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Freak Antoni, più Mozart e meno eptadone

Freak Out di Daniela Amenta (sottotitolo Freak Antoni – Psicofisiologia di un genio) appena pubblicato da Compagnia Nuove Indye.

Freak Antoni, più Mozart e meno eptadone
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8 Luglio 2017 - 11.40


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di Marco Martini
“Un giovane urlatore bolognese molto estroso ma basso di statura”. Così si definiva Roberto Antoni, in arte Freak, già leader degli Skiantos e di altre decine di storie (pese e non solo). Un personaggio unico nel panorama culturale italiano. Perché “l’urlatore di Bologna” non fu solo cantante, non solo l’inventore dell’unico genere musicale autoctono mai nato in Italia – il rock demenziale – ma artista a tutto tondo. E dunque scrittore, poeta, commentatore, attore di cinema e teatro, uomo di radio e televisione. Un personaggio complesso e mercuriale, ben poco capito in vita, al quale è dedicato il saggio Freak Out (sottotitolo Freak Antoni – Psicofisiologia di un genio pagg.250, euro 14) appena pubblicato da Compagnia Nuove Indye. Il libro è stato scritto da Daniela Amenta, una delle penne più argute e brillanti della nostra critica musicale. Non la solita biografia rock un po’ tirata via, con un paio di recensioni e qualche privato ricordo, ma un testo corposo in cui la mirabolante e spesso sotterranea carriera di Roberto viene svelata e decifrata come se si trattasse di un’opera letteraria. Quindi il libro non procede per date ma per temi: il sesso, le droghe, l’amore, la politica, il cibo e la morte secondo Freak Antoni.
Il saggio comprende le interviste importanti di Ida Guglielmotti, giornalista e radiofonica, che fanno da contrappunto all’analisi dei testi che l’artista ci ha lasciato e alle testimonianze di chi frequentò, amò e conobbe “l’urlatore bolognese” scomparso a 60 anni nel febbraio del 2014. In Freak Out troverete i ricordi di Alessandra Mostacci, compagna nella vita e nella musica di Freak, di Marino Severini dei Gang, di Vincenzo Sparagna di Frigidaire, di Gianni Celati che fu il relatore della tesi di Roberto al Dams, del poeta Guido Catalano, del sindaco di Pavia Massimo Depaoli, del teologo Brunetto Salvarani e di molti altri. Memorie che si mescolano a “reperti” potenti, come l’ultima intervista che l’artista concesse a Luca Pakarov per Rolling Stone e a una post fazione densissima curata da Giulio Pasquali.
Ne viene fuori il ritratto articolato di uno dei figli più geniali del Movimento del 1977, un destrutturatore di linguaggi che attraversò ogni Avanguardia del Novecento: futurista, dadaista, patafisico e punk nel senso più nobile del termine. Un uomo-frullatore, curioso e imprevedibile che usò l’arma della dissacrazione e dell’ironia per prendere in giro l’insopportabile mondo del buon senso e irridere questo Paese a forma di scarpa dove non c’è gusto ad essere intelligenti.
Non solo il Freak delle sbarbine e dell’eptadone ma quello, più adulto e maturo di Ironikontemporaneo che si invaghì di Mozart, Satie, John Cage e che portò la musica colta nei centri sociali e nelle case del popolo tra sberleffi e citazioni nobili. Non solo il Freak che tirava gli ortaggi al pubblico, cucinava gli spaghetti sul palco del Palasport di Bologna mentre i carrarmati di Kossiga invadevano Bologna ma anche lo studioso di Majakovskij, della spiritualità orientale, della grande letteratura. Un personaggio sorprendente che con una canzone bella e imprevedibile come Però quasi avrebbe voluto partecipare a Sanremo ma fu respinto dallo show business. Un libro pieno di aneddoti esilaranti, di riflessioni serie, che arriva insieme al disco dallo stesso titolo – Freak Out, appunto – che comprende una serie di brani inediti del nostro ed è stato assemblato e realizzato per Cni da Alessandra Mostacci. L’album e il saggio saranno presentati a Casetta Rossa, Roma, il 17 luglio. Un evento speciale con ospiti a sorpresa, video inediti e musica dal vivo con la Freak Out Band. L’occasione giusta per celebrare un genio sempre contro corrente.
Come scrive Daniela Amenta nella prefazione: “Vorremmo, con questo libro, concedergli il privilegio di essere stato a volte più triste di noi, spesso più vero di noi, e più fragile di noi ma così autentico da fare male. Lui che ha provato a “nuotare tra le onde di un sogno” assieme a un paio di generazioni sbandate e fantasmagoriche. (…) Quanto segue, senza nessuna presunzione di averlo amato di più, saputo di più, conosciuto meglio, è solo il “perdono complice” a uno di noi. Uno dei migliori di noi”.

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