Atteso, attesissimo il prossimo cartellone del teatro Eliseo, presentato ieri, 9 giugno, in conferenza stampa. Un annuncio carico di curiosità, soprattutto perché si concretizza finalmente la ripresa dell’attività di un fondamentale centro culturale romano prematuramente interrotto dopo mesi di travagliate trattative a cui seguì lo sfratto.
Cancelli chiusi, spettacoli annullati, biglietti e abbonamenti già acquistati e mai rimborsati: così è terminato il 2014. Novità, ambizione, impegno, sono invece gli obbiettivi di quella che si può definire la rinascita fisica, artistica e produttiva del 2015 all’Eliseo. Rinascita salutata con calore dalle stesse istituzioni locali, rappresentate dall’Assessore alla Cultura di Roma Capitale Giovanna Marinelli, che ha precisato: “L’Eliseo è un importante punto di riferimento culturale che nella sua storia ha accolto grandi nomi della scena italiana del Novecento. Riprendere oggi il viaggio con desiderio e determinazione è un percorso complesso. Ma le idee camminano sulle gambe, e queste devono essere ancora più robuste se si tratta di teatro”.
Sotto la direzione di Luca Barbareschi il teatro, che compirà cent’anni nel 2018, sta ultimando le ultime fasi di una radicale ristrutturazione che lo riconsegnerà al progetto originario del 1918, con, in aggiunta, a fianco della caratteristica sala ellittica, spazi d’incontro e di ristoro (due lounge bar e un ristorante sempre aperti).
“L’Eliseo – ha spiegato Luca Barbareschi – deve avvicinarsi al modello teatrale europeo, essere cioè un luogo d’incontro, di accoglienza, di accessibilità a costi contenuti e orari più consoni. Ecco perché ci adegueremo ai canoni europei con le recite che inizieranno alle 20”. Dunque, per la direzione artistica, la parola d’ordine è “community”. Ovvero, il teatro deve essere sinonimo di spettacolo, ma anche di condivisione, di ritrovo, di confronto sociale e culturale, di approfondimenti, di ibridazioni. E proprio sulla commistione di diverse forme artistiche (e non solo) si costituisce questa nuova identità che accenna a un innato e coraggioso istinto a sfidare un’indole teatrale che in Italia è diventata troppo “museale”, per citare lo stesso Direttore Artistico. Da questo impulso alla contemporaneità, alla ricerca, alla sperimentazione, nasce l’esigenza di includere eventi extra-teatrali, come le lezioni su Roma antica organizzate dal FAI, e sulla scienza con le professionalità del Policlinico Gemelli; di portare sul palco la musica, con la formazione di due orchestre residenti (una sinfonica, l’altra jazz) formate dai migliori allievi del Conservatorio di Santa Cecilia; la poesia, e la lettura, con un appuntamento settimanale fisso su esempio dei “lunedì del Piccolo”, quando, ricorda ancora Barbareschi, “Leggere significava formarsi, condividere testi, crescere”.
Testualità contemporanee e riscoperta dei classici tra le proposte dell’Eliseo, che apre la stagione, il 29 settembre con una delle tre prime nazionali, “Una tigre del Bengala allo zoo di Baghdad”, per guardare le barbarie dell’Isis dal punto di vista di una tigre. Regia e interpretazione di Luca Barbareschi, che sarà poi diretto da Chiara Noschese, con il mix di suoni, storie e allegria di “Cercando segnali d’amore nell’universo”. La seconda, a ottobre, nel racconto dell’Italia d’oggi di “Tempeste solari”, regia di Luca De Bei. La terza, ad aprile, traduce un moderno e oscuro Re Lear dell’inedito testo di David Mamet “China Doll”, per la regia di Alessandro D’Alatri, che guida anche Lunetta Savino nelle paradossali e stravaganti tinte del “Grand Guignol all’italiana”.
Va in scena la musica, a gennaio e marzo, con i “Viaggi di Ulisse” di Nicola Piovani e “La regina Dada” di Bollani-Cenni, e il cinema de “Il grande dittatore” di Chaplin, con Venturiello e Tosca, e “Arancia meccanica” (a chiusura, il 15 maggio) con regia di Gabriele Russo. Non mancano i “mostri sacri” quali Cechov (“Ivanov”, per Filippo Dini), Pinter (“Tradimenti”, per Michele Placido), Pirandello (“Sei personaggi”, per Gabriele Lavia), Schnitzler (“Scandalo”, per Franco Però), e Shakespeare (“La dodicesima notte”, per Carlo Cecchi).
Si osa e si sperimenta al Piccolo Eliseo che spalanca le porte il 7 ottobre con gli allucinati pensieri in concerto di Iaia Forte in “Hanno tutti ragione” di Sorrentino, prima che Roberto Herlitzka torni sul pasoliniano “Una giovinezza enormemente giovane” per la regia di Antonio Calenda. C’è poi Leo Muscato che conduce Eugenio Allegri nell’“Edipus” di Testori, Andrea Baracco che trasforma Lucia Lavia in un’originale “Madame Bovary” (prima nazionale), Gabriele Vacis che, in “La parola padre”, sprona un gruppo internazionale di attrici a fare i conti con il genitore, e la poesia di Giorgio Gaber che impegna duo femminile Baccarini-Bono in “Gaber, io e le cose”.
Stimolanti drammaturgie contemporanee chiamano in causa bizzarre visite alle ex di un futuro marito in “Some girl(s), regia di Marcello Cotugno; convivenze forzate e affettive di due tenori consumati, in “Fratelli” di Gianfelice Imparato; cinismo e speranza nella Torino di “Niente, più niente al mondo” firmata da Massimo Carlotto, e dignità calpestate nell’Argentina anni Settanta, di “Mar del Plata” di Claudio Fava (prima nazionale). E mentre la coppia di N.N., alias Bardani-Di Capua, ricerca le proprie origini in “Il più bel secolo della mia vita”, Fausto Paravidino rivela un’inconscia paura per “I Vicini”, Di Luca-Setti-Tedeschi risentono degli effetti collaterali della marijuana con “Thanks For Vaselina”, e Valerio Binasco abbraccia il lirismo clownesco di Agota Kristof, nel comico e struggente duetto “John e Joe”.