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Sciascia, timido fotografo di una Sicilia feudale

A Racalmuto, il borgo dove Sciascia è nato, cresciuto e ha lavorato come insegnante di scuola, una mostra curata da Diego Mormorio espone 27 istantanee inedite, scattate negli anni ’50 del secolo scorso.

Sciascia, timido fotografo di una Sicilia feudale
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14 Ottobre 2020 - 18.22


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di Giuseppe Cassarà

“Il brutto che è passato è quasi bello”. Leonardo Sciascia della nostalgia parlava così. E in Sicilia, si legge nel Gattopardo, “la verità ha vita breve: il fatto è avvenuto da cinque minuti e di già il suo nocciolo genuino è scomparso, camuffato, abbellito, sfigurato, oppresso, annientato dalla fantasia e dagli interessi”.

La Sicilia è un’isola che vive di nostalgia. Terra di sole e polvere, dove il tempo fatica a scorrere. Settant’anni fa, tempo in cui Leonardo Sciascia ne raccontava le luci e le ombre, l’isola era una terra profondamente feudale, ancorata alle tradizioni, alle superstizioni, alla vita povera e contadina. Una vita cui Sciascia dava forma nelle sue pagine, e corpo nelle sue fotografie. A Racalmuto, il borgo dove Sciascia è nato, cresciuto e ha lavorato come insegnante di scuola, una mostra curata da Diego Mormorio espone 27 istantanee inedite, scattate negli anni ’50 del secolo scorso. Foto di donne velate e strade di pietra, di bambini e animali, di sconosciuti e familiari, come Fabrizio Catalano, nipote dello scrittore.

Qual è la storia di queste foto?

Mio nonno ha sempre avuto una passione per l’arte figurativa e nella sua vita si è sempre accompagnato a molti fotografi. Le sue fotografie risentono di questa passione per la grafica: sono soprattutto paesaggi, immortalati come fossero quadri, incisioni. E non solo paesaggi siciliani: troviamo la laguna di Venezia, la Barcellona di Gaudí, accanto alle foto del porto di Palermo, degli animali allevati nelle campagne di Racalmuto, della mia famiglia.

C’è anche la sua storia, in quelle fotografie.

C’è la storia della mia famiglia, c’è quella della Sicilia, quella di Racalmuto. “Ho tentato di raccontare qualcosa della vita di un paese che amo, e spero di aver dato il senso di quanto lontana sia questa vita dalla libertà e dalla giustizia cioè dalla ragione” scriveva mio nonno. Queste fotografie sembrano testimonianze non di settant’anni fa, ma di un medioevo mai compiuto, lontanissimo da noi. Eppure, è il mondo di mia madre, della mia famiglia. Era abitato da persone, persone vive, che ogni giorno abitavano una terra desolata che però, come mio nonno, non potevi fare a meno di amare. E da queste immagini si può trarre un insegnamento sul valore del tempo: quel mondo non è così lontano da noi.

Si ritrova, nelle sue fotografie, lo stesso sguardo sulla Sicilia dei romanzi?

Mio nonno, questo non tutti lo sanno, era una persona molto timida. Per chi lo ha conosciuto, questa sua timidezza si ritrova nei suoi scritti e anche nelle sue fotografie. Non era mai protagonista, lasciava che fossero le sue storie a parlare per lui. Lo stesso con le foto: le persone ritratte non sanno di essere inquadrate, sono colte di sorpresa. Quelle persone, quei paesaggi, sono il corpo della Sicilia dei romanzi di mio nonno. Un mondo che aveva bisogno di riscatto, una terra abbandonata ma che lui raccontava con gentilezza, mai con rabbia. Non era una persona rabbiosa. C’è un aneddoto che mi viene sempre in mente quando penso a lui: una volta conobbi un signore anziano, che era stato allievo di mio nonno. Mi disse: “Noi eravamo dei privilegiati, perché il maestro Sciascia non ci alzava mai le mani”. Penso che questo descriva bene l’animo di mio nonno: in un tempo in cui le punizioni corporali erano la norma, lui preferiva la gentilezza.

 

La mostra sarà accessibile al pubblico lunedì, mercoledì e domenica dalle 9 alle 13 e martedì, giovedì venerdì, sabato dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 18, fino al 20 febbraio 2021.

I prezzi dei biglietti sono intenzionalmente popolari: 4 euro l’intero, 2 euro il ridotto. La prenotazione è obbligatoria per i gruppi, che possono essere composti al massimo da venti persone, per rispettare le misure di sicurezza dovute al Coronavirus.

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