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"El ladron de perros": omaggio a Vittorio De Sica dalla Colombia

In anteprima e in concorso al festival di Giffoni il film del cileno Vinko Tomicic. La città è la Paz in Bolivia e non è Roma ma il richiamo a "Ladri di bicilette", pur da così lontano, è lampante

"El ladron de perros": omaggio a Vittorio De Sica dalla Colombia
Una scena della pellicola "El ladron de perros"
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28 Luglio 2024 - 18.23 Culture


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Prima di vederlo nelle sale in autunno arriva in anteprima e in concorso al festival di Giffoni il film El Ladrón de perros (Ladro di cani) del cileno Vinko Tomicic.  E’ già stato presentato in anteprima mondiale al Tribeca Film Festival a New York e sempre in concorso al festival di Guadalajara in Messico.

Sì, la città è la Paz in Bolivia e non è Roma ma il richiamo a Ladri di bicilette di Vittorio De Sica, pur da così lontano, è lampante: il personaggio centrale è un giovanissimo ladro dagli occhi tristi e profondi, e non importa se a essere rubata non è una bicicletta ma un cane. C’è la povertà che circonda, l’essere rimasti orfani e l’infanzia terminata troppo presto, o forse mai, cominciata in nome di un lavoro duro come quello dello sciuscià.

El Ladrón de perros è la seconda pellicola di Vinko Tomicic, classe 1987, che racconta la vita dell’orfano Martín nel suo peregrinare per le labirintiche strade di La Paz, che divengono metafora delle sfide che il giovane protagonista (Franklin Aro Huasco per la prima volta sullo schermo scelto con una ricerca specifica nella comunità dei lustrascarpe) deve affrontare.

“Il mio – dice il regista – è in qualche modo un omaggio al cinema di De Sica e al neorealismo. Conoscevo De Sica di fama ma non avevo visto Ladri di biciclette se non durante il montaggio del film. Ora, dopo averlo visto, posso dire che ne sono rimasto folgorato e posso aggiungere che il mio film è un omaggio involontario al suo lavoro, perché il suo cinema fa parte del nostro immaginario collettivo. In principio il film si sarebbe dovuto chiamare “Perros” (cani) ma dopo aver visto Ladri di biciclette ho deciso di cambiare il nome. Il Neorealismo che oggi in Italia sembra così lontano, nel mio paese è del tutto attuale. Fare film indipendenti in America Latina oggi ha senza dubbio una molteplicità di connessioni naturali con quello che è stato a suo tempo il Neorealismo”.

Il film racconta di Martin, lustrascarpe di professione a La Paz che la mattina cammina percorrendo i ripidi vicoli verso il centro della città. L’infanzia è per lui un lontano ricordo e, come tutti i suoi colleghi, indossa un passamontagna per nascondere il viso. Condivide una stanza con l’amico Sombras, suo compagno di sventure, entrambi ospitati di nascosto nella casa di una anziana aristocratica grazie al sostegno della domestica. La loro condizione è precaria e il suo animo tormentato dal desiderio di una vita migliore ma la sua sofferenza maggiore è legata al fatto di non avere genitori.

Nella sua immaginazione, intrisa di speranza pensa che uno dei suoi clienti migliori, il signor Novoa, sia suo padre. L’uomo è un sarto solitario molto devoto al suo pastore tedesco, Astor, che tratta come un figlio. Ecco che Martín escogita un piano: rubare il cane per avvicinarsi al signor Novoa, con la speranza di ottenere finalmente il riconoscimento paterno.

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