di Chiara D’Ambros
Si è conclusa ieri La Macchina dei Sogni a Roncisvalle.
Il gruppo di avventurieri, pari e artisti che hanno partecipato a questo sogno di Mimmo Cuticchio di cantare le Chanson de Roland nei luoghi reali dove sono avvenuti i fatti, si è sciolto ma rimarrà indimenticabile il questo tratto di strada percorsa assieme.
Lo stesso Cuticchio tra due interventi avvenuti nella chiesa sconsacrata dove sono stati ospitati molti interventi, ha osservato come si era lì non tanto per condividere, parola che ha notato essere piuttosto abusata, ma per “conoscerci meglio”.
La conoscenza è stata al centro di questa esperienza. Arrivati tutti a Roncisvalle il venerdì sera, il sabato si è assistito a un alternarsi di storie e interventi dei pari. Le storie dei paladini si sono intrecciate con storie contemporanee tra cui quelle di una combattente curda, quella di un ragazzo che, come Colapesce sostiene la Sicilia, sostiene i barconi dei migranti “ed è per quello che non tutti affondano” a quella Peppino Impastato. Storia quest’ultima che dopo essere stata raccontata da un’attrice ha fatto nascere un momento di testimonianza spontanea da parte dell’agronomo Giuseppe Barbera e la scrittrice Beatrice Monroy che erano amici di Peppino e hanno raccontato, la spontaneità e freschezza di questo ragazzo loro coetaneo e la notte in cui è scomparso, con lo sguardo di chi ha vissuto in prima persona quei momenti.
Presenza costante in scena: i Pupi, accuratamente dislocati da Mimmo Cuticchio, il fratello Nino, il figlio Giacomo e da Tania Giordano.
Il pupo Orlando in proscenio, lì sulla soglia, a guardare il pubblico con i suoi occhi storti a testimoniare l’apertura di una soglia superata. L’incontro di finzione e realtà che si fanno conoscenza attraverso l’immaginazione e il coinvolgimento dell’intelligenza emotiva oltre che di quella razionale.
Le storie e i canti si sono alternate a interventi dei pari anche nel secondo giorno di presenza della Macchina dei sogni a Roncisvalle, resa possibile tra l’altro dalla impeccabile e appassionata attività di organizzazione di Elisa Puleo, moglie di Mimmo.
Indimenticabili i ritmi delle Guarattelle di Bruno Leone, che con leggerezza e sorriso parla di vita, di morte e valori, con il linguaggio della fiaba e la semplicità bambina che arriva nel profondo di ognuno lasciando a bocca aperta gli spettatori di ogni età tra risa e nodi alla gola. Presente “La voce delle cose” di Lui Angiolini che ha raccontato di souvenir di guerra fatti con parti di lavandini del bagno e di monumenti ai caduti, costruiti con altri oggetti, che mostrano cinicamente l’insensatezza e quanto sia aleatorio l’eroismo, strappando sorrisi per esorcizzare l’orrore. Questo è parte del messaggio di pace che questo evento ha voluto portare nel mondo, anche con la benedizione ricevuta da Papa Francesco, nella tappa romana della Macchina dei Sogni di quest’anno del 27 giugno scorso.
La domenica mattina ha visto tra protagonisti nella chiesa sconsacrata Marino Sinibaldi, direttore di Radio3 che in un percorso tra vari testi tra cui il don chisciotte e gli scritti di Antonio Gramsci, ha portato l’attenzione sulla pericolosità dell’indifferenza e ha concluso portando l’immaginario degli ascoltatori da Roncisvalle a Barbiana e al “I care”, “mi interessa, mi riguarda” che si trovava scritto nella scuola di Don Milani.
Nella stessa mattina c’è stato uno degli interventi che forse più racconta del significato di questa esperienza artistica e umana resa possibile dalla trentacinquesima edizione de La Macchiana dei Sogni. L’astronoma Lara Albanese ha raccontato di come Galileo non abbia scoperto il cannocchiale, bensì lo abbia utilizzato senza seguire le istruzioni che lo descrivevano come “un oggetto da puntare davanti o in terra” e lo abbia invece puntato al cielo. Questo ha permesso di scoprire le stelle e i pianeti, di vedere per la prima volta una porzione di universo.
Incontrare Mimmo Cuticchio e i suoi Figli d’Arte permette questo, di scoprire sempre nuove porzioni di universo perché propone sempre nuove direzioni verso cui guardare. L’apice di questo è stato l’evento finale in cui, a partire dal borgo medioevale, Cuticchio ha raccontato la parte finale de la Chanson de Roland percorrendo con gli spettatori la gola dove la era avvenuta la strade dei Paladini. Complice una nebbia che ha sospeso il tempo, le immagini dei fatti raccontati scorrevano nelle menti degli spettatori, attenti e rapiti dal Cunto che Mimmo ha narrato non solo con la voce ma con tutto il corpo. In mano teneva la spada di legno, costruita intagliando il bastone di un pellegrino, la spada roteava in aria e si conficcava a terra con gesti precisi e naturali. Questo fino all’ultima tappa del racconto avvenuta davanti al cippo dedicato a Orlando dove il paladino muore e dove è stato disteso il pupo Orlando, esanime.
Applausi.
Foto di rito con tutti i partecipanti di questo viaggio. Tutti quelli che sono saliti a bordo di questa nave dei sogni capitanata da Cuticchio che si è avventurata in un mare di storie ma anche di umanità e possibilità di incontro non solo negli spazi dedicati ma anche oltre e al di là del programma grazie alla copresenza vissuta senza barriere di ruoli immersi nella natura e nel silenzio.
Oltre a immagini e immaginario, scoperte e incontri, questo evento ha donato “tempo” a chi ha partecipato. Un tempo altro, intenso, senza fretta, impreziosito di vita, vite e di contenuti, emozioni e visioni non solo indimenticabili ma che hanno testimoniato anche la possibilità di incontrarsi, riflettere e partecipare assieme alla “meravigliosa e straziante bellezza del creato” di combattere assieme per difenderla, per affermare l’importanza delle differenze che la rendono così straordinaria, da paladini armati di conoscenza, immaginazione e poesia.