La quinta pagina dell’edizione del 31 dicembre del Washington Post è stata acquistata dal rabbino Shmuley Boteach per accusare di antisemitismo la cantante neozelandese. Lorde, che aveva annunciato la cancellazione del suo concerto a Tel Aviv previsto per giugno come gesto di protesta contro Israele. La pagina titola “Lorde e la Nuova Zelanda ignorano la Siria per attaccare Israele” e mostra la cantante con alle spalle delle persone che cercano di salvarsi dalle macerie. Boteach, che non è nuovo a simili espedienti, non si è fermato qui. Lo stesso messaggio è stato ripetuto in un video trasmesso nientemeno che a Times Square, dove migliaia di persone si erano radunate per i festeggiamenti per il nuovo anno. Nel video il rabbino sostiene di amare la Nuova Zelanda, che definisce uno dei paesi più belli del mondo, ma non capisce la sua scelta di esportare odio e bigottismo contro Israele, “l’unica democrazia in Medio Oriente”.
Le accuse della pagina del Post fanno riferimento alla presunta ipocrisia della cantante 21enne, che ha annunciato la cancellazione del concerto in nome del suo rispetto dei diritti umani ma ha comunque, fa notare il rabbino, continuato il suo tour nella “Russia di Putin, nonostante il supporto di quest’ultimo per il regime genocida di Assad”. Inoltre, Boteach menziona anche la decisione della Nuova Zelanda di votare a favore della risoluzione delle Nazioni Unite contro la decisione degli Stati Uniti di spostare la loro ambasciata a Gerusalemme, riconoscendola di fatto come capitale dello Stato di Israele. “Ricordiamo a Lorde e alla Nuova Zelanda” ha concluso il rabbino, “che nel 21esimo secolo non c’è posto per un simile odio contro gli ebrei”.