Quando mi sposai, Maurizio Scaparro che fu mio testimone di nozze, mi regalò una marionetta bellissima e antica. È appartenuta alla famiglia di Franca Rame, mi disse. Con quella marionetta tanti anni fa mi si aprì il file si direbbe oggi “Franca Rame” che io fino ad allora avevo ammirato non soltanto come attrice accanto a Dario ma anche come donna bellissima, una della categoria del “Biondo platiné” cantate da Fred Buscaglione nelle sue ironiche e strampalate canzoni e che la diceria popolare voleva ricche di curve e povere di cervello. Ma Franca faceva eccezione perché capimmo subito che era ricca di curve ma ricca anche di cervello, smentendo così l’assioma donna bella uguale oca.
Dario quando si sposò con Franca oltre a una donna meravigliosa e intelligente ereditò anche una brava attrice che portava in dote casse piene di copioni frutto del lavoro di generazioni di teatranti, guitti marionettisti e burattinai, che portavano il nome dei Rame. Dario fece tesoro di quei copioni, soprattutto delle farse, che era anticamente considerato il genere minore.
Dopo la rappresentazione pesante, magari di un drammone storico a fosche tinte, gli attori, per ricreare lo spirito degli spettatori e magari anche il loro, rappresentavano una farsa, una breve commedia, di solito un atto unico tutto da ridere. Di quel teatro alla antica italiana non sono rimasti i drammoni ma le farse. E fu subito chiaro che Dario di quelle rappresentazioni popolari si nutrì abbondantemente, rileggendo quella comicità in maniera moderna e spesso surreale. Farse moderne dal titolo sorprendente e strampalato come “Chi ruba un piede è fortunato in amore” o “Gli arcangeli non giocano a flipper” sono figlie delle farse dei Rame.
E Franca sempre accanto al genio di Dario che si andava delineando in un percorso straordinario che lo porterà a ricevere il Nobel per la letteratura. Fu a fianco a Dario, con lo stesso impegno e con la stessa adesione ideale, anche quando l’incidente di Canzonissima dette una svolta alla loro vita artistica. Per i più giovani e anche per chi ha perso la memoria, Dario Fo e Franca Rame erano stati chiamati a condurre Canzonissima, lo spettacolo più popolare della televisione degli anni Sessanta. Lo fecero alla loro maniera proponendo ogni sabato sera sketch basati sulla loro ironia graffiante che tocca temi sociali.
Ogni settimana il loro lavoro suscitava polemiche e indignazione fra i benpensanti, ma la goccia che fece traboccare il vaso fu quando Dario non accettò la censura su una scenetta comica che parlava di muratori che si buttavano giù dalle impalcature, dove lavoravano senza nessuna forma di sicurezza, per fare dispetto al padrone. Per questo Dario e Franca furono cacciati. Da quel momento la loro vita non fu più la stessa: niente più televisione, ma soprattutto niente più teatro Sistina o teatro Manzoni ma soltanto case del popolo, circoli culturali, persino camere del lavoro a contatto con un pubblico alternativo che scopriva il teatro e nello stesso tempo dava a Dario autore linfa vitale.
Qui Franca faceva la sua parte di attrice, di autrice e di compagna di Dario, riuscendo a diventare con discrezione anche lei una protagonista, impegnata anche sul piano culturale e civile nelle lotte per i diritti ma anche per la dignità della donna. La storia è fatta di coincidenze significative: Franca è morta proprio nei giorni in cui si dibatteva anche a livello parlamentare il problema del femminicidio, sul quale anche la nostra società civile sta prendendo coscienza soprattutto di fronte a questo dilagare di violenza contro la donna, da parte di maschi che non sono in grado anche culturalmente di accettare la parità.
Franca nel 1973 subì un stupro da parte di un gruppo di neofascisti. Fu uno stupro “politico”, uno sfregio alla donna che si batteva contro la violenza. Franca reagì a quella terribile esperienza alla sua maniera: la raccontò in un monologo che recitò per anni negli spazi teatrali di tutta Italia, senza dire mai che quel monologo nasceva da un delitto di cui lei stessa era stata vittima. Molti anni dopo Adriano Celentano la invitò in televisione a Fantastico, l’erede di quella Canzonissima da cui Franca insieme a Dario era stata cacciata molti anni prima, dove raccontò il “suo” stupro e rivelò che non era frutto di finzione.
L’Italia ne fu sconvolta e ora continua a ricordarla non soltanto come si ricorda una grande attrice ma anche come una bandiera importante delle lotte per la liberazione della donna. Giù il cappello davanti a Franca Rame, la bionda platiné che dimostrò di avere bellissime curve ma anche tanto cervello.
Franca Rame, il genio dell'arte simbolo della lotta per la dignità delle donne
Franca era una bionda ricca di curve ma soprattutto ricca anche di cervello, smentendo così l’assioma donna bella uguale oca.
Giancarlo Governi Modifica articolo
18 Luglio 2017 - 10.02
ATF
Native
Articoli correlati