Non è facile trovare nella nostra drammaturgia contemporanea testi e autori che sappiano costruire tensioni emotive sotterranee che si sviluppano, si estremizzano, implicitamente tra gli spazi delle parole, tra le pause dei dialoghi, tra la prepotente espressività del non-detto. È quel che accade ne “I Vicini” – che consigliamo di non perdere, al Piccolo Eliseo di Roma (c’è tempo fino a domenica 24 aprile) -, produzione dello Stabile di Bolzano, scritto, diretto e co-interpretato da Fausto Paravidino, insieme agli altri assai lodevoli Iris Fusetti, Davide Lorino, Sara Putignano e Barbara Moselli.
Eventi del tutto banali difendono la serenità quotidiana della giovane coppia Paravidino/Fusetti: lui, ritratto della placidità in pigiama, fidanzato con virilità al riparo sotto strati di tenerezza, apprensioni e timori; lei donna in carriera, elegante e dinamica, risoluta e pronta per un risoluto crollo isterico. Serenità, la loro, minata dall’arrivo dei nuovi coniugi dirimpettai Lorino/Putignano – lui, maschilista vecchia maniera, detentore di allucinata quanto sinistra serietà, e parlantina ipnotica e debilitante; lei, raffinata e cortese femminilità, dispensatrice d’affetto e ambigue pulsioni – e dalla conseguente frequentazione sempre più amichevole, sfacciata, intollerante: e il merito va anche alle perturbanti incursioni spettrali della precedente vecchia-vicina (Barbara Moselli), che infesta casa e storia anche da morta.
Un interno moderno di cui noi, spettatori/voyeur di salotto, intuiamo altri spazi domestici nell’architettura scenografica di Laura Benzi, più scorcio di pianerottolo oltre la porta – divisore e protettore d’intimità famigliare dal resto del mondo esterno ed estraneo -, è l’habitat di silenziose paranoie e sociofobie, d’intese morbose, di complicità perverse, di attriti relazionali, di fisici affronti che prendono forma grazie a un sapiente e mai scontato amalgama d’intrecci strutturali tra piani narrativi, tra atmosfere estetiche e visioni concrete di immaginazione e rêverie, ricordi e sogni (apparenti), fantasmi del subconscio e angosce reali.
Quattro psicologie in coesistenza forzata che sfumano in nevrosi, in dimensioni – mentali, ambientali – tenebrose (con l’impatto luminoso di Lorenzo Carlucci), con tendenze all’assurdo beckettiano e ai registri linguistici di Pinter, con l’uso del parlato – per battaglie di logorrea e allusioni – e del ritmo dialogico ad alta velocità che trascina innocue circostanze in inquiete, enigmatiche, quanto umoristiche e dirompenti situazioni di non-sense (comprese, qui, visite formali in déshabillé, file di equivoci, confidenze sadomaso, inclinazioni allo scambismo).
Con una scrittura di precisione meccanica, ineccepibile; con una messinscena e una regia scrupolose e sagaci, e interpretazione di fascino a dir poco magnetico, diciamo ancora una cosa: è un lavoro intenso, denso, ispirato. Insomma, da non perdere. E magari stasera, rientrando a casa, dopo lo spettacolo, tenete d’occhio i vostri vicini, ché non si sa mai.
I VICINI[/size=4]
di Fausto Paravidino
con Fausto Paravidino, Iris Fusetti, Davide Lorino, Barbara Moselli, Sara Putignano
scene Laura Benzi
costumi Sandra Cardini
luci Lorenzo Carlucci
regia Fausto Paravidino
una produzione TEATRO STABILE DI BOLZANO
organizzazione e distribuzione Nidodiragno/Coop. CMC
testo commissionato dal Théâtre National de Bretagne