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A noi che di Sanremo ce ne importa poco

Il Festival, da popolare e un po' ingenuo delle prime edizioni, è diventato una 'macchina da guerra' televisiva e ha perduto il suo velenoso fascino. [Piero Montanari]

A noi che di Sanremo ce ne importa poco
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1 Febbraio 2016 - 12.36


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di Piero Montanari

Siamo in attesa con serena pazienza e senso di cosciente ineluttabilità della 66^ edizione del Festival di Sanremo, che inizierà quindi martedì 9 febbraio per finire sabato 13. Apprendiamo ora che gli auspici della partenza della maratona canora di Rai 1 non sono neanche buonissimi, in quanto è occorso un grave incidente alla villa dove alloggiava uno dei conduttori delle cinque serate, il bel Gabriel Garko, e sembra che l’attore sia stato ricoverato in stato di shock. Speriamo bene per lui.

Da moltissimi anni, tolte alcune edizioni meno tediose per qualche buon brano e la sapienza e l’ironia di alcuni conduttori, Sanremo si è distinto per la sua pochezza e per la sua inutilità nel panorama della musica italiana di qualità, se si esclude il fatto che i discografici lo hanno sempre atteso come una manna celeste per vendere finalmente qualche disco (meglio oggi dire qualche brano su iTunes) cosa che riesce loro sempre più difficile, un po’ per le crisi economiche e di idee, ma soprattutto per la rivoluzione tecnologica che ha fatto diventare il supporto fisico un pezzo da museo.

Il Festival, da strapaesano, popolare e un po’ ingenuo delle prime edizioni, è diventato oggi una “gioiosa macchina da guerra” televisiva e con il suo affinarsi e raffinarsi, ha perduto anche il velenoso piacere, un po’ snob, di scherzarci su, di prendere in giro i cantanti, i loro abiti, le canzoni, i conduttori e farci sopra battute e sfottò. Anni or sono lo si aspettava un pò come si aspetta il Natale, per riunirci in qualche casa di amici col solito malvezzo di sparlare e, comunque, celebrare l’evento degli eventi di Rai 1.

Non prometto di farmi legare alla poltrona del salotto come Vittorio Alfieri per guardare le cinque serate del 66° Sanremo, userò molto telecomando e ne parlerò come posso, per quello che riuscirò a vedere, perchè la costrizione potrebbe produrre sulla mia psiche effetti quantomeno nocivi, come sempre è stato gli ultimi decenni.

Chiudo dicendo, non senza una venuzza di rimpianto, che i Festival in bianco e nero mi intrigavano molto di più, le canzoni erano più belle, i cantanti più bravi e noi eravamo più giovani. Sarà per questo che di Sanremo ormai ce ne frega il giusto?

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