Gigi Proietti dal Cavaliere Nero a Shakespeare | Giornale dello Spettacolo
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Gigi Proietti dal Cavaliere Nero a Shakespeare

La fortuna di Gigi Proietti fu di non aver frequentato nessuna scuola di recitazione ma di avere assorbito, guidato da una grande curiosità, tutto quello che la tradizione dello spettacolo italiano

Gigi Proietti dal Cavaliere Nero a Shakespeare
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Giancarlo Governi Modifica articolo

1 Novembre 2021 - 19.00


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Chissà perché ripensando agli sketch e alle innumerevoli occasioni di risate che ci ha offerto nella sua lunga, direi enorme carriera, di Gigi Proietti mi è tornata alla mente la barzelletta del cavaliere nero e del cavaliere bianco, una barzelletta come un’altra che lui aveva fatto diventare quasi un atto unico e che era entrata nell’immaginario collettivo.
Gigi era così, passava con grande disinvoltura dalla barzelletta a Shakespeare, lasciando lo spettatore sempre con la sensazione di aver assistito a qualche cosa di importante. Questo perché Gigi, come pochi altri, aveva saputo coniugare con grande disinvoltura la cultura alta con quella popolare, la cultura bassa, sulla quale aveva campato per decenni l’avanspettacolo, con Shakespeare per il quale aveva fondato e dirigeva un teatro elisabettiano a Roma, il Globe Theatre.
La fortuna di Gigi Proietti fu di non aver frequentato nessuna scuola di recitazione ma di avere assorbito, guidato da una grande curiosità, tutto quello che la tradizione dello spettacolo italiano aveva stipato nei cassetti della memoria collettiva. E questo gli permise di diventare lui stesso maestro di artisti che, formati da lui, sono andati a popolare le televisioni, i teatri e i teatri di posa italiani, ognuno con una sua peculiarità, con la una personalità originale. Perché Gigi insegnava non trasmettendo i suoi stilemi di recitazione ai suoi allievi, ma tirando fuori da loro quello che lui aveva intuito avessero dentro. Un grande attore e un grande maestro.
Un’altra caratteristica di Gigi, che poi sospetto sia stato uno dei suoi punti di forza che l’hanno più spinto nella sua straordinaria carriera, era il senso del divertimento. Gigi infatti dava la sensazione, anche a quelli che lo frequentavano nella vita privata, di vivere in uno spettacolo gigantesco dove non c’era soluzione di continuità fra il lavoro e il divertimento amichevole. Dietro tutto questo c’era però una grande preparazione culturale e professionale, fatta di studio e di rigore.
Ci ha lasciato un anno fa, proprio nel giorno del suo compleanno, come persona, ma l’attore rimarrà per sempre fissato nella grande memoria collettiva e nei giganteschi archivi del cinema e delle televisioni. Alberto Sordi diceva che l’attore moderno non muore mai, perché vive con la sua opera che non sarà mai cancellata.
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