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I 75 anni di Leo Gullotta, attore versatile tra i film di Tornatore, la tv e Pirandello

Più di 60 anni di successi tra cinema, televisoine e teatro, dal 2012 doppia Woody Allen. Il suo coming out gli costò un ruolo in un progetto Rai

I 75 anni di Leo Gullotta, attore versatile  tra i film di Tornatore, la tv e Pirandello
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8 Gennaio 2021 - 16.34


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Tanti auguri a Leo Gullotta, all’anagrafe Salvatore Leopoldo Gullotta, che il 9 gennaio compie 75 anni. Nato a Catania il 9 gennaio del 1946 -ultimo di sei figli- si avvicina alla recitazione fin dall’adolescenza, facendo da comparsa al Teatro Massimo Bellini della sua città. 

Con pochi soldi in tasca e tanti sogni, comincia a lavorare per lo Stabile di Catania negli anni Sessanta e vi reciterà per dieci anni, accanto ad attori del calibro di Ave Ninchi, Salvo Randone e Turi Ferro. 
Ritorna allo Stabile nel 2013, dove recita in “Sogno di una notte di mezza estate” con la regia di Fabio Grossi. Nel 2016 porta in scena “Spirito Allegro” di Noël Coward e nel 2018 “Pensaci, Giacomino!” di Luigi Pirandello, sempre diretto da Fabio Grossi.

Si fa conoscere al pubblico televisivo grazie allo sceneggiato “Mastro Don Gesualdo”, successivamente è presente nel film del 1970 “Aria del continente”. Nel ’71 arriva l’esordio cinematografico con “Lo voglio maschio” di Ugo Saitta. Durante i suoi 60 anni di carriera è stato un caratterista sia comico che drammatico, apprezzato molto dalla critica e per cui ha ottenuto numerosi riconoscimenti. 
Viene diretto da importanti registi che lo portano al successo, tra cui Nanni Loy in “Cafè Express” (1980), “Testa o croce” (1982), “Mi manda Picone” (1983), con cui vince il Nastro d’Argento come migliore attore non protagonista.
Nel 1986 vince il David Di Donatello come miglior attore non protagonista per “Il Camorrista” di Giuseppe Tornatore. Quest’ultimo lo ha diretto anche in “Nuovo cinema Paradiso” (1989), “L’uomo delle stelle” (1995) e “Baarìa” (2009). 
Gullotta ha lavorato col regista Maurizio Zaccaro ne “Il carniere” (1997) e “Un uomo perbene” (1999), che gli sono valsi altri due David come miglior interprete non protagonista. Ottiene il quarto David con “Vajont – La diga del disonore” (2001) di Renzo Martinelli. 

Nel 2011 Gullotta ha prodotto, insieme a Fabio Grossi, il film-documentario “In arte Lilia Silvi” ideato e diretto da Mimmo Verdesca, che racconta la vita e la carriera dell’ultima diva del cinema dei telefoni bianchi, Lilia Silvi. Il documentario ha vinto il Nastro d’argento 2012 per il Miglior Documentario dedicato al Cinema.

Gullotta è anche conosciuto a livelli internazionale come uno dei più grandi doppiatori italiani. Ha prestato la propria voce ad attori come Burt Young nel film “Rocky”, a Joe Pesci in “C’era una volta in America”, “Moonwalker” e in “Mio cugino Vincenzo” e a Roman Polański in “Una pura formalità”. Dal 2012 è doppiatore ufficiale di Woody Allen. 

Nel 1995, durante la promozione del film di Christian De Sica dal titolo “Uomini Uomini Uomini”, durante una conferenza stampa, l’attore afferma la propria omosessualità: è stato fra i primi artisti italiani a fare coming out, decisione che allora lo penalizzò molto: gli fu tolto il ruolo di Don Puglisi in un progetto firmato Rai. 
Di questo ne ha parlato anche nella sua autobiografia, “Mille fili d’erba. Ovvero: come vivere felici anche su questa terra”, pubblicata nel 1998 da Di Renzo Editore.
Nel 2019, appena arrivata la legalità per i diritti civili, si è sposato con il suo compagno, cui è legato da 42 anni.

Nel luglio 2020 è stato direttore del Taormina Film Fest. Ripercorrendo la sua carriera durante le interviste ha raccontato di non avere rimpianti: “Gli alti e bassi ci sono stati anche per me –ha raccontato a IlFattoQuotidiano.it– Ma a registi e produttori piace lavorare con i professionisti e a me viene riconosciuto di essere tale. Ho rispetto assoluto del set, non gioco a fare il divo, metto in tutto ciò che faccio una dedizione assoluta.” Ha anche affermato che dei suoi guadagni non ha mai voluto farne un vanto, ma preferisce investirli in cause sociali: “Ma mio padre mi ha insegnato il giusto distacco dal denaro. E mi piace investire i miei guadagni: l’ho fatto ad esempio per produrre Lettere a mia figlia, un corto sull’Alzheimer, che ho realizzato senza chiedere un euro a nessuno. Così come ho fatto con il documentario di Mimmo Verdesca su Lilia Silvi, la diva del cinema degli anni ’40: credevo in quel progetto e ci ho visto giusto tanto che vinse un Nastro d’argento nel 2012“.
Infine, alla domanda cosa vede quando si guarda allo specchio ha risposto:”Un uomo di 74 anni sereno e curioso. Ecco, la curiosità è stata una delle mie più grandi fortune, assieme all’umiltà. Ho sempre tenuto i piedi per terra: mai credersi un divo mettendosi sul trespolo perché se trema, ti schianti a terra e ti fai male.

di V.Magg.

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