Il messaggio dei figli udenti di genitori sordi, i cosiddetti “coda” dall’inglese children of deaf adult, arriva forte e chiaro: “Non considerateci persone cresciute nel disagio e nella sofferenza. Ci sentiamo depositari di una grande ricchezza culturale e linguistica e siamo orgogliosi di aver appreso fin dalla prima infanzia due lingue diverse, l’italiano e la Lis-Lingua dei segni italiana, ma entrambe ricche, formative e importanti”. Alla vigilia dell’arrivo nelle sale del film “La famiglia Belier” del francese Eric Lartigau, Giuseppina Guercio, 33 anni, nata a Buonabitacolo in provincia di Salerno ma a Roma da un anno e mezzo, racconta la nascita, le ambizioni, gli intenti, dell’associazione Coda Italia: la prima organizzazione italiana del genere, fondata a metà dello scorso ottobre da cinque giovani donne con lo scopo di creare un punto di scambio e di contatto tra i tanti figli di genitori sordi sparsi da nord a sud della penisola.
Storie di assoluta normalità che – assicura la presidente – nella maggior parte dei casi non recano traccia di quel conflitto tra generazioni e “culture” diverse rappresentato con ironia e leggerezza dal film di Lartigau. La pellicola racconta, infatti, la storia della famiglia Bélier, dove sono tutti sordi tranne Paula, che ha 16 anni. Nella vita di tutti i giorni, Paula svolge il ruolo indispensabile di interprete dei suoi genitori, in particolare nella gestione della fattoria di famiglia. Un giorno, incoraggiata da professore di musica che ha scoperto che possiede un dono per il canto, decide di prepararsi per partecipare al concorso canoro di Radio France. Una scelta di vita che per lei comporterebbe l’allontanamento dalla sua famiglia e l’inevitabile passaggio verso l’età adulta.
“Molti pensano che abbiamo vissuto un’infanzia e una giovinezza carica di eccessive responsabilità – spiega Giuseppina, che attualmente frequenta la scuola per diventare interprete Lis –. Ma quel senso di responsabilità per me è stato motivo di grande orgoglio. Fin da piccola non ho vissuto come un problema il fatto che i genitori fossero sordi, ma ho considerato un privilegio il fatto di trovarmi a cavallo di due culture”. Un’esperienza di vita forte, che i coda hanno pensato di condividere con altri che hanno alle spalle lo stesso vissuto. Attualmente l’associazione ha sede presso l’Istituto statale sordi di Roma e conta una cinquantina di figli udenti di genitori sordi, che vanno dall’età della scuola primaria ai 45 anni e provengono da tutto il territorio italiano. Ma tra i tesserati ci sono anche tanti soci sostenitori, tra cui molti genitori e familiari.
Tra gli scopi dell’organizzazione, invece, la realizzazione di attività volte all’accrescimento psicologico e sociale dei membri e l’integrazione tra la comunità sorda e quella udente. Il prossimo appuntamento sarà a Roma l’11 e 12 aprile, con due workshop tenuti dallo psicologo sordo Mauro Mottinelli e destinati rispettivamente ai genitori e ai figli udenti. Ma tra gli obiettivi dell’associazione figura anche la promozione di scambi culturali e collaborazioni con altre realtà di coda sparse da tempo in giro per il mondo. D’altra parte l’organizzazione italiana ha anche l’ambizione di colmare il gap con gli altri paesi. Basti pensare che la prima associazione è nata nel 1983 in California a opera di Millie Brother con l’intento di creare una comunità di soggetti contraddistinti dalla doppia appartenenza culturale e sempre a metà strada tra i mondo degli udenti e quello dei segnanti. (Antonella Patete)
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