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Mango, perché la morte in diretta attrae

Su tutti i media viene mostrato il momento in cui Mango si accascia sul suo pianoforte e muore, mentre canta la sua canzone più famosa.

Mango, perché la morte in diretta attrae
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9 Dicembre 2014 - 09.51


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di Piero Montanari

La morte in diretta di Mango mentre canta la sua canzone più famosa, oltre a suscitare nell’immaginario delle persone quell’aspetto epico e falsamente romantico che vuole l’artista finire la sua rappresentazione, con il sipario della sua vita che cala inesorabile all’ultimo atto, pone la solita vexata quaestio dell’utilizzo mediatico che si fa della morte, un utilizzo quasi sempre speculativo ed indecente.

Su tutti i media, network on line, gruppi social viene mostrato il momento in cui Mango si accascia sul suo pianoforte e muore, mentre canta la sua canzone più famosa. Qui non si tratta di essere o non essere d’accordo sul pubblicare o meno questo video, ma molti si sono profondamente indignati per l’uso che se n’è fatto, ed è una cosa assolutamente condivisibile, sostenendo molti che speculare sulla morte è cosa indecente.

E’ sotto gli occhi di tutti, che la morte è, in qualche modo, attraente, per un meccanismo psicologico che è assolutamente umano: l’incidente mortale rallenta la fila di macchine perché tutti vogliono vedere com’è fatta la morte che, per quella volta, li ha risparmiati. Siamo circondati da tv spazzatura, che indulge su storie di delitti, confezionando centinaia di ore di trasmissioni su questi argomenti, e sono purtroppo, le trasmissioni con più ascolto.

Per quanto esecrabile, la morte di un cantante famoso come Mango sul suo palcoscenico, è una delle morti più sensazionali alla quale si possa assistere, e suscita una curiosità morbosa comprensibile, anche se è una curiosità che indigna molti di noi.

Sta ai media non divulgare immagini forti, ma questo riguarda l’aspetto etico di ogni giornalista, ma è impossibile evitare che il cretino che ha ripreso col telefonino al concerto Mango morente, non se ne faccia un vanto, pubblicandolo sulla sua timeline.

Che dire altro, se non che siamo tutti vittime di giornalismo sensazionlista e di bassa forza che diseduca al rispetto e della profonda sottocultura che già non lo insegna per i vivi. Figuriamoci il rispetto per i morti!

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