Giro a vuoto, gli stornelli per Laura Betti | Giornale dello Spettacolo
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Giro a vuoto, gli stornelli per Laura Betti

Riproporre oggi queste canzoni significa ricollocare al giusto posto un frammento della nostra cultura musicale. [Marco Parodi]

Giro a vuoto, gli stornelli per Laura Betti
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8 Giugno 2016 - 13.30


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Testi e musiche di Fiorenzo Carpi, Dario Fo, Ennio Flaiano, Alberto Moravia, Fabio Mauri, Mauro Soldati, Franco Fortini, Camilla Cederna, Giorgio Bassani , Gino Negri, Enzo Siciliano.
Elena Pau, voce | Alessandro Nidi, pianoforte e direzione musicale
Costumi | Salvatore Aresu | Regia | Marco Parodi
di Marco Parodi

Agli inizi degli anni ’60, sul palcoscenico del Teatro Duse di Genova, mi capitò di assistere ad uno strano progetto teatrale-cabarettistico condotto da un folletto in calzamaglia nera ed un caschetto di capelli biondo cenere, che, appoggiata al pianoforte, ci invitava a giocare con i testi dei più importanti autori del momento – Pasolini, Flaiano, Moravia, Arbasino, Fabio Mauri, Mario Soldati, Franco Fortini, Goffredo Parise, Camilla Cederna, Giorgio Bassani – scritti apposta per lei. Come c’era riuscita? Soltanto molti anni dopo, conoscendola un po’ da vicino, mi resi conto di quale tremenda mantide religiosa fosse questa donna, capace di strappare quelle composizioni da mani tanto prestigiose dopo mesi di assedio estenuante, ossessivo, inesorabile. Si diceva anche dopo numerosi passaggi in camera da letto. Era, per me, il primo esempio di cabaret-letterario, e fu un’esperienza indimenticabile. Alcune di quelle canzoni – musicate da compositori come Fiorenzo Carpi, Gino Negri, Franco Nebbia, Piero Umiliani, Luciano Chailly, Piero Piccioni – mi rimasero impresse nella memoria per anni, man mano che si sviluppava la sua fama di rompiscatole intelligente, di mangiauomini mai banale. Un’attrice/cantante in grado di inventarsi un repertorio nuovo, rifiutandosi di percorrere strade già battute, inducendo lo spettatore ad alcune riflessioni sullo stato del mondo in cui viviamo. Il suo legame con Pier Paolo Pasolini, ovviamente platonico ma non per questo meno vitale, la consacrò definitivamente come musa privilegiata della sua poetica, sempre provocatoria e corrosiva nei confronti della banalità imperante (negli anni ’60 c’era chi si scandalizzava per come Jula De Palma aveva cantato al Festival di Sanremo “TUA, TRA LE BRACCIA TUE”, facendone oggetto perfino di un’interrogazione parlamentare). Col tempo questo repertorio è caduto fatalmente e ingiustamente nell’oblio. Perfino Laura Betti non riusciva più a trovare una copia registrata di quel primo concerto, e ricordo la sua felicità quando, poco prima della scomparsa, riuscii a portargliene una copia nell’appartamento di via del Babuino. Perciò, riproporre oggi queste canzoni significa ricollocare al giusto posto un frammento della nostra cultura musicale che, partita dalle giovanili esperienze della Betti come cantante jazz, ha raggiunto una consistenza professionale di altissimo livello, aprendo squarci di riflessione sul nostro mondo ancora di straordinaria attualità.

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