Stoccarda del 1933. Un’amicizia spezzata dal nazismo. I due si ritroveranno decenni dopo e si confronteranno con quella rottura forzata.

Il 14 ottobre il Ministero della Cultura spagnolo guidato dal ministro Miquel Iceta ha assegnato a Josep Maria Mirò il Premio Nazionale di Letteratura Drammatica 2022 per il suo testo “Il corpo più bello che si sia mai visto da queste parti”, rappresentato in anteprima proprio a Rifredi un anno con Maddalena Crippa come protagonista. Quel giorno Mirò era arrivato a Rifredi perché il giorno successivo avrebbe partecipato alla presentazione del libro “Sguardi sul teatro contemporaneo. Interviste di Fabio Francione “(ed. Libri Scheiwiller) insieme all’autore, all’attrice e autrice Marta Cuscunà e al regista e traduttore Angelo Savelli.
Clicca qui per il sito del teatro di Rifredi

Mirò, quale significato ha per lei ricevere il premio per la cultura?
Sono molto felice. È il riconoscimento massimo che può dare il ministero della cultura spagnolo ed è molto importante per me: premia sia il mio percorso che un testo profondamente essenzialista (non è un refuso, ndr). Ed è un riconoscimento spagnolo a un testo in lingua catalana che parla di come la bellezza possa essere sfidante e perturbatrice, che parla di una bellezza differente, non egemonica, e di come una comunità che non riesca a gestire il desiderio possa diventare pericolosa, violenta, infelice.

Nel giorno in cui lei riceve il premio in Italia abbiamo come presidente del Senato un politico che viene da un partito di origine fascista; alla Camera abbiamo un presidente ritenuto da molti un avversario della comunità Lgbtq+ e omofobo, un politico che possiamo ritenere affine alla Chiesa più conservatrice, certo non quella di Papa Francesco. La vincitrice delle elezioni italiane Giorgia Meloni è alleata della formazione spagnola di destra Vox. Come valuta questo scenario?
Per prima cosa inviterei questi politici a teatro e a leggere perché ciò li renderebbe più liberi, più riflessivi, più empatici nei confronti del mondo. Credo sia importante che quello politico sia uno spazio di incontro in cui si articolino le possibilità di vivere con gli altri: tutte le ideologie che non sono capaci di gestire, di relazionarsi, di interagire, di dialogare con l’altro per me sono preoccupanti. La politica dovrebbe essere uno spazio di incontro della comunità, dovrebbe capirne le diversità.

“L’amico ritrovato” di Josep Maria Mirò al Teatro di Rifredi di Firenze con la regia di Angelo Savelli. Foto Pietro Grossi

La messinscena dell’ “Amico ritrovato” a Rifredi dove si parla di nazismo e il suo premio avvengono proprio in questa congiuntura italiana.
Il fatto che il debutto in sala di quest’opera di questo contesto mi sembra molto importante perché è un romanzo in cui i valori dell’amicizia e i principi umani sono contro il fascismo. Mi preoccupa enormemente che il caso italiano non sia un’eccezione, è una tendenza in Europa come nel mondo. In Spagna partiti democratici o che si dicono tali e il giornalismo hanno legittimato l’ingresso dell’estrema destra tanto nella stampa come nelle altre istituzioni, hanno steso un tappeto rosso. In Spagna per essere ammessi a un dibattito pubblico in televisione devi avere un minimo di rappresentanza politica al Parlamento: allora non si capisce come mai questi partiti di estrema destra, senza averla, venivano invitati a dibattiti pubblici in tv. Prima della situazione attuale avevano percentuali paragonabili al partito animalista o a partiti minoritari, ma i giornalisti hanno deciso di invitare i partiti di estrema destra ma non gli animalisti o altri partiti minoritari. Questo fenomeno è spalleggiato dal potere mediatico.

“L’amico ritrovato” di Josep Maria Mirò al Teatro di Rifredi di Firenze con la regia di Angelo Savelli. Foto Pietro Grossi

“L’amico ritrovato” parla anche di una democrazia in crisi travolta dal nazismo. Ritiene ci sia il pericolo di una deriva autoritaria in paesi europei come Italia o Spagna?
Un creativo non è un futurologo, lo scrittore descrive il suo tempo che non è l’attualità, l’attualità è per i giornalisti. Anche se ha scritto il romanzo negli anni ’70, Fred Uhlman ha descritto bene un tempo, andava benissimo per la situazione fra le due guerre ma è assolutamente attuale. Dobbiamo capire che la minaccia del totalitarismo persiste e continua, non è finita, non finisce mai. Ci sono contesti e situazioni che la favoriscono, che l’aiutano a uscire dall’armadio. E credo che il nazismo e il totalitarismo siano usciti dall’armadio: l’autoritarismo approfitta sempre delle paure del tempo e delle persone.
Nelle mie opere parlo sempre delle paure perché la paura è pericolosa, fa sì che nelle persone possano instillarsi idee pericolose. I discorsi della paura sono sempre contro il diverso, contro l’immigrato, contro qualsiasi persona che possa “distruggere” la famiglia: si individuano dei gruppi e li si rendono responsabili di tutti i mali della società.
(Ha fatto da interprete dallo spagnolo Giulia Spagnesi).

Native

Articoli correlati