di Alessia De Antoniis
Una tipica conversazione da bar, tra due uomini che chiacchierano del più e del meno. La normalità. Messa però sotto la lente d’ingrandimento. È The Spank di Hanif Kureishi, che inizia con una domanda: Dov’è finita la normalità?
The Spank: la sculacciata. Ma a chi? The Spank: un fiume di parole. Parole che diventano azioni e che, una volta pronunciate, non puoi più far rientrare. Anche se sei lì a chiederti “Cosa farei se…”.
In scena due attori, due registi, due amici anche nella vita. Nessuna primadonna: sarebbe come dare più importanza a una nota piuttosto che a un’altra all’interno di una spartitura. In scena Filippo Dini e Valerio Binasco: è loro il merito di uno spettacolo che va avanti per un’ora e quaranta, atto unico, senza nessun crescendo, senza punti morti, senza pause per poter applaudire. Sono loro a dar vita a Sonny (Binasco) e Vargas (Dini); sono loro che attaccano subito come una Quinta di Beethoven, con la comicità di una sit-com anni Novanta, e tempi televisivi supportati dall’esperienza di chi è abituato alle tavole del palcoscenico. Sono loro a stregare il pubblico con uno spettacolo veloce, ironico, divertente, caustico, cinico. Sono loro a sculacciare il pubblico mentre sculacciano loro stessi. Sono i boomers, una generazione di scoppiati. E raccontano il disagio di una generazione con quella leggerezza che i boomers non hanno.
The Spank è la prova che c’è spazio, e bisogno, di nuova drammaturgia; che non è necessario ripetere i classici o riadattare romanzi. Peccato che, troppo spesso, tutto questo arrivi dall’estero. The Spank, scritto in piena pandemia dal drammaturgo inglese di origini pakistane Hanif Kureishi, tradotto in tempo quasi reale da Monica Capuani, rappresentato per la prima volta al mondo in Italia, al Teatro Stabile di Torino, replica al Parioli di Roma fino al 13 febbraio.
Un dentista e un farmacista, due borghesi benestanti, che si sono fatti da soli, con le loro belle casette, le loro mogli, i loro figli. Tutti amici. Da anni. Una vita tranquilla, ordinaria, metodica, al sicuro. Una vita che va quasi avanti da sola. Una vita come quella di Vargas: “Senza Nina (la moglie), la mia vita sarebbe come un lungo attacco di panico. Lei mi sa leggere come un libro aperto”. Una vita che preferisci non leggere perché sarebbe una crudeltà verso te stesso, come se rileggessi Kerouak a cinquant’anni. Una vita dove ti sei ucciso senza morire.
Poi un giorno come gli altri il tuo amico di bevute, quello che conosci da sempre, ammette che “alla mia età ho scoperto il significato della parola speranza”, “ho scoperto di avere un fuoco che non pensavo di avere”. “Ho scoperto di essere un uomo a sangue caldo”.
Quel desiderio che non ha nessuna intenzione di farsi rinchiudere in un posto sicuro, che non si fa tenere sotto controllo, non si fa imbrigliare dal moralismo, a volte, quando meno te lo aspetti, riesce dal baule in fondo all’armadio dove lo avevi dimenticato.
Allora la domanda, che scorre nel sottotesto, che spinge per avere una risposta, non è più dov’è finita la normalità, ma dov’è finita l’amicizia. The Spank è una lente d’ingrandimento sulla crepa nello spirito di squadra maschile, sull’amicizia tra uomini in una generazione fatta anche da complessati, problematici, frustrati, vili, opportunisti, moralisti, vittimisti.
“Sono traumatizzato dal giudizio dei miei figli – dice Sonny a Vargas – ero traumatizzato da mio padre e non so se li ho traumatizzati senza saperlo. Ho dato loro troppi baci? Troppi pochi?”.
L’amicizia maschile diventa più una solidarietà tra poveretti: “Torna a casa, ti scusi…devi dire che sei un depresso, va di moda…devi dire che vuoi un aiuto medico”.
La domanda di apertura “dov’è finita la normalità” è sostituita dalla domanda di chiusura: “dov’è che tutto è andato storto?”.
Dov’è che andato tutto storto nell’ultima generazione che ha vissuto i grandi ideali, le grandi ideologie? Quelli dove “Nietsche e Marx si davano la mano”. Dove è finito il famoso compagno di scuola: “ti sei salvato o sei entrato in banca pure tu?”.
Uno spettacolo da vedere. Al teatro Parioli fino al 13 febbraio.