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La tortura legale di Aurelia Sordi

Dopo la vicenda della presunta truffa la sorella di Alberto è stata privata dei suoi affetti più cari. Si è lasciata andare e è morta. [Giancarlo Governi]

La tortura legale di Aurelia Sordi
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12 Ottobre 2014 - 21.00


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Con la morte della sorella Aurelia si conclude tristemente la storia umana del grande Alberto Sordi. Un uomo, un finto avaro che della avarizia aveva fatto una maschera giocosa che tanto aveva invece generosamente donato degli ingenti guadagni che si era procurato con i suoi film che venivano visti da folle oceaniche. Pochi intimi sapevano che sotto la maschera dell’avaro si nascondeva un uomo generosissimo, che manteneva orfanotrofi, che donava preziosi terreni dove si costruivano ospedali e cliniche universitarie, che creava fondazioni che operavano e operano nell’assistenza agli anziani e ai disabili.

Alberto in vita aveva destinato buona parte del suo patrimonio a queste fondazioni che lui stesso aveva creato e avviato ma alla sua morte non ha lasciato alcun testamento, essendo palese la sua volontà di lasciare alla sorella Aurelia una rendita sufficiente a mantenere il ménage famigliare nella splendida villa dove i fratelli Sordi vivevano da quasi mezzo secolo.

Nella mia frequentazione con Alberto, in questo confortato da tanti collaboratori e amici, ho sempre sentito parlare di persone che stavano accanto a lui e alla signorina Aurelia. I nomi ricorrenti erano quelli di Nunziata, la bravissima segretaria che gestiva l’ufficio di Via Emilia, della signora Pierina, la domestica che rispondeva al telefono e che curava la sua persona, e in un secondo momento di Arturo, il factotum che Alberto aveva accolto in casa come un figlio e che aveva trasferito tutte le sue cure e il suo affetto alla signorina Aurelia.

Arturo dopo la dolorosa vicenda giudiziaria ha dichiarato l’intenzione di restituire quanto Aurelia gli aveva donato ma chiedeva di non essere allontanato dalla “signorina” di cui soltanto lui conosceva i problemi e soltanto lui era in grado di assisterla. Ora Paola Comin, che di Alberto è stata per anni l’addetta stampa, ha dichiarato che Aurelia si è lasciata morire quando non ha più visto accanto a lei Arturo che considerava suo figlio.

Ora tutti coloro che sono stati vicini ad Alberto si fanno tante domande: perché la signorina Aurelia è stata sottoposta ad una sorta di tortura legale, perché è stata privata dei suoi affetti più cari, perché non è stata libera di donare qualcosa dell’ingente patrimonio che suo fratello le aveva lasciato a coloro che con tanto amore la stavano assistendo? La seconda domanda è questa: che fine farà ora la splendida casa di Alberto, con il suo ricchissimo archivio? La logica vorrebbe che diventasse il suo museo ma chi la erediterà, perché qualcuno che avanzerà pretese sicuramente ci sarà, sarà disposto a rinunciare a tutto pur di onorare la memoria del nostro carissimo Alberto Sordi?

Paolo Alberti della Fondazione Sordi risponde a Governi. Paolo Alberti Caro Governi, le scrivo da consigliere della fondazione Sordi oltreché da fraterno amico di casa Sordi, le cose apparentemente potrebbero stare come lei scrive ma approfondite indagini e soprattutto testimonianze di protagonisti amici hanno potuto chiarire e salvare una situazione, mi creda, molto grave e triste che in questa sede non è il caso di pubblicare.


La risposta di Giancarlo Governi.
Paolo Alberti, la ringrazio del suo intervento che però non chiarisce niente. Io penso che invece la pubblica opinione abbia diritto di sapere. Io ho espresso alcuni dubbi: perché la Signorina non sia stata libera di gratificare, in maniera poi molto ridotta rispetto al patriomio che le ha lasciato suo fratello, le persone che l’hanno assistita e amata. Poi perché? Per preservare un patrimonio che sta per finire in mani sconosciute o che rischia di disperdersi nei meandri dei legulei e della burocrazia? Io penso invece che la Fondazione debba intervenire e debba parlare chiaro. Io penso che la Fondazione (ne parlavo ieri proprio con Giorgio Assumma) sia la sola a poter vantare dei diritti e questo lo deve fare soltanto con lo scopo di dare un senso a quello che rimane del patrimonio di Alberto Sordi. E l’unico senso che può avere è la erezione di un museo dedicato al Grande proprio in quella che fu la sua dimora.

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