Rock Reynolds
Si chiama “Love House” e, malgrado Love sia un comunissimo cognome americano, – come Brian Love dei Beach Boys oppure Kevin Love, suo nipote nonché compagno di squadra di quel Lebron James che ha appena perso le finali NBA contro i campioni in carica dei Golden State Warriors – di “amore” in questa casetta dal classico stile coloniale se ne respira ancora tanto. È, infatti, in questa villetta di legno bianco sulla via principale di Chapel Hill che ha sede il Center for the Study of the American South, il fulcro degli studi sulla cultura locale presso la University of North Carolina, l’ateneo pubblico più antico degli Stati Uniti, un polmone progressista in uno Stato ancor oggi fortemente conservatore. Ed è in una stanza di questa casa, costruita nel 1886 da James Lee Love, un docente di matematica, e così chiamata in onore di sua moglie, Julia Spencer Love, scrittrice e attivista, che il professor William Ferris ha avuto il suo ufficio per molti anni. Non a caso: questa splendida villetta trasuda progresso, avanzamento sociale, cultura popolare e orgoglio antirazzista da ogni centimetro quadrato del bianco candido del suo legno. Da qualche settimana, William Ferris e sua moglie, Marcie Cohen Ferris, a sua volta docente di storia e cultura del Sud presso la stessa istituzione, sono andati in pensione. Ma non cesseranno, per questo, di studiare la ricchezza della cultura sudista e di raccontarne le meraviglie.
Un libro per capire il blues
Ferris è stato, insieme a Charles Reagan Wilson, il curatore della Encyclopedia of Southern Folklore and History, e ha scritto innumerevoli libri sulla storia e la cultura del Dixie e, soprattutto, sulle tradizioni della comunità afroamericana, tra cui uno dei saggi più illuminanti sulla cultura dei neri del Sud, Il blues del Delta (Postmediabooks). Se volete capire una volta per tutte cosa rappresenti il blues e in cosa oggi consista l’autentico blues del Delta, ammesso che ancora esista, è questo il libro che fa per voi.
Ma ancor più interessante è Voices Of Mississippi, un cofanetto incredibile uscito da qualche giorno per la benemerita casa discografica di Atlanta, Dust-to-Digital, nota per la cura certosina con cui rispolvera 78 giri di musica tradizionale, per lo più (ma non solo) statunitense, ripulendoli e ripubblicandoli in versione digitale, con note di copertina e fotografie che si trasformano in veri e propri libri. La prima opera messa in commercio dalla Dust-to-Digital è stata il cofanetto Goodbye, Babylon, una raccolta pluripremiata di musica tradizionale americana dal 1902 al 1960, tra gospel, blues e bluegrass, all’interno di uno scrigno in legno di cedro profumato. Bob Dylan telefonò personalmente per farne inviare una copia a un amico, in occasione del suo compleanno. L’amico era Neil Young, che gradì molto.
William Ferris, un bianco tra gli afroamericani
William Ferris, nato nel 1942 nella fattoria dei genitori nelle campagne di Vicksburg, Mississippi, mostrò fin dalla più tenera età un interesse genuino per la cultura degli afroamericani che popolavano la sua tenuta. Grazie alle vedute progressiste dei genitori, Ferris ebbe bambinaie di colore e iniziò a frequentare il loro mondo a partire dalla chiesa battista in cui la domenica la sua nanny lo portava ad ascoltare il sermone, ma, soprattutto, i canti gospel.
Da quel momento, Ferris non smise mai di aggirarsi per le campagne del Mississippi con un taccuino e una penna e, subito dopo, con una macchina fotografica, talvolta addirittura con una telecamera. In lui c’era il DNA del documentarista ed etnomusicologo e Ferris si mise presto a percorrere le orme di grandi studiosi del patrimonio cultuale più autentico degli Stati Uniti, quello che metteva al primo posto la musica tradizionale da cui sarebbe nato il rock’n’roll. In effetti, è proprio la musica ad aver dato il maggior contributo americano alla cultura popolare internazionale. E i suoi maestri furono personalità del calibro di John e Alan Lomax come pure di Harry Smith, malvisti dall’establishment americano per idee considerate eccessivamente di sinistra. Alan Lomax addirittura fu costretto ad abbandonare il paese in pieno maccartismo, per non finire nelle maglie della caccia alle streghe comuniste, trascorrendo quasi un decennio in esilio volontario in Europa.
Lo stesso William Ferris ebbe i suoi problemi, anche perché fu tra i primi bianchi a frequentare liberamente la comunità afroamericana, non certo una scelta ben vista nel retrogrado Mississippi di fine anni Cinquanta. Non solo Ferris se ne fregò delle minacce e del rispetto di ordini sociali costituiti che per lui non rappresentavano certo la legge, ma fu tra i pochissimi bianchi a guadagnarsi il rispetto incondizionato della comunità dei neri, a vincere la loro condivisibile ritrosia.
Un tesoro di canzoni
Il cofanetto Voices Of Mississippi è una meraviglia fin dalla confezione, una sorta di scrigno per sigari ricoperto di tela grigia sul cui coperchio svetta una delle più belle foto scattate da Ferris stesso, il ritratto di un autentico genio sconosciuto del Delta: James “Son Ford” Thomas, cantante e chitarrista blues, nonché autore di inquietanti statue di argilla del Delta. La meraviglia al suo interno si trasforma nell’Eden per gli appassionati di musica e cultura tradizionale degli USA. Un CD di blues, con incisioni sul campo (ma di ottima qualità acustica) attraverso cui Ferris ha immortalato le voci di alcuni dei tanti amici nella comunità del blues del Delta: lo stesso James “Son Ford”, Mississippi Fred McDowell (uno dei preferiti dei Rolling Stones), Scott Dunbar, Otha Turner, per citarne solo alcuni. Un CD di gospel autentico, inciso tra chiese e penitenziari. Un CD di “storytelling”, l’arte della narrazione orale, un caposaldo della cultura letteraria del Dixie, con contributi di Alex Haley (l’autore di Radici), B.B. King (con il quale Ferris ha intrattenuto una lunga amicizia e che ha parlato diverse volte di fronte ai suoi studenti, all’università), Robert Penn Warren, Pete Seeger e, addirittura, Allen Ginsberg. E, per finire, un interessantissimo DVD contenente diversi filmati d’epoca. La musica è quasi sempre in primo piano. Se volete sentire come suonerebbero le parole di William Faulkner se, invece che essere un romanziere sopraffino, avesse preso in mano una chitarra da quattro soldi, ascoltatevi uno di questi CD. E chiudete gli occhi.
Il vero e proprio libro che correda l’opera vanta un lungo saggio di Scott Barretta, un italoamericano che da anni aiuta le autentiche “voci del Mississippi” a farsi sentire fuori dal fazzoletto di terra in cui sono nati e spesso finiranno i loro giorni. Il libro è impreziosito dai testi dei brani blues e gospel dei CD oltre che da splendide foto a colori e in bianco e nero pescate dall’enorme archivio personale di Ferris.
A testimonianza della grande autorevolezza accademica di William Ferris, nel suo curriculum universitario figurano docenze alla University of Mississippi così come a Yale, prima dell’approdo definitivo a Chapel Hill, per conto dell’altrettanto prestigiosa University of North Carolina. Ferris è pure stato consulente dell’amministrazione Clinton per la cultura del Sud. Inoltre, la sua amicizia con alcune delle figure più eminenti della moderna cultura del Sud completa il quadro. Qualche nome? Eudora Welty, Alice Walker, Ray Lum, Ernest Gaines.
Come acquistare le “Voci”
Voices Of Mississippi è acquistabile direttamente sul sito della Dust-to-Digital, ma il pubblico italiano può ordinarlo anche da Amazon.it, con un deciso risparmio sulle spese di spedizione. Se state già pensando a un bel regalo natalizio, non aspettate che la temperatura scenda. Godetevi l’estate facendovi un dono prezioso. Perché nel Delta del Mississippi le estati sono torride e le giornate lunghissime. Una limonata ghiacciata farà il resto.